Monumenti viventi della Roma Capoccia (che pure un tempo li divise), «nutriti dello stesso latte» e «allattati dalla stessa lupa», il Principe Francesco De Gregori e il Console Antonello Venditti tornano insieme sul palco dopo mezzo secolo: il 18 giugno, allo Stadio Olimpico, inaugurano il tour Venditti&DeGregori. A 50 anni esatti da quel Theorius Campus, mitico album condiviso che diede i natali artistici ai due, Antonello e Francesco hanno vissuto «due carriere parallele, sempre un po' controllandoci a vicenda», dice De Gregori, sul modello «Bartali e Coppi. Ma se c'era antagonismo, era solo a livello artistico», fa eco Venditti, che aggiunge: «È come se i Theorius Campus nascessero oggi, come duo. Quello era un incompiuto, diviso a metà. Questo è compiuto, pieno di sorprese».
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LA BAND
Il concerto di Roma inaugura il grand tour che era già stato annunciato, ma mai attuato causa pandemia, e che toccherà i principali festival e arene della Penisola per tutta l'estate, per trasferirsi poi nell'autunno-inverno 2023 al chiuso, nei teatri: una «scelta filosofica», la definisce Venditti, che considera «insopportabili» i palazzi dello sport; e aggiunge De Gregori che la scelta «permette di modulare due spettacoli diversi».
GLI ANEDDOTI
Tutto il resto è un Ponentino di aneddoti, «scintillette» (come le chiama Antonello) e ricordi tra i due: dal tour in Ungheria poco più che ragazzini a quello con Lucio Dalla e Maria Monti nei 70, fino al recente pranzo galeotto al ristorante «iniziato all'una e finito alle 4», durante il quale ha preso forma il progetto, irrorato di vino e del mantra «Ma veramente lo vogliamo fa'?». Che tra i due nomi, in cartellone venga prima quello di Venditti, dicono che l'ha deciso il lancio della monetina: «La faccia quando ha visto che usciva prima Venditti!», ride Antonello, e De Gregori incassa con stile dicendo che così «suona meglio, è più rotondo». A proposito di incassare, un tour così lo si fa per amore o per denaro? Tutt'e due, e alla domanda su quanto si aspettano di guadagnare dall'operazione: «Meno che singolarmente», risponde Venditti e «Meno di quello che ci meritiamo», scherza De Gregori, forse un po' piccato. Altro amarcord, sull'amico Lucio Dalla, di cui ricorre oggi l'anniversario della morte: Francesco dice «non c'era molto di goliardico che lo riguardasse. Era una persona molto seria» e Antonello dissente ricordando le nottate a vicolo del Buco, a Trastevere, «dove Lucio abitò fino al 1986. Ho insistito io per far mettere sul palazzo la targa al Comune. Mi trovò lui casa a Roma, a 50 metri dalla sua, quando mi separai. Sono stato sempre a sentirlo perché raramente aveva torto».
LA GUERRA
Infine, l'Ucraina, la Russia e la mobilitazione degli artisti. De Gregori è netto: «Non riesco a pormi la questione. Che dovrebbe fare il mondo della musica? Un concerto?»; Venditti spalleggia: «Noi abbiamo vissuto 52 anni di marce e concerti. Il concerto deve essere bello e non per qualcosa di posticcio. C'è la guerra e allora bisogna cantare? Chi l'ha detto? Piuttosto che cantare brutte canzoni di pace amore e guerra meglio stare zitti».