Stressati da Covid: la preside travolta dalle faq e il medico ingolfato di messaggi e scartoffie

Stressati da Covid: la preside travolta dalle faq e il medico ingolfato di messaggi e scartoffie
di Raffaella Troili e Flaminia Savelli
8 Minuti di Lettura
Lunedì 24 Gennaio 2022, 07:40

Stressati da Covid

La preside Annalisa Laudando

«Scusi preside, mio figlio non ha incrociato il positivo in classe, perché era assente. Deve fare lo stesso la quarantena?». No. Il tempo di riattaccare e un papà dall’altro capo del filo chiede ad Annalisa Laudando, la preside dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo di via Poseidone, zona Torre Angela: «La mia ex moglie vuol vaccinare mio figlio, io no. Lei che farebbe al posto mio?». 


Le presidenze, le segreterie didattiche sono diventate uno sportello h24, una succursale delle Asl, anche una voce amica, travolte da mail, valanghe di richieste di informazioni e beghe burocratiche.

Dopo quello dei camici bianchi c’è un altro tipo di lavoro ed è quello legato al mondo della scuola che negli ultimi anni e con l’era Covid ha subìto un’impennata, un sovraccarico, che lo sta mettendo duramente alla prova. 


Ci sono presidi che hanno avocato a sè il compito di gestire l’emergenza coronavirus, in altre scuole hanno un supporto di uno o due referenti covid, in questi giorni falcidiati pure loro dai contagi. «Inizio la mattina e finisco la sera tardi, tutti i giorni, si vive alla giornata». La preside Annalisa Laudando dice che le sembra «di stare in una commedia di Pirandello, il teatro dell’assurdo».

Ma regge la botta. C’è chi le invia la foto «di un test rapido autosomministrato tu ci metti un po’ a capire che non è un test di gravidanza, ma soprattutto non è valido...». 
Non è facile, i genitori si confrontano, molte Asl non decidono allo stesso modo e così ogni territorio ha le sue regole, spesso i presidi si rimboccano le maniche, qualcuno ha confessato che qualche operatore gli è scoppiato a piangere al telefono: troppe domande, troppe regole cambiate in corsa. «Quanto a noi, ci attiviamo con l’assistente sociale per far accedere l’alunno alla piattaforma WeSchool quando è in dad perché i genitori non sono capaci, ci siamo attrezzati con dei tutorial per far fronte a rigenerazioni password e emergenze varie. Insomma siamo al fronte».


LA NOTIZIA
La giornata è iniziata nel “migliore” dei modi: «Una maestra mi ha avvisato alle 6.10 su whattsapp: “Sono positiva? Che devo fare». Corsa contro il tempo, corri a scuola e avvisa tutte le famiglie dei bambini dai 3 ai 5 anni. «Per miracolo assieme a due collaboratrici abbiamo avvisato tutti di non portarli, con fonogrammi per giunta, le telefonate vanno registrate». La giornata tipo della preside Laudando che poi è quella della maggior parte dei suoi colleghi è più o meno questa: «Mi sono seduta in un’altra postazione, ho scaricato la posta, protocollata, inviato segnalazioni alle Asl, smistato missive agli amministratori...». Tante le richieste, ogni giorno, chi vuole la dad, chi vuole stare in presenza. «Chi chiede in comodato d’uso un device perché ha più di un figlio in isolamento, intanto per due classi della scuola secondaria di primo grado scatta l’autosorveglianza, si entra con FFP2 e Greenpass, di solito i controlli li faccio fare sempre alla stessa persona perché sono dati sensibili».


Poi c’è da studiarsi le disposizioni nuove per la primaria, 19 pagine. E di seguito ricordarsi di fare quattro circolari. Poi arrivano le domande, i genitori non danno tregua: «Per rientrare dopo la quarantena serve solo il tampone?» (ripeti la risposta centinaia di volte, tutti i giorni), «la sospensione di un docente si sblocca dopo il vaccino?». E ancora: «Ha il lasciapassare del certificato medico, anche se la famiglia è ancora positiva, può rientrare a scuola, vero?», e su questo alcuni presidi fanno un po’ “come par loro”. 


Ecco un membro del consiglio d’istituto: «Il tampone al T5 si potrebbe fare dopo l’orario scolastico, prof? In modo che non perdono la scuola?». Ok. Molti lamentano che le Asl non riescono a rispondere a tempo debito, la mole di lavoro è infinita, così c’è chi fa il pesce in barile e temporeggia di fronte alla richieste incessanti dei genitori e chi si rimbocca le maniche e prende decisioni autonome. E si va avanti con classi dimezzate, mezze in quarantena, un silenzio irreale nei corridoi, negli androni, nei cortili. L’aria che si respira nelle scuole è quella di un carcere, le voci dei ragazzi, gli schiamazzi sono svaniti, attutiti dalle mascherine, dalle assenze, dalle distanze.


«APRO E CHIUDO»
«Mi è capitato di aprire scuola e chiuderla - conclude la dirigente scolastica - per poi collegarmi da remoto per gli scrutini con i docenti». Ma il lavoro è passione ed è capitato di stare in prima linea. Beati i tempi in cui il massimo dei problemi erano il cibo a mensa, le discussioni con la mamma vegana o quella contraria alla gita o al video troppo “forte”. Per fortuna, ancora qualche telefonata, ricorda quelle più leggere e no sense di un tempo: «Non trovo parcheggio, la mattina. Posso posteggiare dentro la scuola?».

(Raffaella Troili)

Il dottor Michele Lepore

«Oggi sono un burocrate, non mi sento più un medico. Dalla mattina presto sono impegnato a inoltrare e compilare certificati di uscita dalla quarantena o richieste di tamponi per gli studenti. Sono stremato e mi manca il mio lavoro di clinico». 


È domenica, sono le sette di sera ma per Michele Lepore, dottore di base in servizio alla Asl Roma 1 (terzo distretto alla Bufalotta) non c’è stato riposo. Come i suoi colleghi - circa 4 mila medici della mutua registrati solo nella Regione Lazio - è stato travolto dalla pandemia e la sua professione stravolta. «Sono cambiate le priorità» spiega il dottor Lepore che ha in lista 1.500 pazienti: «Nell’ultimo mese abbiamo assistito a un cambio di passo, certamente del virus ma anche della nostra funzione. A ogni ora del giorno, e tutti i giorni, vengo contattato per questi certificati medici. Capisco l’importanza per chi deve entrare o uscire dall’isolamento ma quello che mi mortifica davvero è che vorrei ritornare a occuparmi di medicina». 


Da due anni Lepore, medico di medicina generale dal 2004, è in prima linea al servizio dell’emergenza sanitaria. Ha rimodulato via via l’attività. Addirittura all’inizio della pandemia, in mezzo alla battaglia dei condomini contro i medici che volevano eseguire i tamponi negli studi medici, si è attrezzato con un camper. Per tre mesi ha ricevuto ed eseguito i test nel piazzale di una parrocchia, Sant’Alberto Magno a Vigne Nuove. In tempi di vaccinazione, il furgone è stato invece riconvertito per somministrare le dosi. Perché: «I miei pazienti vengono prima di tutto - dice orgoglioso - eppure i momenti di sconforto sono stati molti in questi mesi con la sensazione di essere sempre un passo indietro rispetto al virus. Adesso c’è una nuova emergenza perché il numero dei positivi a casa in isolamento sono schizzati alle stelle. Tra i miei mutuati, ci sono interi nuclei familiari. Le loro condizioni di salute sono discrete e a turno vado personalmente ad accertarmi del loro stato. Intanto però il mio cellulare squilla costantemente: telefonate, messaggi, email».


LA BUROCRAZIA 
Richieste e solleciti dunque per sbrigare tutte le pratiche del Covid. Ma non solo: con la quarta ondata di contagi al dottor Lepore si è rivolto anche chi non sapeva come provvedere ai genitori anziani perché bloccato a casa dal virus. «Ho dovuto attivare i volontari della parrocchia per assistere una coppia di anziani. I figli erano positivi e anche la badante. Erano disperati e preoccupati perché non sapevano neanche come fargli consegnare la spesa a casa. Per fortuna, il parroco ha capito il momento di difficoltà e ci è venuto incontro. Mentre appena potevo, andavo a far visita alla coppia e a rassicurarli».

Il lavoro legato alla burocrazia intanto continua ad aumentare. Ora più che mai perché nelle scuole sono scattati i nuovi protocolli sanitari legati alla Didattica a distanza. E anche in questo caso, spetta ai medici di base certificare la positività, inoltrare e compilare il certificato medico per malattia e consegnare quello di avvenuta guarigione. Come racconta il dottore: «È un continuo, anche i genitori sono esasperati. Ricevo poi domande di ogni genere, pure in questo caso sempre più spesso legato alle procedure e non alla malattia. Le persone chiedono a me cosa devono fare per il Green pass. Lo stesso, sempre a me si rivolgono se hanno problemi con le diverse attivazioni. Era già accaduto all’inizio della certificazione verde - ricorda Lepore - in quel caso, abbiamo dovuto sollecitare la Regione Lazio perché alleggerisse le pratiche. Abbiamo passato l’estate con le fotocopiatrici che stampavano senza sosta per consegnare i pass. Poi la procedura è cambiata. Ma adesso ci ritroviamo comunque imbrigliati tra le pratiche amministrative».

Proprio per alleggerire gli studi medici, dallo scorso agosto la Regione Lazio ha attivato le piattaforme delle farmacie dove è possibile eseguire test con relativi tamponi. Una parte del carico di lavoro è quindi passato alle strutture sanitarie. Non abbastanza perché i dottori di famiglia possano recuperare almeno in parte tempo da dedicare solo alla professione medica: «Mi manca la mia professione, quella legata alla mia specializzazione - dice ancora il dottor Lepore - ma sarò sempre a disposizione dei miei pazienti e delle loro esigenze. La difficoltà in questo momento, è nella gestione della parte burocratica. Dobbiamo occuparci di tutto e assicurare ai nostri malati ogni tipo di supporto. Ormai, anche quello logistico e amministrativo legato al Covid».

(Flaminia Savelli)

© RIPRODUZIONE RISERVATA