Stefania Craxi, la figlia di Bettino: «Il tesoro di papà? Era del partito. Lui non mi ha lasciato nulla».

La figlia del leader socialista: "Ero gelosissima di lui. Ad Anja Pieroni strappai un orecchino e lo lanciai dalla finestra!

Stefania Craxi, la figlia di Bettino: «Il tesoro di papà? Era del partito. Lui non mi ha lasciato nulla».
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Domenica 16 Aprile 2023, 10:40 - Ultimo aggiornamento: 10:41

Stefania Craxi ricorda il papà Bettino Craxi in un'intervista al Corriere della Sera. «Lo seguivo anche nelle campagne elettorali, che erano bellissime. La prima fu nel 1968. Avevo otto anni, giravo il quartiere ”stavamo in via Foppa” con uno zainetto, a distribuire nelle cassette della posta i volantini con la scritta Craxi-Nenni-Gangi.

«Era gelosissimo di me - racconta la figlia del leder socialista - come io lo ero di lui.

Infatti sono uscita di casa a 20 anni e mi sono sposata a 23. Solo dopo la sua morte ho fatto pace con i suoi difetti. Comprese le fidanzate di troppo. All'attrice Anja Pieroni strappai un orecchino e glielo gettai dalla finestra; l'altro lo conserva ancora. Craxi è sempre piaciuto alle donne, sin da quando aveva 20 anni, aveva già perso i capelli e non contava nulla. Mamma è stata l'unica a saperselo tenere.

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Amato e Martelli

«Quando esplosero i primi scandali, a Milano e a Torino, Craxi mandò Amato come commissario. Craxi fu condannato perché non poteva non sapere. Amato poteva non sapere? Ad Hammamet non l'abbiamo mai visto. Anche Martelli si comportò male. A Craxi doveva tutto.

Berlusconi

«Anche lui ad Hammamet non venne mai. Lo vidi al funerale. Piangeva. Gli dissi: arrivi con sei anni di ritardo. Ma da quel giorno nella mia battaglia l'ho sempre avuto al mio fianco. La gente cambiava marciapiede per non salutarmi. Quando scoprivano chi ero non mi affittavano casa».

Il tesoro di Craxi

«Esisteva il tesoro del Psi. Dopo la morte del tesoriere Balzamo, diedero a Craxi i conti intestati ai prestanome milanesi. Ma erano solo una parte delle riserve del partito. Qualcuno se le è tenute. Altre saranno rimaste alle banche. Lui non mi ha lasciato nulla. A Milano abitava in affitto. A Roma in albergo».

 

L'incontro con Reagan

«Al G-5 di Tokyo Craxi vide Reagan che usciva dall'ascensore e lo bloccò per venti minuti, lo ricordo appoggiato al muro. Lo convinse ad ammettere l'Italia tra i Grandi della terra. Gli chiesi: papà tu non sai l'inglese, in quale lingua avete parlato? Avevano parlato in spagnolo».

La malattia

«Sapeva che in Tunisia sarebbe morto. Ma mi disse: in Italia torno da uomo libero, o non torno. Insistetti, e mi fece la peggiore sfuriata della vita: "Come ti permetti di mancare di rispetto ai medici tunisini? Però lo operarono i medici italiani. Rigatti del San Raffaele, all'ospedale militare di Tunisi, con un infermiere che gli reggeva la lampada. Poi mi prese da parte la dottoressa Melogli, la diabetologa, e mi avvisò: il tumore si è esteso, non c'è più nulla da fare. Non lo dissi a nessuno, per proteggere mia madre e mio fratello. Sopravvisse un solo mese».

Il giorno della morte 

«Mia madre era a Parigi per analisi mediche. Eravamo soli lui e io. Pranzammo in cucina, gli dissi: stasera ti porto al ristorante. Lui rispose: va bene, ma ora vado a riposare. Lo trovai riverso nel letto. Urlai. Il medico non potè che constatarne la morte. Mio fratello diede l'annuncio. Fino alle 8 di sera ho risposto al telefono che suonava ininterrottamente. Minniti offrì i funerali di Stato; rifiutai. Alle 8 arrivò mio marito da Milano. Soltanto allora crollai.

Vorrebbe che il suo corpo tornasse in Italia? «No. Aveva detto: voglio essere operato qui, morire qui, essere sepolto qui. Per fortuna la sua memoria è viva. Ogni tanto mi scrive un ragazzo e mi dice: sono craxiano. La cosa buffa è che sono tutti di destra».

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