Soyuz in avaria: «Mosca, abbiamo avuto un problema», prima missione di soccorso sulla stazione spaziale internazionale

Soyuz in avaria, prima missione di soccorso sulla stazione spaziale internazionale
di Paolo Ricci Bitti
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 17:45 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 12:51

«Mosca, abbiamo avuto un problema». No, la frase non è stato detta. Quantomeno non con il tono dell’equipaggio dell’Apollo 13 che nel 1970 sapeva di rischiare davvero la pelle per l’avaria alla navicella in viaggio verso la Luna. Nessun rischio invece per i sette fra cosmonauti e astronauti della Stazione spaziale internazionale che saranno comunque oggetto di una missione di soccorso senza precedenti. E non solo perché concordata fra Stati Uniti e Russia: anche in tempi di guerra sulla Terra, nello spazio non c’è conflitto. 


L’INCIDENTE 
L’imprevisto è colpa di un micrometeorite che ha danneggiato la navicella Soyuz MS-22 il 15 dicembre: “micro” perché dal diametro - è stato valutato - di circa un millimetro. Nonostante ciò ha causato un foro nel sistema di raffreddamento, nel radiatore, insomma, che ha cominciato a perdere liquido da una falla di appena 0.8 millimetri: l’Iss orbita a 400 chilometri di quota e a 28.800 chilometri orari e ogni impatto anche con frammenti minuscoli di roccia cosmica (o di metallici rifiuti spaziali) è pericoloso.

Di fatto i tecnici di Roscosmos hanno deciso di stare dalla parte dei bottoni (molto gradita agli astronauti) e di far rientrare prossimamente a terra la MS-22 senza equipaggio. Intanto il 20 febbraio la Soyuz MS-23 decollerà, ugualmente senza equipaggio, per raggiungere la stazione spaziale e sostituire la “gemella” permettendo ai cosmonauti Sergei Prokopyev, attuale comandante dell’Iss, e Dmitry Petelin e all’astronauta della Nasa Frank Rubio, arrivati il 21 settembre, di rientrare sulla Terra in Primavera. A bordo ora ci sono anche gli americani Nicole Aunapu Mann, Josh A.Cassada, il giapponese Koichi Wakata e la russa Anna Kikina.

 
LA MISSIONE SPECIALE
Nella sala di controllo TsUp a Korolev, cittadina attigua a Mosca, non si è mai acceso l’allarme rosso, ma in queste settimane si è discusso anche della possibilità che fosse una navicella Crew Dragon di SpaceX ad andare in soccorso all’Iss.

E proprio in questo periodo in cui l’invasione dell’Ucraina ha riportato toni da guerra fredda fra le due grandi potenze, l’attività sulla Stazione, da 23 anni, rappresenta il più stupefacente accordo di cooperazione internazionale della storia. Merito anche del recente nuovo capo di Roscosmos, Yuri Borisov, che in luglio ha sostituito il bellicoso Dmitry Rogozin al comando dal 2018, quando i russi dovettero affrontare la questione spinosa di una piccola fessura, questa volta interna, in una Soyuz. In quel caso non si trattò di un impatto dall’esterno e quindi i più, a cominciare dagli americani, hanno ipotizzato un problema durante l’allestimento a terra della navicella, il cui modello, pur continuamente aggiornato, è in servizio dal 1966 all’insegna del motto: «Quello che non c’è non può rompersi».


LA VITA IN ORBITA
Quindi assoluta semplicità per un’astronave con 3 angusti posti che misura poco più di 7 metri, pesante 6,8 tonnellate e che può ricordare, nelle forme e nelle dimensioni, tre “campane” per il vetro unite insieme. I russi, per quella microfessura riparata con speciale nastro adesivo, hanno persino tirato in ballo un gesto deliberato e anche parecchio folle di qualche inquilino non russo dell’Iss, ma nessuno ha creduto loro e la questione è stata infine messa sotto il tappeto. Epperò meno male che le Soyuz c’erano dal 2011 al 2020, quando il pensionamento dello Shuttle americano le ha rese l’unico mezzo per sostenere il via vai di equipaggi sulla stazione internazionale. Quelle navicelle ideate da Sergej Korolev (fervente ucraino nato dalle parti di Kiev e pioniere dell'ingegneria aerospaziale sovietica, bambino quando il regime comunista occupò il suo paese - corsi e ricorsi - e così importante che dal 1996 la città di Kaliningrad ha cambiato nome in suo onore) sono ancora eccellenti mezzi per viaggiare nello spazio, ma certo non reggono il confronto con la splendenti CrewDragon di Elon Musk o con la Orion della Nasa che proprio quest’anno dovrebbe fare la prima missione con equipaggio. Questione di punti di vista: ad esempio Samantha Cristoforetti ha detto che quasi quasi è più affascinante volare sull’economica Soyuz rispetto alla first class Crew Dragon, più simile nei posti per gli astronauti a quelli di un normale aereo.


IL SALVATAGGIO 
Entrambe le navicelle prevedono procedure di volo completamente automatiche (volano in base alla programmazione del software e possono essere pilotate da terra) e questo sbiadisce un po’ l’effetto “missione di soccorso” da film, però non c’è dubbio che mandare lassù un’altra navicella è indispensabile per fronteggiare altri tipi di emergenze non direttamente legate all’efficienza dei taxi spaziali. I motori delle navicelle possono anche essere utilizzati per ricalibrare assetto e quota dell’Iss, che da 23 anni lotta per non precipitare perdendo e riguadagnando quota. E poi, soprattutto, all’Iss devono sempre essere attraccate tante navicelle quante ne servono per evacuare la stazione spaziale. 


I PRECEDENTI
Non si è mai stati costretti a farlo, ma più volte gli astronauti si sono accomodati nelle navicelle quando era atteso il passaggio di qualcosa di potenzialmente pericoloso, frammento di meteorite o di metallo che fosse. Ora all’Iss sono ormeggiate, in stato di efficienza, una CrewDragon (4 posti) e tre cargo (due russi Progress e l’americano Cygnus). La MS-22 malconcia resta per adesso lì attraccata in caso di gravi emergenze: è sempre molto meglio di niente.



La missione di soccorso è stata annunciata insieme dal direttore dei programmi Nasa per la Iss, Joel Montalbano, e dal direttore per il Volo umano di Roscosmos, Sergei Krikalev che ha spiegato: «Non è possibile riparare in orbita la Soyuz danneggiata: sarebbe anche difficile e rischioso». Lui è uno che se ne intende, è il cosmonauta più famoso dopo Yurij Gagarin e ha trascorso 803 giorni nello spazio: nel 1991 salì in orbita da sovietico e nel 1992 tornò sulla Terra da russo. La MS-23 avrebbe dovuto volare il 16 marzo con Oleg Kononenko, Nikolai Chub e Lorel O’Hara il cui lancio è stato posticipato. Allo stesso tempo, è stata prorogata la permanenza in orbita di Prokopyev, Petelin e Rubio che, da programma, sarebbero dovuti rientrare sulla Terra il 28 marzo 2023.
 

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