Furto in casa di Sara Simeoni: «Ridatemi l’oro di Mosca, non smetto di piangere se ci penso»

Svaligiata l’abitazione dell’icona dell’atletica italiana, rubata anche la medaglia dei Giochi 1980

Furto in casa di Sara Simeoni: «Ridatemi l’oro di Mosca, mi hanno preso un pezzo di vita»
di Piero Mei
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Mercoledì 10 Maggio 2023, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 10:26

«Non fatemi piangere ancora: ridatemi almeno la medaglia d’oro di Mosca. È gialla ma non è d’oro. Non ha nessun valore da quel punto di vista per chi me l’ha portata via, ma per me…». È l’appello accorato che Sara Simeoni manda ai ladri che sabato notte sono entrati in casa sua e di Erminio Azzaro, il suo marito allenatore, a Rivoli Veronese. 

Sara Simeoni, rubata medaglia d'oro di Mosca: furto in casa della campionessa

Come è successo? 

«Eravamo andati a Scandiano per un impegno per la presentazione del mio libro, “Una vita in alto”, scritto con Marco Franzelli. A casa non c’era nessuno: nostro figlio Roberto era uscito a cena con amici; Erminio ed io siamo rientrati prima di lui ed appena arrivati ho capito subito che era successo qualcosa di strano: ho trovato il cancello bloccato». 

E poi? 

«Siamo entrati ed era uno sfacelo: disordine e oggetti sparpagliati ovunque: una cosa da non sapere dove mettere i piedi.

Ho subito guardato dove era lei, la mia medaglia d’oro, ma non c’era più. Che disperazione! Che sconforto! Mi è caduto davvero il mondo addosso». 

Cosa le hanno portato via?

«Tutto quello che c’era; i miei trofei, i miei cimeli, alcuni gioielli, tante cose della mia vita; anche, sa?, una catenina d’oro e quei regali che avevamo ricevuto proprio quando è nato Roberto. Hanno preso tutto quello che luccicava. Mi sono rimaste soltanto le due medaglie d’argento, quella di Montréal e quella di Los Angeles». 

Come mai? 

«Stavano insieme con l’oro di Mosca ma gli sono scivolate sotto il letto e non se ne sono accorti. Il giallo oro dava più nell’occhio. Mi hanno lasciato soltanto il nastro al quale la medaglia era appesa quando me l’hanno consegnata. Non è la medaglia». 

Dove le custodiva? 

«Erano in camera messe lì perché due giorni prima ero stata in una scuola elementare; sempre quando faccio cose simili le porto con me. I bambini e i ragazzi sono entusiasti di vederle, di toccarle. In tutti questi anni me le avevano quasi consumate… Ma era una bella cosa vederglielo fare». 

Che valore potrebbe avere l’oro di Mosca? 

«Come oro poco e niente, non so nemmeno se in realtà l’oro l’ha mai visto; considerato economicamente, forse l’argento, i due argenti, valevano di più; forse sul mercato dei metalli perfino il bronzo, che è di bronzo, vale di più. Ma io quello non l’ho vinto mai». 

Cosa è Mosca per lei? 

«Anni e anni di fatiche, di scelte, di decisioni, di allenamenti, di pesi. Vincere una medaglia olimpica mica capita a tanti atleti: ci metti tutto, la tua vita, i sentimenti, le paure, i sogni. Quante volte con Erminio…». 

E poi erano Giochi speciali… 

«Fino all’ultimo non sapere se andavamo o no; poi partimmo, non eravamo l’Italia ma il Coni; niente bandiera, niente inno. Sul podio cantai “Viva l’Italia” di De Gregori. Sottovoce». 

Fu una gara sofferta… 

«Ero primatista del mondo, ero la più forte, lo sapevo: dovevo vincere. Eppure nello stadio sentìi tutto il peso: non potevo, non dovevo, non volevo perdere. Sa che nel riscaldamento sbagliavo tutto? Non mi riusciva la rincorsa né lo stacco; ero vuota. Mi chiedevo “che ci faccio qui?”. Poi dalla tribuna mi arrivò un urlaccio, una parolaccia; conoscevo quella voce, era Erminio. Mi ritrovai, e fu la mia gara, la mia medaglia: che ne sanno quelli che me l’hanno rubata? Come possono capire il male che mi stanno facendo? Però ci spero…». 

E i trofei? 

«Ce n’erano messi su delle basi pesanti. Li hanno staccati e se li sono portati via. Mi hanno lasciato solo le targhette. Le guardo e ogni volta mi viene da piangere. Ma la medaglia d’oro… che ci possono fare? Per lo squaglio non va bene; debbono piazzarla a qualche collezionista che la tiene nel cassetto? Non credo che abbiano capito il poco valore venale e il tantissimo valore affettivo che invece ha per me». 

I danni? 

«Guardi, entrare a casa propria dove sono stati degli estranei che hanno rigirato tutto, svuotato tutto, messo in disordine tutto, è sentire una violenza che non si può nemmeno raccontare. Credo che chi ha subito qualcosa di simile mi possa capire». 

I Carabinieri di Caprino Veronese indagano. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, da noi interpellato, ha detto di mettersi subito all’opera perché il Comitato olimpico internazionale, se l’appello della più grande campionessa dell’atletica leggera italiana (le tre medaglie olimpiche, due volte il primato del mondo, titoli europei all’aperto e indoor, 14 titoli italiani e un record nazionale che ha resistito 36 anni) non dovesse avere effetto, venga consegnata alla Simeoni un’altra medaglia d’oro di quell’edizione delle Olimpiadi, che il Cio dovrebbe avere. Non sarà la stessa cosa, non asciugherà le lacrime di Sara, ma almeno sarà un bel gesto per una donna che di bei gesti, sportivi e no, ne ha compiuti tanti. 
 

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