Romiti, il romano protagonista di un'Italia che voleva crescere

Romiti, il romano protagonista di un'Italia che voleva crescere
di Paola Severini Melograni
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Martedì 18 Agosto 2020, 20:42 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 09:24

Cesare Romiti nasce a Roma all'inizio degli Anni Venti e romano rimarrà, nell'animo, fino alla fine dei suoi giorni. Romano nella parlata, nella curiosità disincantata verso il mondo, accompagnata da una spruzzata di cinismo e da una buona dose di durezza, che diventerà la sua cifra negli anni a venire. Ma ogni uomo, soprattutto se baciato dalla fortuna e da una lunga vita in salute, è tanti uomini insieme e Cesare, fratello di Alvaro e figlio di Camillo (più romano di così), è stato proprio questo.

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Il ragionier Romiti, che la fame, quella  vera, l'ha vissuta e non se l'è mai dimenticata, perde il padre e inizia a lavorare per sostenere la famiglia, posticipando i suoi studi universitari. Una volta laureato diviene uno dei primi manager italiani (allora si chiamavano direttori commerciali) fino a quando approderà in Fiat e vivrà gli anni del terrorismo e delle fabbriche infuocate. Diventa l'ombra, l'altra faccia, quella dura, di Umberto Agnelli, ma va ricordato per la marcia del 14 ottobre del 1980 quando dopo 35 giorni di scioperi 40 mila quadri della Fiat scendono in piazza confrontandosi con il sindacato. E' un cambio di passo che fa sì che diventi uno degli idoli della piccola borghesia italiana (come, peraltro, il mito di ogni italiano  che vuol far carriera diventa, in quegli anni, Gianni Agnelli, l'Avvocato). Lascia la Fiat con una buonuscita indicibile per allora: 105 miliardi di vecchie lire (oggi 52 milioni di euro!) che utilizzerà oltre che per ampliare il suo impero, per togliersi ulteriori soddisfazioni entrando nella finanziaria Gemina (che controllava il Corriere della Sera) e quindi nel magico mondo dell'informazione. Romiti era naturalmente simpatico, commensale perfetto e molto galante: ricordo una colazione e la mia casa inondata di fiori ( pur se le cose che ci univano erano infinitamente minori di quelle che ci dividevano).

Nel 2003 un idea che si rivela vincente: crea la Fondazione Italia-Cina, assolutamente necessaria e forse anche in ritardo per il nostro Paese. Poi un altro cambio di passo, quasi un salto indietro che lo riporta alla Roma piccola e generosa del suo lontano passato:  comincia  a rendersi conto che la fine del suo percorso umano  si avvicina e fa delle scelte rispetto al rendere quello che la vita gli aveva donato. 
Incontro Romiti agli inizi degli anni 2000 a motivo del suo interesse verso il mondo del terzo settore :una visione moderna  perché mediata dalla impostazione manageriale e che ambiva ad essere finalmente produttiva.

Parteciperà persino ad un libro collettivo, "Manuale dei diritti fondamentali e desiderabili" (Mondadori), da me curato, sull'evoluzione dei diritti fondamentali e ci divertiremo insieme a presentarlo. Ne cito un passaggio: «Sembra quasi che l’opinione pubblica in Italia, e anche fuori Italia, goda ad operare per un continuo e profondo sgretolamento dei punti fermi sui quali si era costruita e mantenuta la civiltà moderna. E’ chiaro che, modificandosi il mondo, si possano e si debbano anche modificare alcuni principi fondamentali: ma modificare questi principi non significa collaborare per demolirli. La mia è forse una riflessione amara , ma scaturisce dal vedere come ogni giorno in tanti punti che dovrebbero essere di responsabilità, si lavori in questo senso. Per quanto riguarda l'apporto del volontariato al mantenimento dei principi fondamentali per l'umanità, penso che è proprio la natura stessa dell'azione volontaria e la quantità enorme di popolazione che si dedica  al volontariato, possa costituire una barriera contro una distruzione che i nuovi profeti vorrebbero imporre al mondo».

Già quando era al  Corsera comincia ad impegnarsi personalmente  per la ricostruzione di  scuole e per iniziative di sostegno a varie onlus (con il suo capitale) e nell'ultima parte della sua vita nell'aiutare concretamente una serie di famiglie in difficoltà a causa del terremoto nel centro Italia del 2016. Ma voglio ricordare le sue parole in una di queste presentazioni, a Roma, nel 2014 il dopoguerra è stato il periodo più bello, non solo per me ma per tutti gli italiani perché dal niente, dalla distruzione,  siamo arrivati in pochissimi anni ad entrare nelle 10 potenze industriali del mondo. Abbiamo fatto tutti i mestieri, non ci è mai mancato l’entusiasmo e la voglia di fare. Quando vedo che c’e molta preoccupazione vedo anche quanta poca voglia c’è di muoversi e di "rifarsi".  Forse è anche colpa nostra perché non glielo abbiamo insegnato.  Allora sembrava tutto irraggiungibile. Ma io in 30 anni sono diventato ad della Fiat. Voglio raccontarvi un paio di episodi: mi ricordo che in quel periodo una nostra attività si occupava della sistemazione di territori e di una società l'Impresit, presieduta da Guido Carli, che amava molto andare all’ estero. Io e Carli andammo insieme in Nigeria. Avevamo costruito strade, irrigazioni e campi e lo portai ad assistere alla fioritura del primo grano che era nato, il primo in quella regione, nato grazie al nostro lavoro. Carli si commosse e fu una festa incredibile, vedere nascere le prime spighe di grano in una terra che non lo conosceva.

L’altro episodio, nel 1980, senza dire nulla al mio Presidente (un certo Gianni Agnelli), comprai Palazzo Grassi a Venezia. Io pensavo che potesse diventare il simbolo culturale della Fiat. Lo mettemmo a posto in un anno. Avevamo di fronte la sovrintendente di Venezia la quale era molto severa, molto tosta e  ci fece morire ma il valore di questa donna è il fatto che contribuì a fare una cosa (oggi purtroppo è stata venduta), che ci rese famosi nel campo dell’ arte e nel campo della cultura.  Sento adesso questo Governo* che parla di sovrintendenti in modo dispregiativo. Teniamocele care per il mantenimento dell’ambiente, per la bellezza".
Cesare Romiti è stato l'interprete di un  capitalismo non ripiegato su se stesso, che aveva una visione, è stato fra i protagonisti di un Italia che voleva crescere, a ogni costo, con tutte le sue contraddizioni e i suoi errori, perché la "decrescita felice" per lui sarebbe stata senza dubbio sempre infelice.  

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