Richard Gere: «Pretty Woman irripetibile magia. Resto pacifista, ma dobbiamo difenderci e aiutare l'Ucraina»

Il grande attore a Catanzaro: «Sono un dinosauro e ne sono felice. Non ricordo neanche l'ultima volta che sono stato al cinema»

Richard Gere: «Pretty Woman irripetibile magia. Resto pacifista, ma dobbiamo difenderci e aiutare l'Ucraina»
di Gloria Satta
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Sabato 6 Agosto 2022, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 08:32

«Sono un dinosauro e felice di esserlo». Così, a sorpresa, si autodefinisce Richard Gere, 73 anni alla fine del mese, una carriera leggendaria e l'aspetto sempre seducente. Ma aggiunge di essere «buddista, pacifista, desideroso di passare più tempo possibile con i figli» che sono tre, gli ultimi dei quali di 3 e 2 anni avuti dalla giovane moglie spagnola Alejandra Silva che ha portato in dote anche un quarto, avuto dall'ex marito, e che l'attore ama e considera come suo. Ospite d'onore a Catanzaro al Magna Graecia Film Festival dove ha ricevuto la Colonna d'oro tra le ovazioni («L'Italia è la mia seconda patria»), Gere in camicia di lino, l'abbronzatura in contrasto con la chioma candida, i soliti rosari tibetani al polso sinistro, parla di cinema, carriera, guerra e religione mentre il suo film-cult Ufficiale e gentiluomo, che nel 1982 lo proiettò nello star system, compie 40 anni.

È stato il film della svolta?

«No, la sterzata della mia carriera fu I giorni del cielo che nel 1978 mi aprì le porte del cinema.

E mai avrei immaginato che Ufficiale e gentiluomo potesse avere tanto successo, all'epoca non mi sentivo migliore degli altri attori. Quando la sceneggiatura mi venne offerta dal regista Taylor Hackford, gli chiesi di renderla più dura, più realistica perché mi pareva troppo romantica. Poi il film piacque a tutti, anche a Bernardo Bertolucci sia pure con una riserva... politica».

Quale?

«Bernardo mi disse che del film aveva apprezzato ogni cosa, tranne la scena in cui l'esercito entra nella fabbrica tra gli applausi dei lavoratori».

Ha mai pensato di girare il sequel di Pretty Woman, altro suo grande successo del 1990?

«Con il regista Gary Marshall se n'è parlato, ma il progetto non è mai andato in porto anche per la difficoltà di trovare la storia giusta. Quel film, che ha suscitato l'identificazione di tante persone, è scaturito da una magia non programmabile, proprio come l'innamoramento».

Il cinema morirà, soppiantato dallo streaming?

«Nessuno può prevedere il futuro e io stesso, che mi considero un dinosauro e durante la pandemia sono rimasto in casa, non ricordo più l'ultima volta che ho visto un film in sala. Ma il Covid ha solo accelerato il cambiamento che era già in atto. Lo streaming potrà semmai regalare una platea molto vasta ai piccoli film indipendenti, ma se i cinema scomparissero del tutto si perderebbe il senso di comunità. E sarebbe terribile».

Non le viene la tentazione di passare alla regia?

«Ho fama di essere un rompiscatole sul set, perché so troppe cose... Non ho mai sentito ma necessità di passare dietro la cinepresa perché ho stabilito un rapporto di collaborazione con tutti i registi. Mai dire mai, ma oggi non voglio sottrarre tempo ai miei figli».

In cosa consiste per lei, amico personale del Dalai Lama, essere buddista?

«Non mi sono mai aspettato di convertire qualcuno. Mi auguro invece che ogni essere umano raggiunga la felicità seguendo la propria strada. E prego perché tutte le religioni del mondo siano in connessione tra loro in nome del senso di comunità e appartenenza».

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Che pensieri le suscita l'attuale situazione del mondo, travolto dalla guerra in Ucraina?

«Sono cresciuto dopo la seconda Guerra mondiale, mentre gli stati tentavano di ricostruirsi e come oggi c'erano milioni di rifugiati che, come sanno tutti, mi stanno particolarmente a cuore. Si diceva: mai più conflitti e violenza. Abbiamo visto com'è andata. Pur essendo totalmente pacifista, credo che nel mondo relativo in cui viviamo ora dobbiamo difenderci e aiutare l'Ucraina. Penso anche alla Cina che ha un piano espansionistico a lungo termine... Nato ed Unione Europea sono le uniche istituzioni che cercano attualmente di applicare lo stato di diritto».

 

Cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per bloccare l'escalation di violenza?

«Non certo odiare i russi, ma trattarli come i bambini a cui si ricorda con fermezza che certe cose non si possono fare. L'aggressione all'Ucraina ha unito tutti contro Putin: proprio quello che lui non voleva... Per sventare la guerra globale, nei nostri Paesi liberi e democratici dobbiamo eleggere governanti dotati del senso di responsabilità. E prepararci a una stagione di impegno e sacrifici economici».

In che stato d'animo si sente oggi?

«Sono contento di aver ricominciato a viaggiare dopo la pandemia, e che una delle prime destinazioni sia proprio la vostra bella Italia. Vedere tante persone sorridenti mi apre il cuore».

Cosa cambierebbe della sua vita, se potesse?

«Siccome non posso, non ci penso. Sono felice di tutto quello che ho fatto, mi considero molto fortunato».

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