Nel giro di pochi giorni, il catalano Pablo Rivadulla Duro, in arte Pablo Hasél, si convertirà nel primo rapper in Europa a entrare in carcere per il contenuti di alcuni suoi tweet e canzoni. L’Audiencia Nacional, contro il parere del Pubblico Ministero, ha infatti confermato la condanna a nove mesi e un giorno di prigione, comminatagli dal Tribunal Supremo nel maggio 2020, per i delitti di apologia di terrorismo e ingiurie alla Corona e alle istituzioni dello Stato. Il rapper, già condannato nel marzo del 2015 per reati analoghi a una pena inferiore a due anni che perciò gli aveva risparmiato l’entrata in prigione, questa volta sconterà la condanna privato della libertà personale.
Immediata la reazione di Amnestía Internacional España: “Nessuno dovrebbe essere condannato penalmente per twittare o cantare qualcosa di sgradevole o scandaloso.
Anche gli esponenti di Podemos e dei Comuns hanno criticato la sentenza: il vicepresidente del governo spagnolo Pablo Iglesias ha twittato: “Penso che in democrazia nessuno dovrebbe andare in carcere per delitti di opinione”. Ma la giustizia spagnola è uno dei luoghi che è stato meno attraversato dalla transizione democratica. La Audiencia Nacional non ha corrispettivo in nessun paese europeo. Fu istituita nel 1977 in sostanziale continuità col Tribunal de Orden Público di memoria franchista.
Pablo Hasél ha già detto che non si presenterà volontariamente in carcere, dovranno andarlo a prendere a casa per trasferircelo. Diversamente dal suo collega d’arte, il rapper Valtònyc che, condannato a tre anni e mezzo di prigione per gli stessi reati decise di esiliarsi a Bruxelles, Hasél ha scelto di rimanere in Spagna. Per dare più forza al messaggio che rappresenterà la sua incarcerazione.