È morto Pio d'Emilia, l’Oriente ha perso il suo cantastorie: addio al romano di Tokyo

Viveva e lavorava in Giappone. Nel Paese del Sol Levante era arrivato giovanissimo dopo aver vinto una borsa di studio come procuratore legale

Addio a Pio D'Emilia, giornalista e corrispondente dall'Estremo Oriente: aveva 68 anni
di Riccardo De Palo
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Martedì 7 Febbraio 2023, 16:28 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 21:23

Pio d’Emilia è morto improvvisamente ieri, nella “sua” Tokyo a 68 anni, e con lui se ne va anche un modo, sempre più raro, di raccontare e di fare giornalismo. Romano in terra nipponica, da oltre trent’anni aveva fatto della capitale giapponese il suo quartier generale. Al Messaggero era legato in maniera particolare: in via del Tritone aveva iniziato la sua carriera e capitava, alla fine degli anni Ottanta, di incontrarlo nella redazione Esteri, mentre raccontava i suoi mille progetti, le sue tante imprese, con un bambino sulle spalle. Aveva, nella voce, una tensione particolare, che comunicava un entusiasmo contagioso. Possedeva il talento di un consumato cantastorie. Negli ultimi anni, aveva ripreso a raccontare sulle colonne di questo giornale l’attualità giapponese, nella rubrica Oriente furioso. L’ultimo suo articolo è uscito proprio per il Messaggero lunedì scorso ed era, come a volte capitava, polemico: perché il Myanmar è stato dimenticato dopo il golpe militare che ha cancellato decenni di transizione democratica?
 

Pio d’Emilia sembrava vedere il mondo da una prospettiva particolare, mai scontata.

Amava raccontare fenomeni di costume. Che fosse il Giappone in cui torna di moda sfidare il prossimo a duello, oppure che si trattasse di evidenziare le storture della polizia di Tokyo, aveva sempre in mente un interlocutore privilegiato: il suo lettore, o telespettatore. A cui destinava sempre il trattamento migliore possibile.

Se anche in Giappone si nasce sempre di meno

FASCINO

In gioventù Pio d’Emilia aveva subito il fascino dell’Oriente, leggendo i libri di Roland Barthes, Fosco Maraini, Jon Halliday. «Sono arrivato in Giappone - raccontava - come giovane procuratore legale, con una borsa di studio per studiare la procedura penale comparata. Ho finito per restarci». Per andarci passò per la strada più lunga, ovvero attraverso la Russia e la Transiberiana. È stato traduttore, consigliere e ghostwriter di uomini politici, come l’ex premier Naoto Kan. Ma soprattutto, Pio d’Emilia aveva la vocazione e la passione del giornalismo. Lavorava anche con l’Espresso, Il Manifesto, Avvenire, Left, Il Fatto Quotidiano, Tokyo Shinbun. Ed è stato l’interlocutore privilegiato di Sky Tg24 dall’Asia, che a volte interrompeva il flusso delle trasmissioni per collegarsi con lui, da qualche regione remota del mondo. Non conosceva riposo, e gli acciacchi fisici li considerava alla stregua di fastidi, da smorzare a ogni costo. Non aveva un carattere facile, ma non gli mancava il senso dell’ironia: volle raccontare, con Mini size me, la svolta di Pio, il suo viaggio verso il peso forma e una vita più sana. I telespettatori ricorderanno certamente Fukushima, a nuclear story, nel Paese distrutto da terremoto, tsunami e catastrofe nucleare. Un disastro che dal 2011 aveva raso al suolo anche «la proverbiale fiducia dei giapponesi verso le loro istituzioni».

MADREPATRIA

Pio d’Emilia era sempre pronto a partire, appena scoppiava una crisi o si intravedeva un nuovo servizio da scrivere. Così poteva capitare di incontrarlo a Taiwan, alle prese con le solite tensioni con la “madrepatria” cinese, o in altre aree calde del globo, dove ci fosse bisogno di lui. Con Pio se ne va anche un certo giornalismo nomade, con una missione da compiere, ben raccontato e “d’autore”, alla maniera di Tiziano Terzani o Ryszard Kapuściński. Era con questi valori nello zaino che Pio d’Emilia partiva per raccontare le proteste di Hong Kong, o che si spingeva lungo la “via della seta” tra Pechino e Duisburg. Ma uno dei ricordi che rimasero più indelebilmente impressi nella sua memoria risale al 1982, quando giocò a tennis con l’attuale imperatore del Giappone Akihito, all’epoca principe ereditario. Vinse, in coppia con il collega Jurek Martin del Financial Times, 6-3 6-1.

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