Pier Francesco Pingitore: «L’arma vincente è dire la verità con una risata»

Parla il popolare regista che con il Bagaglino ha fatto la storia della satira: «È l’unica vendetta che il popolo si può concedere»

Pier Francesco Pingitore: «L’arma vincente è dire la verità con una risata»
di Paolo Graldi
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Mercoledì 22 Marzo 2023, 23:00 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 08:08

Per i non più giovani Pier Francesco Pingitore, Ninni per gli amici, rappresenta la storia della satira, della commedia e del varietà. Il Re del Bagaglino ha firmato nella sua carriera, (oggi ha ottantotto anni e ne dimostra molti di meno), migliaia di testi di successo per il teatro, il cinema e la tv. Con decine di protagonisti ha segnato una irripetibile stagione di successi. In questo incontro Pingitore risponde con battute fulminanti, sull’arte della satira politica e su di sé, con l’amarezza di aver subito la chiusura del “Margherita”, causa Covid, deciso dalla proprietà. Ma lo spirito irridente de “Le ballate di Pasquino”, il suo ultimo libro in romanesco, resta intatto. Dolce e feroce.

Che se ne fa del tempo che passa?
«Lo lascio passare senza rincorrerlo».

Alla sua età sono più le cose da dimenticare o quelle da ricordare?
«Io non vorrei dimenticare nulla».

Le piace più donare o ricevere doni?
«Sono molto pochi i doni che io posso ricordarmi di aver ricevuto mentre quelli che ho donato non li ricordo per niente».

È un privilegio o una condanna dell’artista quella di non poter mai andare in pensione?
«È un privilegio. La pensione è un orrore, quando vedo questa lotta per andare in pensione al più presto pensare che uno aspiri a 64 anni di andare ai giardinetti insomma è un suicidio no?»

Nel suo caso lavorare stanca alla Pavese o aiuta a vivere?
«Lavorare è la mia vita».

Nella sua lunga vita di artista ha goduto di più la gioia di vivere o patito la fatica di vivere?
«La gioia di vivere».

C’è una frase ascoltata nella sua infanzia che l’ha accompagnata per tutta la vita?
«“Scendiamo al rifugio”, durante la guerra… tornata di terribile attualità»

Che cosa ama di più vedere o sentire il pubblico? 
«Sfottere chi comanda».

C’è qualcosa che rimpiange del passato? 
«Il passato».

Le qualità di un grande attore? 
«Non credersi un grande attore».

Il peggior difetto di un attore? 
«Credersi un grande attore».

Qual è il vizio che detesta di più e perché? 
«L’invidia. Perché sono troppo presuntuoso per abbassarmi a invidiare qualcuno».

Come nasce l’idea di uno show tipo Bagaglino? 
«Dalla voglia di ridere, scherzare, sfottere, giocare, rendere omaggio alle donne.

Se belle, meglio. Molto meglio».

Il regista ha un segreto, una firma: la sua qual è?
«Mettercela tutta. Sempre. Si tratti di uno sketch o di un film per Hollywood, io ci metto sempre lo stesso impegno. (Almeno credo, non avendo mai girato film per Hollywood. Finora)».

Le piace la satira di oggi: la differenza con quella del passato qual è?
«Quella del passato era satira».

Che cosa la fa ridere al di là del palcoscenico, nella vita?
«I discorsi alla tv dei cosiddetti “opinionisti”. Che una volta si chiamavano cazzari».

La politica messa alla berlina perché piace tanto?
«Perché è l’unica vendetta che il popolo si può concedere».

I politici, generalmente, si offendono e protestano o accettano la satira che li colpisce e li rappresenta?
«Purché si parli di loro i politici si farebbero tirare anche le torte in faccia. Lo dico per esperienza».

Chi si offendeva e chi ne sorrideva? 
«Sorridere sempre. Offendersi mai. Crepare di rabbia, qualche volta…»

La satira aiuta a capire le crepe della politica? 
«La politica crepa per conto suo, senza bisogno della satira».

Come è cambiata la satira negli anni? 
«La satira è sempre quella che Orazio duemila anni fa definiva: “Dire la verità ridendo”. Ma trovarne in giro oggi è difficile».

Le piace la comicità rappresentata oggi in televisione?
«Spiacente, ma non la frequento».

C’è una battuta nei suoi innumerevoli spettacoli che è diventata virale e che magari si ricorda ancora?
«Avrei tanto voluto essere di sinistra. Ma purtroppo non c’era più posto».

Qual è la parola più bella che le viene in mente? 
«Vita».

La memoria è un patrimonio prezioso: lei che uso ne fa?
«La memoria è un’amante che ogni tanto ti tradisce. Ma riesce sempre a farsi perdonare. È uno scrigno dove si conservano i beni più cari. Ma di cui ogni tanto si perde la chiave .La memoria è il testimone della vita».

Il suo è più mestiere o un divertimento, una passione? 
«Una passione, che mi diverte molto».

La donna sempre al centro dei talk show, perché? È un mistero che si presta a tante sfumature e allusioni? 
«La donna a poco a poco sta diventando il centro di tutto. Meglio così. È tempo che gli uomini si riposino».

Ci sono nella sua storia di inesauribile autore teatrale e di regista dei miti ispiratori?
«Roma, la libertà, le donne, Dumas, la cioccolata».

L’amicizia è un rapporto che riguarda più persone o gli amici si contano sulle dita di una mano?
«L’amicizia è un bene, che è bene non mettere troppo alla prova».

Gli applausi del pubblico che cosa rappresentano?
«Tutto».

Prima del sipario parlava con il botteghino per informarsi di come andavano le vendite dei biglietti? Poi è arrivato l’incubo dello share?
«Uno spettacolo senza pubblico è un non spettacolo. Chi fa spettacolo darebbe l’anima al diavolo pur di averlo. Purtroppo, non sempre il diavolo è disponibile».

Durante lo spettacolo osservava le reazioni del pubblico? È la prova dal vivo se il copione funziona? 
«Per migliaia e migliaia di sere il pubblico è stato per me un sorvegliato speciale. E se non rideva dove tutte le altre sere avevano riso, non mi sarebbe dispiaciuto che gli fosse crollato il soffitto in testa».

Il brano che rappresenta per lei qualcosa di irripetibile?
«Il canto di Paolo e Francesca della Divina Commedia. Per i morti alle Termopili di Simonide tradotto da Quasimodo. Je ne regrette rien, cantata da Edith Piaf».

Più di sessant’anni sulla breccia: le differenze tra i grandi del passato e quelli di oggi?
«Quelli del passato sembrano sempre più grandi. Ma è un’illusione ottica».

Che cosa chiede un regista ad un attore? 
«Di lasciargli fare il regista».

A quali valori si ispira? 
«Ai valori bollati. Gli unici che non cambino nel giro delle generazioni. E delle degenerazioni».

Io e gli altri: che formula usa per questo rapporto?
«La Formula 1: cerco di arrivare sempre primo».

La verità e la bugia: che rapporto hanno?
«La verità è l’arma dei vincenti. La bugia è il rifugio dei poveracci».

Il rapporto giovani e anziani come deve essere? 
«Gli anziani devono sforzarsi di capire i giovani. I giovani è sufficiente che non li ammazzino».

A un ragazzo di 14 anni che le chiedesse di dargli il consiglio più prezioso, come un dono per la vita che cosa gli direbbe?
«Di non trasgredire. Oggi è la più grande trasgressione possibile».

Da regista a chi darebbe i suoi applausi più intensi? 
«A Oreste Lionello. Spero che in cielo glieli lascino ascoltare».

Un attimo prima che si apra il sipario che cosa succede dietro le quinte?
«Corre quel brivido per il quale si fa teatro».

Alla sua età sono più le cose da dimenticare o quelle da ricordare?
«Avrei delle cose da dimenticare. Purtroppo, non mi ricordo mai di dimenticarmele».

Creare per il palcoscenico o per la tv che sensazione le provoca?
«Di gioco. Un gioco che comincia a tavolino e finisce sul tavolaccio».

Il suo leggendario cappello a larghe falde: che storia c’è dietro? 
«Una storia bellissima. Peccato che non me la ricordi più».

In cinque parole: chi è davvero Pier Francesco Pingitore? 
«Una persona per bene. Dicono...»
 

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