Peppino di Capri, 64 anni di successi: «La mia ricetta? Amore e umiltà. Non mi sono ancora stancato di cantare "Champagne"»

L’artista campano racconta una carriera lunga 64 anni: «Le canzoni nascono tutte belle poi accade qualcosa che ne decide il destino»

Peppino di Capri, 64 anni di successi: «La mia ricetta? Amore e umiltà. Non mi sono ancora stancato di cantare "Champagne"»
di Paolo Graldi
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Giovedì 11 Maggio 2023, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 19:29

Per lei, che ci vive, Napoli che cos’è?
«Napoli è energia pura. I napoletani sono gente che sa mettercela tutta per raggiungere uno scopo. Noi napoletani abbiamo voglia di farcela, a tutti i costi, una voglia infinita. E poi, lo ammetto, abbiamo anche due grandi alleati, il sole e il mare».
E il Napoli, lo scudetto…
«Ha vinto perché ce l’ha messa tutta, ha vinto con merito, con orgoglio, con passione autentica. Questo scudetto torna a Napoli e al Napoli per effetto di una costanza, una determinazione tutta napoletana. Una soddisfazione immensa. Champagne!»
Parliamo di lei. Possiede una voce assolutamente particolare. Che parte ha avuto nel suo successo?
«All’inizio, devo confessare, la mia timbrica nasale era particolare, mi prendevano in giro anche gli imitatori. Poi, col tempo, la gente ci ha creduto, è piaciuta. Ed eccomi qua».
Si sente un po’ un poeta?
«Io mi sento un interprete: questa enorme parola così bella e così dolce. A volte, poi, si sta attraversando un periodo negativo: bene, è il momento più bello per scrivere. Cogliere quel momento, quella tremarella nell’aria, è il segreto. Dopo quel lavoro, diventa un successo, e arriva quando magari non ci speravi più».
Come nascono le belle canzoni?
«Le canzoni nascono tutte belle e poi è il pubblico a decretarne il successo».
Il sentimento che utilizza maggiormente nei suoi testi?
«La parola “amore” fa gola, è una poesia, è lo scatto che ti sussurra, ti apre e ti sprona. Poi, come si dice a Roma, se riesci ad “azzeccare” il successo è ancora meglio. A me è successo parecchie volte, non mi posso lamentare».
La canzone napoletana classica. Un lavoro culturale che le ha dato tante soddisfazioni. Vero?
«Devo peccare di presunzione. Penso di essere stato fra i primi a scoprire la potenza della canzone napoletana. Ho capito che racchiudeva il pregio di essere tramandata ai posteri. Mia mamma Giovanna cantava in casa canzoni stupende, della sua epoca. E un bel giorno, quando ebbi l’occasione di essere un protagonista musicale, me ne uscii con canzoni tipo Voce ‘e notte o I’ te vurria vasà e altre di quella fascia generazionale e fu un grande successo. Spesso i ragazzi mi venivano vicino a chiedermi: “Che bella, ma è tua?” “Sì, va beh, magari”, rispondevo».
Le tre canzoni del suo repertorio che le piacciono di più?
«Partirei con Il sognatore, poi Champagne e Roberta.»
Qual è il segreto di una carriera tanto lunga?
«Al primo posto metterei l’umiltà. È il pubblico che decreta il tuo successo nel tempo. Per me sono 64 anni di canzoni, e non mi sono mai stancato di nulla. Ci sarà, spero, ancora un po’ di spazio per me».
Qual è la parola più bella per lei?
«Amore».
Che cos’è l’amore?
«È un qualcosa che non c’è, ma c’è per tutti: dobbiamo avere la sapienza, la rara saggezza di riconoscerlo. Questa parola magica che ci portiamo dentro e che aspettiamo il momento per esprimerla. Per me, attraverso la canzone».
Come si scelgono le parole di una canzone?
«Quando mi portano una canzone con un testo, la prima cosa che vado a sentire è come suona. È quasi un gioco, diventa una magia, qualcosa che si crea al di fuori del tuo volere».
Si capisce subito se una canzone avrà successo o bisogna sempre aspettare il verdetto del pubblico?
«È il verdetto del pubblico a decidere del successo di una canzone. Champagne, al finale di Canzonissima arrivò al 5º posto. Sconsolato pensai: “Allora di musica non capisco più niente”. Tanto che mi detti un obiettivo: “Se entro tre mesi non arriva prima in classifica allora non ho capito niente e cambio mestiere”».
“Champagne” è un successo mondiale.
«Quando vado in qualsiasi teatro cominciano a gridare “Champagne, Champagne” e dovrei rispondere: “Non posso cominciare con Champagne perché altrimenti non saprei come finire”. Champagne è per il saluto».
Ha mai pensato “non ne posso più di cantarla”?
«Diciamo che potrebbe anche succedere. Ma non è così. Nel sentirla, nel cantarla, nell’interpretarla tante volte non è mai quella del giorno prima, c’è sempre qualche nota in più che la può abbellire, che la rende speciale».
Gli anni passano anche per lei, come li usa?
«Cerco di mediare tra la famiglia e la musica: non posso fare a meno dell’una o dall’altra nella mia vita».
Che cosa piace tanto di Peppino di Capri al pubblico di tutte le età?
«Io penso la coerenza nel sentimento, la dolcezza nella trasmissione del pensiero attraverso la voce».
Qual è qual è il momento più intenso della sua giornata?
«Di sicuro la sera».
Ha fatto centinaia di concerti nel mondo. Qual è quello indimenticabile?
«Per me sono “tutti figli di papà”. Ci sono dei posti dove c’è gente canta tutte le canzoni insieme a te, 5000 persone che conoscono a memoria tutti i testi. Soddisfazione immensa». 
L’invidia è presente nel suo mondo?
«Credo di sì perché c’è questa maledetta cosa della concorrenza per sopraffare il prossimo. Vale anche per tutto ciò che appartiene al mondo dell’arte, come la musica».
Da che cosa si deve guardare un giovane cantante: gli dia un consiglio?
«Prima cosa non correre, non precipitare. Io dico sempre che il momento magico c’è. E se uno lo sa prendere con grazia, o anche con cattiveria, nel senso buono della parola, cioè credendoci fermamente, ce la fa. E, soprattutto, dipende dallo stile che uno sceglie di adottare: ognuno approda alla propria personalità».
Ai suoi tre figli che cosa raccomanda per vivere saggiamente?
«È un qualcosa che viene spontaneamente quando stai trasmettendo un messaggio pulito, che è in sintonia col tuo modo di fare. A Napoli si dice o’ car per la scesa, il carro nella discesa: se tu riesci a tenerlo e non lasci sfuggire il giovane la tua missione è compiuta».
Qual è la qualità che apprezza di più negli altri?
«La coerenza, l’umiltà».
Capri, la sua isola. Che cosa rappresenta per lei?
«Innanzitutto, chiariamo che non è la mia isola. Capri è il rifugio più dolce».
Che cos’è che le piace di Capri? 
«L’aria, la bellezza, l’atmosfera. L’Italia ha isole una più bella dell’altra. Però, forse, la gente a Capri respira di sicuro un’aria più dolce, più affascinante, più invitante, che ti guida nella via giusta. Ne sono innamorato».
Ultima domanda: in cinque parole, chi è davvero Peppino di Capri?
«Un uomo onesto, che si è dedicato al prossimo cercando di essere sé stesso.

Non ho cercato vie di compromesso. Un uomo a cui è capitato molte volte durante la notte, a fine concerto, di non sentire più la stanchezza ed è rimasto ad aspettare il ragazzino che vuole l’autografo prima di andare a dormire».

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