Ghedini, il ricordo del collega Piero Longo: «Un gentiluomo all'antica. Ironico solo con se stesso»

Il collega di studio del legale di Berlusconi: "Cercava sempre il compromesso più alto"

Ghedini, il ricordo del collega Piero Longo: «Un gentiluomo all'antica. Ironico solo con se stesso»
di Pietro Piovani
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Venerdì 19 Agosto 2022, 06:32 - Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 11:41

Pochi possono dire di aver conosciuto bene Niccolò Ghedini come Piero Longo, l'avvocato veneto nel cui studio iniziò la carriera quello che poi sarebbe diventato il legale di fiducia di Silvio Berlusconi, nonché uno dei suoi consiglieri più ascoltati. Oggi ricorda il suo collega e amico come «un gentiluomo di antico stampo».
Negli anni delle battaglie giudiziarie e politiche per Forza Italia, Ghedini ha avuto tanti avversari, e scontri anche molto aspri.

Ora però la sua morte viene salutata da tutti con grande commozione e con attestati di stima che sembrano sinceri. È così?
«Sì, e c'è una ragione precisa: Niccolò era un uomo per bene.

Non l'ho mai sentito parlare male di nessuno, mentre era molto critico con sé stesso. Da persona intelligente quale era, sapeva essere molto autoironico, ma mai ironico nei confronti degli altri».

Nel dibattito politico però le discussioni potevano diventare molto accese, per usare un eufemismo.
«Ma lui era sempre molto tollerante. Aveva una dote che io, ad esempio, non ho mai avuto: la tolleranza partecipativa. Cioè quella forma di compromesso che è tipica della politica di alto livello, non il compromesso di bassa lega. Ecco perché oggi vediamo il cordoglio unanime di amici e avversari, a parte qualche pazzo sui social, ma questo genere di sfoghi fa parte della cultura odierna, gli odiatori sono uguali ovunque».

Lei lo ha visto giovanissimo al debutto professionale.
«Sì ha cominciato con me, è venuto in studio dopo una carriera da studente non brillantissima. Lui stesso una volta ha dichiarato: All'università non ho fatto cinque esami, ne ho fatto cinquanta perché mi bocciavano sempre. Ma in realtà si rivelò subito capacissimo. Studiava le carte con grande attenzione. Era dotato di una memoria impressionante, e aveva l'intelligenza di sfruttarla questa memoria. Quando lavoravamo insieme si ricordava i documenti nei singoli passaggi, cose che a volte io non ricordavo. Insomma da studente non eccelso diventò un grandissimo avvocato. E poi era ironico, faceva battute, sapeva esprimere l'ironia nelle cose di tutti i giorni».

Per esempio?
«Una volta dovevamo affrontare una questione che riguardava le automobili e ci stavamo confrontando con un perito, che a un certo punto disse a Niccolò: Secondo me lei avvocato non conosce il nome dell'artista che ha forgiato la Vittoria alata sulle Rolls Royce. Lui gli rispose: Io, caro, le posso dire anche il nome della modella. Perché lui sapeva tutto di macchine».

Come mai?
«Era appassionato di auto d'epoca, l'unica sua passione a parte il lavoro. Di automobili e di motori sapeva tutto, su quegli argomenti poteva mettere in difficoltà chiunque».

Poi c'è stata la stagione della politica.
«Prima diventammo gli avvocati di Berlusconi, poi lui diventò parlamentare, e in seguito anche io. Ma avevamo ruoli diversi: io da senatore e deputato facevo quello che dovevo fare, ero un tecnico di udienze diciamo; lui invece era uno dei consiglieri più ascoltati da Berlusconi. La loro è stata un'amicizia vera, profonda, anche abbastanza strana perché c'era una grande differenza d'età, Niccolò aveva 23 anni di meno. Le dichiarazioni di Berlusconi alla notizia della sua morte sono veramente sentite».

Nella prossima legislatura la questione giustizia si potrebbe riaprire, Berlusconi ha rilanciato la proposta di rendere inappellabili le sentenze di assoluzione.
«Il problema è che alcuni sono terrorizzati dalla prospettiva di un ritorno del centrodestra al potere. E faranno di tutto per non far governare la Meloni».

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