Nella vita di Mihajlovic c'è anche un figlio perso. «Poco più di un anno fa io e Arianna stavamo aspettando un altro figlio», diceva alla Gazzetta dello sport nel 2019 in un'intervista per i suoi 50 anni. Un colloquio durante il quale, l'allora allenatore del Bologna, ripercorreva vita e carriera. Ma anche gli episodi più drammatici che l'hanno segnato.
Mihajlovic, il bambino perso: quando e come
Nel 2017 Mihajlovic e la moglie Arianna stavano aspettando un altro figlio.
Una vita "che ne valeva tre"
L’adolescenza in Serbia, la carriera, l’Italia e le tante città, sei figli, la povertà, i successi, l’agiatezza. Ma anche due guerre, le ferite, le lacrime. "Oggi se mi guardo indietro posso dirlo: Sinisa, quanta vita hai vissuto. Ne vale almeno tre”. Quando era "ragazzino" andava in un campo dove c’erano due porte senza reti, tirava da una parte all’altra e tornava a prendere la palla. Da solo, finché non diventava buio. "Non mi stancavo mai”.
Il padre camionista e la mamma
“Mio padre faceva il camionista". È morto a 69 anni, di tumore ai polmoni. "Quando se n’è andato io non c’ero. Ci penso tutti i giorni". Durante la guerra lo implorava di venire in Italia, ma ha voluto restare nel suo Paese. "Vorrei potesse vedere come sono cresciuti i suoi nipoti". Il sogno di Sinisa non era di alzare una Champions League o uno scudetto, ma di poter riabbracciare suo padre. "Mia madre invece mi guarda ancora con gli stessi occhi di quando ero bambino. Lei non parla l’italiano e i miei figli poco il serbo. Ma ogni volta che viene a trovarci a Roma e vedo come li guarda, capisco che l’amore non ha bisogno di parole”.
Il camion di banane
“Oggi mi piace vivere bene, so cosa significa avere poco da mangiare". Da piccolo adorava le banane, ma non aveva i soldi: la madre ne comprava una e la divideva tra i due figli. Sinisa ricorda: "Una volta le ho detto: quando divento ricco mi compro un camion di banane e le mangio tutte da solo". Poi, però, ha scelto sempre il meglio quando ha iniziato a guadagnare. "Bevo vini pregiati". La ricchezza che sperava di lasciare ai figli non era quella economica, ma "valori e insegnamenti". L'indicazione: "Dovranno sudare, il cognome non basta”.
La guerra
Sinisa ha vissuto la guerra in Jugoslavia. Ha visto amici che si sparavano tra loro, famiglie disgregate. Il suo migliore amico che ha devastato la sua casa. Suo zio, croato e fratello della madre, che voleva «scannare come un porco» il padre serbo.
La partita preferita
Nella sua carriera ricorda una partita in particolare, quella del 9 ottobre 1999, Croazia-Serbia, la prima volta dopo la guerra. "Qualificazione agli Europei: finisce 2-2 su miei assist. I giornali serbi mi hanno dato 10”.
Rimpianti zero
Sinisa rivivrebbe tutto della sua vita, anche gli sbagli. "Perché non esistono vite perfette. E sarebbero pure noiose. Se oggi sono quello che sono è anche grazie a qualche errore. Ho vissuto questi 50 anni come volevo io”.
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