Mihajlovic, il ritorno e la citazione di Vasco Rossi: «Io sono ancora qua, non mollerò nulla»

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Venerdì 29 Novembre 2019, 21:10 - Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 13:40

Sinisa Mihajlovic è tornato. Il tecnico rossoblù chiude un cerchio aperto il 13 luglio, quando annunciò di avere la leucemia e lo fa a modo proprio: mettendoci la faccia, a nudo, mostrando l'uomo e le sue fragilità, ma pure la tempra, il coraggio, la dolcezza e la durezza di una persona uscita cambiata da un percorso di grande sofferenza, pur conservando i tratti tipici del suo carattere. «Cito Vasco, io sono ancora qua. Non mollerò nulla. Alla malattia e sul fronte del lavoro. Cercherò di esserci il più possibile», promette il tecnico serbo a un mese esatto dal trapianto di midollo osseo.

Berretto rosso, come il maglione a collo alto sopra la giacca blu, affronta di nuovo la stampa e inizia ringraziando chi lo ha curato: «In questi quattro mesi difficili ho conosciuto medici straordinari, infermieri che mi hanno curato, sopportato e supportato», dice, fermandosi spesso per la commozione, nella sala stampa del Dall'Ara. Una conferenza iniziata con una sorpresa, cioè l'ingresso della squadra: «Ti abbiamo deluso, ma cercheremo di renderti di nuovo contento», spiega per tutti capitan Dzemaili. Proprio di delusione calcistica parlerà Mihajlovic più avanti, anzi userà parole più forti: «Sono incazzato nero con i ragazzi per le prestazioni. Tutti a dire che dovevano fare le cose per me, ma i fatti non li ho visti. Li capisco, questa era una situazione complicata anche per loro. Ma ora si torna a fare le cose come le dico io, i ragazzi saranno liberi solo di fare le cose che dico io, dando il 200 per cento».

Ma l'incontro al Dall'Ara è l'occasione per fare il punto sulla battaglia ingaggiata contro la malattia, insieme ai medici. Sono il professor Michele Cavo e la dottoressa Francesca Bonifazi dell'Istituto di Ematologia Seragnoli dell'ospedale Sant'Orsola a spiegare che è ancora una fase precoce, servono tempo e controlli prima di poter dichiarare il paziente guarito. Solo due anni calano le percentuali di possibili ricadute, dopo cinque c'è la completa guarigione. Oltre ai medici, Sinisa vuole ringraziare infermieri, società, staff, calciatori. Gli amici, quelli di sempre e quelli ritrovati. Ma soprattutto la famiglia. «Mia moglie: ti amo, sei l'unica che ha più carattere di me. E i miei figli: siete la mia vita, eravate pronti a donarmi il midollo per salvarmi la vita e non è scontato». Si commuove, Mihajlovic, si interrompe a volte.

«Ma le lacrime le ho finite in queste 4 mesi e mi sono rotto di piangere». Ha, invece, tanta voglia di normalità: «Andare allo stadio, guardare gli allenamenti via video, mi ha fatto sentire vivo. Ho imparato ad apprezzare cose che sembrano scontate, come una boccata d'aria, dopo quattro mesi chiuso in una stanza di ospedale. E ai malati dico: non perdete la voglia di vivere. Questa esperienza mi ha reso più riflessivo, ma non smetterò di incazzarmi per questo». Perché Sinisa vuole riprendersi la propria vita, a cominciare dal Bologna. Nella consapevolezza della propria umanità: «Non sono un eroe», ripete.

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