Mihajlovic, Casini: «Sinisa, un antipolitico abituato a schierarsi»

«La mia Bologna lo aveva adottato. Quanti in pellegrinaggio a San Luca»

Mihajlovic, Casini: «Sinisa, un antipolitico abituato a schierarsi»
di Andrea Sorrentino
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Venerdì 16 Dicembre 2022, 22:50 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 11:01

Senatore Pier Ferdinando Casini, chi era Sinisa Mihajlovic?
«Un grande uomo. È ciò che emerso dalla sua parabola negli ultimi anni, ma anche nel resto della sua vita. Io, che come tutti i tifosi del Bologna, ho seguito passo passo le sue vicende, quelle sportive e quelle della malattia, non ho dubbi. Perché ha lottato come un leone, sempre, anzi come un guerriero. Una dimensione umana straordinaria, una resistenza tipica dei popoli balcanici, un attaccamento eccezionale alla famiglia. Mi dispiace tanto per la moglie, per i figli, per i nipoti che non potranno conoscere bene un nonno così».

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La malattia lo aveva logorato, eppure non ha mollato un istante.
«Rimangono negli occhi e nel cuore tante immagini, di Sinisa.

Il suo coraggio nell’annunciare di essere stato colpito dal male, la sua irriducibilità nel combatterlo, e anche quel suo mostrarsi, senza paura, la sua capacità di resistere. E il suo reagire, poi: quanto fu potente l’immagine di Sinisa Mihajlovic che torna in panchina, dopo poco più di un mese dal primo ricovero in ospedale, nel 2019? Fu una scena più eloquente di qualsiasi parola. Come quella dei giocatori che al rientro da una trasferta vanno a cantare sotto le sue finestre, perché era ancora ricoverato. E lui, che per non stare lontano dalla squadra dirigeva gli allenamenti anche dall’ospedale, via video. Sembrava che nella prima fase fosse riuscito a sconfiggere la leucemia, poi purtroppo si è riaffacciata, con una violenza inusitata. E l’abbiamo perso. Anche se è stato curato in modo encomiabile dagli operatori sanitari».


È stato anche un bravo allenatore, oltre che un uomo unico? 
«Certamente. Non bisogna dimenticare che ha ottenuto ottimi risultati col Bologna, probabilmente ci ha salvato da due retrocessioni sicure. Poi è chiaro che negli ultimi mesi la sua tempra si era logorata. E comunque, diciamoci la verità, e del resto i tifosi del Bologna l’hanno sempre saputa: Sinisa era soprattutto tifoso della Lazio, lui e i suoi figli. Infatti la prima cosa che faceva quando entrava all’Olimpico da avversario era andarsi a prendere gli applausi sotto la curva Nord. Credo proprio che il suo sogno fosse allenare la Lazio. Ma ripeto, rimane centrale la figura dell’uomo, per chi è di Bologna. Nella vita di una città e di una squadra ci sono i momenti belli e quelli brutti, è nella logica delle cose. Sinisa ha soprattutto offerto momenti umani, che non sarà possibile dimenticare. Riteniamo gli sportivi degli invincibili, ma diventano fragili quando la malattia li colpisce, come tutti: ed è lì che la persona emerge con la sua dimensione».

 


Bologna, di fatto, adottò Mihajlovic.
«Infatti l’elemento sportivo appare sfocato, di fronte alla vicenda umana tra Sinisa e la città. Non si può non ricordare la processione dei tifosi al Santuario della Madonna di San Luca, quando tutti andarono a pregare per la sua salute. O quando il consiglio comunale, superando tutte le divisioni politiche, votò per conferirgli la cittadinanza onoraria. E dire che Sinisa non era uno che le mandava a dire...».


Prendeva anche posizione politicamente, in effetti: quindi era un politico?
«Al contrario, era un antipolitico. La politica vive anche i suoi momenti di opportunismo, ma Sinisa non era mai così. Tutte le sue affermazioni, anche quelle più discutibili, nascevano da un presupposto: quello dell’autenticità, della verità. Non era un ipocrita o un sepolcro imbiancato, anzi sposava anche le posizioni più divisive e le sosteneva. E la gente lo capiva, ne intuiva l’autenticità. Ricordo che durante la campagna elettorale per le Regionali 2020 in Emilia Romagna, con il duello tra Stefano Bonaccini per la sinistra e Lucia Borgonzoni per la Lega, Mihajlovic si schierò per la Lega, e lì si vide come Bologna recepiva Sinisa: la cosa non comportò un cambiamento di giudizio nei suoi confronti da parte delle persone, anzi il primo a dire che accettava il parere di Sinisa, che faceva parte della vita, fu proprio Bonaccini, che poi vinse. Segno che Mihajlovic non guardava alle opportunità e non era opportunista, e che Bologna è una città speciale».


Era anche religioso, Sinisa.
«Non so entrare nell’intimità della sua sfera religiosa, ma penso una cosa: quando c‘è questa dimensione resistenziale e si affronta la malattia a questo modo, c’è per forza qualcosa di profondo dentro. Sono certo che i tifosi bolognesi troveranno il modo di andare ancora a San Luca per pregare per lui, e che la Madonna l’accompagni».

 

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