Maurizio Costanzo, Pippo Baudo: «È stato lui a farmi la prima intervista. Eravamo legati e ci stimavamo»

"Al suo show avrò partecipato almeno 30 volte. Quel Parioli era davvero un mondo a sé"

Maurizio Costanzo, Pippo Baudo: «È stato lui a farmi la prima intervista. Eravamo legati e ci stimavamo»
di Mattia Marzi
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Venerdì 24 Febbraio 2023, 23:06 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 13:07

Sullo schermo alle loro spalle, le immagini in bianco e nero degli altri tenori della tv italiana, Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Corrado, in una foto scattata nel 1967 durante una storica puntata del varietà “Sabato sera”, condotto da Mina. «Guardando queste immagini mi sono reso conto che siamo vivi noi due. Vogliamo fare gli scongiuri? Tiè, tiè, tiè. Tanto per stare tranquilli», scherza Maurizio Costanzo con Pippo Baudo. La scena è una delle più tenere di uno degli ultimi incontri televisivi tra i due pilastri della tv italiana, quello del 2018 in occasione di una puntata del talk show “L’intervista”, tra le ultime creature di Costanzo, tutta dedicata al Pippo nazionale.
Dall’altra parte del telefono, l’86enne conduttore siciliano - che solo qualche giorno fa si era ritrovato a dover smentire in prima persona le notizie sulle sue preoccupanti condizioni di salute circolate sui social e in rete, dopo le lacrime in tv dello storico direttore di palco del Festival di Sanremo, Pippo Balistreri, a “Italia Sì” di Marco Liorni - parla con la voce rotta dall’emozione, ricordando l’amico scomparso ieri.

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Cosa ricorda di quell’incontro epocale?

«La grande emozione che provammo entrambi nel ritrovarci faccia a faccia, dopo tanti anni dall’ultimo incontro.

E anche l’ironia di Maurizio, quando mi disse quella cosa. Scoppiammo a ridere. Fu generoso, come al solito: ripercorremmo insieme tutte le tappe della mia carriera e della mia vita. Trovò anche un documento in cui due grandi registi, Antonello Falqui e Lino Procacci, riferivano le loro sensazioni dopo il provino che feci in Rai: ‘Buona presenza, buon video, discreto nel canto, discreto nel pianoforte. Può essere utilizzato nei programmi minori’. Non era una bocciatura, ma nemmeno una grande promozione».

E invece riuscì subito a imporsi.

«E sa chi me la fece la prima intervista importante, ai tempi di ‘Guida degli emigranti’ e ‘Primo piano’? Proprio lui, Maurizio. Era il 1960, l’anno delle Olimpiadi di Roma. Maurizio scriveva sul settimanale Grazia. Fu il primo grosso personaggio che conobbi: la nostra amicizia nacque così».

C’è mai davvero stata una rivalità tra voi due?

«Mai. Eravamo legati da un rapporto di stima reciproca. Ci rispettavamo. E per me Maurizio è stato sempre uno stimolo. Era intelligente, acuto, oltre che generosissimo. Al Costanzo Show ci sarò stato almeno venti, trenta volte. In ogni occasione regalava un gadget a tutti, una conchiglietta portafortuna: io ne ho una collezione. Il Parioli era un mondo a sé: c’erano storie che si intrecciavano, personaggi che sui generis che affascinavano gli spettatori. Tutti gli dobbiamo qualcosa: è stato rivoluzionario».

 

In che misura?

«Parla per lui la sua storia professionale. Con programmi come ‘Alle sette della sera’, ‘Bontà loro’ e lo stesso ‘Costanzo Show’, solamente per citare alcuni dei suoi programmi più celebri, ha scritto alcune delle pagine più importanti della tv italiana, raccontando l’Italia con quel suo modo diverso di intendere la comunicazione televisiva. Parlava a tutti e si faceva comprendere da tutti. E poi non dimentichiamo che ha avuto una vita molto difficile, vissuta a 360 gradi e con tanti pericoli, come dimostra l’attentato subito da parte della mafia».

Come ha saputo della sua scomparsa?

«Da un collega di cui preferisco non fare il nome. Mi ha chiamato. Io sono rimasto senza parole. Non me l’aspettavo. Ho pensato subito a Maria. Nessuno avrebbe scommesso sul loro amore per via delle loro personalità così diverse, invece è stato un legame duraturo, fortissimo».

Cosa ci rimarrà di Maurizio Costanzo?

«Tutto quello che ha dato allo spettacolo: le canzoni, le sceneggiature, i film. Non se ne va solamente un gigante della tv, ma della cultura italiana. E poi ci resterà il suo attaccamento al lavoro, inteso come servizio per l’intero Paese».

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