Matteo Gracis protagonista in Cina grazie ai social. Il giornalista: «Il digitale premia chi se lo merita»

La CCTV ha intervistato il giornalista sul sabotaggio del Nord Stream due, il gasdotto nel Mar Baltico

Matteo Gracis protagonista in Cina grazie ai social: «Il digitale premia chi se lo merita»
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Mercoledì 26 Aprile 2023, 11:53 - Ultimo aggiornamento: 12:15

All’inizio c’erano il taccuino, la penna e la macchina da scrivere. Poi la radio e la televisione cambiarono le modalità dell’informazione giornalistica. I nuovi media accelerarono il processo della raccolta delle notizie rendendole fruibili in tempo reale. Eppure non costituirono una minaccia per il giornalismo tradizionale, anzi ne divennero parte integrante.

«Oggi non è più così», spiega Matteo Gracis, giornalista popolarissimo sui canali social ed editore. «Negli ultimi venti anni la nostra professione ha subito una metamorfosi.

Pc, tablet e smartphone hanno sostituito la macchina da scrivere, mentre le testate web stanno quasi soppiantando quelle tradizionali. Insomma, Internet ha creato un nuovo modello di giornalismo, dando anche spazio a milioni di aspiranti giornalisti che, altrimenti, non avrebbero altre opportunità». Grazie ai social, infatti, i giornalisti possono farsi conoscere ed essere apprezzati per “meritocrazia”.

Il tutto, senza minare la sopravvivenza della carta stampata che però è chiamata ad adeguarsi. Oggi il giornalista “moderno”, pur dovendo sempre rispettare i medesimi criteri deontologici del giornalista “tradizionale”, deve essere anche in grado di colloquiare con i social, in modo da raggiungere il maggior numeri di utenti.

«Piuttosto che ritenere il web una minaccia o un aspetto di poco valore, bisognerebbe considerarlo come un'evoluzione naturale da valorizzare. I social, se utilizzati nel migliore dei modi, possono essere un megafono incredibile per un singolo giornalista che, come me, pur non operando nel mainstream, in un mese, riesce a raggiungere oltre 11 milioni di persone».

A testimonianza di questo, Gracis racconta un aneddoto accaduto alcune settimane fa. Si tratta di «un esempio abbastanza emblematico. Avevo pubblicato un video su TikTok che ha attirato l’attenzione della più importante emittente televisiva cinese, la CCTV - China Central Television, una tv che ogni giorno raggiunge 800 milioni di persone in tutto il mondo. L’oggetto dell’intervista, andata in onda sul Tg serale, era l’argomento da me trattato nel video, ovvero l’ipotetico sabotaggio del Nord Stream due, il gasdotto nel Mar Baltico. I cinesi erano interessati a capire come mai il resto della stampa italiana non si fosse interessata al tema. Questo la dice lunga su dove può arrivare un singolo giornalista attraverso i social media, se utilizzati in una certa maniera». Ovviamente questi nuovi modi di fare giornalismo «vanno utilizzati come mezzo e non come fine, altrimenti si rischia di diventare degli influencer senza né arte e né parte, che magari hanno un gran seguito ma virtuale e basta. A me questa cosa non è mai interessata. Chi fa informazione e giornalismo dovrebbe tenere in considerazione la distinzione fra fine e mezzo».

 

Quindi, il giornalismo tradizionale è morto o è la tradizione che si deve rinnovare? Gracis ha le idee chiare. «Per me i social sono un mezzo per farmi conoscere da nuovi lettori, per pubblicizzare i miei libri, per trasformare i follower in persone ‘reali’ che mi seguono in eventi come conferenze, spettacoli e via discorrendo. Se si rimane solo nell’ambito del web si perde tanto, anche perché i numeri del virtuale non sempre corrispondono a quelli reali, dal momento che esistono i Bot, gli algoritmi o le piattaforme dove comprare follower e views». Insomma “in medio stat virtus”.

Dalle parole di Gracis appare chiaro che la tecnologia può essere un’ottima alleata. Ma come ci si può adeguare al linguaggio young dei social, quando si è magari un po’ meno permeabili alle innovazioni? Anche in questo caso, Gracis ci offre una risposta esaustiva: «Per quanto riguarda Tik Tok, un mezzo che non conoscevo, mi sono affidato alle conoscenze di un ragazzino di 19 anni. È lui a tradurre nella lingua di TikTok i contenuti da me creati per gli altri canali. Ogni social, infatti, è caratterizzato da un linguaggio diverso e non si può pretendere di comunicare in modo unilaterale. Ci vuole umiltà e curiosità, altrimenti si rischia di fare qualche figuraccia (e molti giornalisti ‘tradizionali’ le fanno) nel tentativo di utilizzare questi nuovi media con arroganza e presunzione. Grazie a questo ragazzo riesco a ottenere risultati incredibili.

La sua specifica competenza ha fatto sì che anche dei video con dei contenuti di spessore (contro informazione, geopolitica, economia, macro finanza) riuscissero a raggiungere milioni di visualizzazioni». La risposta del giornalista la dice lunga su chi pensa che i tiktoker o i giovani in generale, siano solo interessati a notizie di basso livello. «Se realizziamo dei contenuti ‘importanti’ ma con un linguaggio appropriato, anche i fruitori dei social risponderanno in modo adeguato. Chiaro che se diamo loro solo contenuti superficiali e senza spessore, risponderanno agli stimoli in modo analogo». Ma Gracis fa un ultimo avvertimento: «consiglio l’utilizzo di questi strumenti a chiunque voglia cimentarsi con questo mestiere perché offre grandi possibilità a chi vuole farsi conoscere ma ci vuole preparazione. L’improvvisazione va sempre combattuta».

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