Marita Comi, la moglie di Massimo Bossetti: «Desidero ancora una vita normale»

A riportare i pensieri e le sensazioni della donna è il fratello Agostino

Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti: «Desidero ancora una vita normale»
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Lunedì 2 Gennaio 2023, 10:55 - Ultimo aggiornamento: 11:35

«Solo una vita normale». È quello che Marita Comi (44 anni), moglie di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all'ergastolo il 12 ottobre 2018 per l'omicidio di Yara Gambirasio, continua ad augurarsi dopo quasi 9 anni dal giorno dell'arresto del muratore di Mapello.

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Marita Comi, le parole del fratello

A riportare i pensieri e le sensazioni di Marita Comi è il fratello Agostino, che in un'intervista rilasciata sulle pagine de "Il Giorno" racconta: «Mia sorella cerca di tirare avanti, la vita continua», aggiunge «dopo nove anni sa che la sua esistenza non tornerà più normale, quel fatto ha cambiato tutto».

La 44enne nonostante i tre figli, gli anni passati e la condanna al carcere a vita del marito continua a sostenere l'innocenza di quest'ultimo, in caso contrario «lo avrei lasciato» aveva sempre detto. Oggi poi i figli (21, 18 e 16 anni) sono cresciuti e seguono la loro strada. 

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Le ultime sul caso di Yara Gambirasio

Recentemente sul caso di Yara ci sono stati degli sviluppi inattesi. Frode processuale e depistaggio sono infatti le due pesantissime accuse per le quali il gip di Venezia ha chiesto alla Procura di procedere all'iscrizione nel registro degli indagati di Letizia Ruggeri, il pm titolare delle indagini sulla morte di Yara Gambirasio. Il gip ha, quindi, contestualmente sollecitato nuove indagini.

 

Un colpo di scena arrivato al termine dell'udienza di opposizione all'archiviazione presentata dai difensori di Massimo Bossetti, l'uomo condannato all'ergastolo per l'omicidio della 13enne di Brembate in provincia di Bergamo, del presidente della Corte d'Assise di Bergamo e di una cancelliera. La ragazzina scomparve il 26 novembre del 2010 e fu trovata, tre mesi dopo, morta in un campo. Il tema su cui il gip chiede una nuova tranche di verifiche è legato alla conservazione di 54 reperti con tracce di Dna che, di fatto, rappresentarono l'architrave dell'impianto accusatorio a carico del muratore di Mapello.

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