Maccio Capatonda: «Sono un prototipo, il numero zero degli youtuber»

Maccio Capatonda (@Federico Laddaga)
di Valentina Venturi
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Venerdì 8 Gennaio 2021, 20:15 - Ultimo aggiornamento: 20:16

Marcello Macchia è nato all'ospedale di Vasto nel 1978, partorito da sua mamma. Maccio Capatonda invece è nato nel 2004 dentro un armadio, quando Marcello, intento a registrare la voce fuori campo per il trailer "La febbra", diede un nome al suo personaggio, senza pensarci troppo”. Potrebbe sembrare l’incipit di un suo nuovo video, invece è la vita realmente vissuta da Marcello Macchia (alias Maccio Capatonda, l'attore fittizio protagonista di parodie dei più famosi trailer cinematografici) che racconta e ripercorre nel suo primo libro intitolato per l’appunto “Libro” edito Mondadori: «Forse è il primo prodotto che faccio in cui il pubblico può sentire la mia voce, è diretto e sincero, a parte le derive comiche e surreali».

Come si definirebbe?

«Sono un prototipo, il numero zero degli youtuber, la puntata pilota del modo di fare creatività dei giovani d’oggi. Sono il pioniero».

Che peso ha avuto la "Gialappa's Band" nella sua carriera?

«Oltre a darmi la possibilità di diventare noto, mi ha dato la spinta a creare. Di natura sono pigro, invece essere scelti dalla "Gialappa's" mi ha messo pressione, obbligandomi a creare. Mi hanno permesso di fare questo lavoro dandomi delle scadenze.

Quando sono sotto pressione rendo tantissimo. Oggi molti tiktoker non hanno questa committenza, il rapporto dei giovani con la rete è diretto, non c’è la Gialappa's di turno, che nel mio caso è stata fondamentale».

In che senso?

«Quando creavo video li facevo anche per loro perché li stimavo e pensavo a quanto fosse lusinghiero per me. Nello stesso tempo avevo paura di deluderli quindi lo facevo sotto stress e impegnandomi molto».

Su youtube e TikTok chi segue?

«Mi sono buttato sui casi umani. Diciamo che vengo dalla scuola di Daniele Ciprì e Franco Maresco che mettevano in scena i casi umani con i film e nel programma "Cinico tv". Adesso invece sono gli stessi casi umani che si mettono in mostra da soli grazie a tiktok: sono dei broadcaster gli stessi casi umani. Mi piace andare a scovare i più strani, alcuni anche come talent scout».

Ha un caso da nominare?

«Seguo Cristian Michel, scoperto da Maresco e nel cast del suo bellissimo film “La mafia non è più quella di una volta”. E poi Silvano Mazzocco, il ragazzo molisano che balla tenendo tra le mani dei prodotti molisani».

Chi la fa ridere?

«I “The Jackal” ovviamente, ma anche Valerio Lundini, che trovo molto affine alla mia comicità. Mi piace il suo stile, lo sento vicino nel suo essere surreale, demenziale e nonsense. Poi Nino Frassica».

In famiglia la chiamano Maccio o Marcello?

«I miei mi chiamano Marcello anche se alcuni non sanno proprio come chiamarmi. Eppure Maccio non era un nome preventivato: è uno dei miei primi personaggi e mi è rimasto appioppato perché la gente non sapeva come chiamarmi. È diventato il nome d’arte neutro».

Come mai intitolare “Libro”?

«Se avessi usato l’articolo sarebbe stato didascalico invece in questo caso è un libro come tanti, ma lo si può riconoscere dalla scritta. Cercavo un titolo veramente creativo, ma alla fine mi sono reso conto che la migliore creatività è la semplicità. E poi ho puntato sul fatto che molti non sanno cosa sia, quindi scrivendocelo sopra lo capiscono!».

Una scelta intrepida quella di passare dai video ai libri.

«Mi rendo conto di quanto sia un passaggio strano, tanto che mi volevo quasi scusare con il mio pubblico, perché per la prima volta faccio un prodotto che non è fruibile e godibile solo passivamente».

Non ha avuto tentennamenti?

«Ho riflettuto molto prima di accettare la proposta di Mondadori: non ero sicuro di poter fare lo scrittore. Nella scrittura ho scoperto una dimensione nuova della mia creatività, un modo di esprimermi parzialmente diverso. È senza vincoli, molto più libero dei video. E mi sono perso nella scrittura e nella fantasia».

Si annoia?

«Tutto mi annoia, la noia è una funzione importante, un aspetto della vita di un comico. Grazie alla noia tiri fuori qualcosa di nuovo, hai la spinta a produrre qualcosa che la sconfigga».

Si considera un comico?

«Sì. Ho imparato a darmi questa definizione da quando mi ha chiamato la "Gialappa's". Prima volevo fare il regista serio poi dopo la "Gialappa's" ho capito che era la mia strada. Sono un comico serio».

Progetti futuri?

«Sto scrivendo il mio terzo film, spero di girarlo tra la primavera e l’estate. La tematica è la tecnologia tipo “Black Mirror” ma in versione comica. Rispetto gli altri due sarà meno grottesco, più adatto al medium cinema».

 

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