Lol 2, Maccio Capatonda: «Ho vinto senza piacermi. Se lo rifacessi, cambierei tutto»

Lol 2, Maccio Capatonda: «Ho vinto senza piacermi. Se lo rifacessi, cambierei tutto»
di Ilaria Ravarino
4 Minuti di Lettura
Sabato 5 Marzo 2022, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 16:11

Vent'anni di carriera, due film da regista (Italiano medio e Omicidio all'italiana), una serie per Sky (The Generi), una vita parallela da regista pubblicitario e uno zoccolo duro di fan che lo segue dai tempi di Mai dire lunedì. Ma è solo adesso, con la vittoria nella seconda edizione di LOL su Amazon Prime, che l'abruzzese Maccio Capatonda (vero nome Marcello Macchia), 43 anni, si prepara a diventare un fenomeno nazionalpopolare. Suo malgrado.


Ha vinto: contento?
«Ero contento da cinque mesi, da quando abbiamo registrato la puntata, ma non potevo dirlo a nessuno. Però mi sono rivisto a fatica, con le mani sugli occhi. Sono molto autocritico. Se partecipassi di nuovo al programma, farei tutto diversamente».

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Si è mai pentito, come Corrado Guzzanti, di avere accettato?
«No, mi sono buttato. Ma quella di fare LOL è una decisione che ho preso dopo un percorso iniziato due anni fa, quando da Milano mi sono trasferito a Roma.

Avevo voglia di fare cose diverse, di provarmi in situazioni di cui non ho il controllo».


Perché Roma?
«Da 19 anni vivevo a Milano e sentivo che c'era qualcosa che non andava. Ero statico. Dovevo cambiare aria. Volevo tornare alle origini e stare più vicino ai miei genitori. E poi Roma è la città d'Italia in cui la realtà è più evidente. Milano è ovattata, a Roma ti senti vivo. Anche nei disagi. E io avevo bisogno proprio di questo: di problemi e di bellezza».


Ha avuto una partenza diesel, poi è esploso. Cosa l'ha sbloccato?
«Il momento di wrestling con Max Angioni. Gli sono andato dietro, non sapevo cosa volesse fare, ma là mi sono sciolto. Sono sempre stato tesissimo, sotto pressione. Sono un ipertimido: non ho mai fatto un solo spettacolo dal vivo nella mia carriera. LOL era un terreno sconosciuto. Un salto nel buio. Un modo per mettermi alla prova».


Come una seduta di analisi: ci è mai stato?
«Solo due volte, dieci anni fa, e mai più. Sono molto introspettivo Anche fare interviste mi aiuta a capire chi sono».


Il suo fischietto di LOL è già culto: da dove viene?
«L'ho comprato in gita a Chicago, cinque anni fa. Mi aveva ispirato quello che aveva usato Frank (Matano, in LOL 1, ndr) e l'ho messo in valigia. L' ho tirato fuori quando non sapevo più che pesci prendere».


LOL 2 era troppo preparato?
«Parlando con gli autori del programma ho capito che tutti ci eravamo preparati un po' di cose, perché dovevamo confrontarci con un'edizione bomba come la prima. Delle cose che avrei voluto fare me ne sono avanzate giusto un paio. Usciranno nella puntata extra (su Amazon dal 7 marzo, ndr)».


Da 20 anni è sulla scena. Serviva LOL per farla conoscere?
«È giusto cosi. Le cose arrivano quando devono. Sono forse stato troppo chiuso, magari non ho sempre messo a fuoco uno stile preciso di comicità. Sono perennemente insoddisfatto. Però, ecco, c'è gente che diventa famosa da un secondo all'altro e poi perde la testa. Non è il mio caso».


E ora? Diventerà nazionalpopolare?
«So che con LOL avrò una vetrina importante, che mi farà conoscere da più persone. Ma ci sarà sempre chi non sposa la mia comicità, chi non mi capisce. Non lo vedo come un difetto. Non è giusto piacere a tutti».


Ciro Priello, dopo aver vinto LOL, è finito a Sanremo. Ci si vede?
«Purtroppo no. Credo molto nel non snaturarmi. So fare determinate cose, ma nel mio mondo. Sanremo lo farei se mi chiedessero una cosa alla Checco Zalone. Ma fare il conduttore in un programma, qualsiasi sia, no. Non è il mio. Il fatto di essere famoso non ti dà il diritto di essere ovunque».


A cosa direbbe di sì?
«Vorrei avere la libertà di fare le mie serie, magari un mio show, uno spettacolo teatrale. Una cosa live. Ho una società mia, giro video pubblicitari (la campagna virale di Tavernello è sua, ndr). Mi piacerebbe mettermi a disposizione dell'ecologia e della sostenibilità. Sicuramente uscirà un nuovo libro, ci sto lavorando. E magari un'altra serie tv».


E il cinema?
«Sono due anni che scrivo una sceneggiatura, ma il progetto è ancora fermo. Dopo due film, fare il terzo è un passo importante. Con l'esplosione delle piattaforme c'è in giro tanta roba: girare un film oggi non è difficile, basta che sei un nome e te lo fanno fare. Ma questo non vuol dire che io lo debba fare per forza. Lo faccio se ho qualcosa da dire. A forza di fare il contrario, il cinema si è svalutato».

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