La commedia perde una voce rivoluzionaria, vivacissima, anticonfomista. Il cinema dice addio a una pioniera, in tempi in cui marce per la parità e quote rosa non esistevano: Lina Wertmüller è morta a Roma,a 93 anni, nella sua bella casa liberty a due passi da Piazza del Popolo tra le braccia dell’amata figlia trentenne Maria Zulima Job e di Alessandro, il compagno della ragazza. «La sua salute si era recentemente aggravata ma non ha sofferto, se n’è andata serena», rivelano in lacrime i due giovani. Oggi la camera ardente in Campidoglio, sabato alle 11 i funerali nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. Hanno espresso cordoglio, tra i tanti, anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, i presidenti di Senato e Camera Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, il ministro Dario Franceschini.
LA CARRIERA
Rita la Zanzara (1966), Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), Fatti di sangue tra due uomini per causa di una vedova - Si sospettano moventi politici (1978), Sabato domenica e lunedi (1990), Peperoni ripieni e pesci in faccia (2004), Il giornalino di Gianburrasca tv (1964-65) con Rita Pavone protagonista: sono le tappe della carriera di Lina che iniziò giovanissima come aiuto-regista di Fellini per rivoluzionare poi la commedia italiana esaltandone gli aspetti grotteschi, cavalcando la satira sociale, imponendo i titoli-fiume dei suoi film (ne ha girati 23 per il cinema, 8 per la tv) con l’aiuto di grandi attori come Sofia Loren, Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Michele Placido, Candice Bergen, Stefania Sandrelli, Paolo Villaggio, Rutger Hauer.
RICONOSCENZA
«Devo tutto a Lina, mi ha inventato lei», dice affranto Giannini, 79, magnifico protagonista in 9 film della regista, «mi offrì Mimì Metallurgico che nessuno voleva interpretare...
Nel 2019, a Cannes, è stato invece Leonardo DiCaprio a prosternarsi. E pensare che Lina non è mai stata troppo amata dalla critica italiana. «Ma non me n’è mai fregato nulla: se avessi ricevuto solo elogi sarei finita nello scaffale dei registi impegnati», spiegava. Un giorno, per sdrammatizzare, provò a stringere la mano a Nanni Moretti che l’aveva presa in giro in Io sono un autarchico. Lui le voltò le spalle. «Lo mandai a quel paese», raccontava la regista.
Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il nome completo, nasce a Roma il 14 agosto 1928 da una famiglia con ascendenze svizzere nobili. Bambina ribelle, viene cacciata da 11 scuole. Fa teatro, marionette, lavora con Garinei & Giovannini, con Fellini. Nel 1963 l’opera prima I basilischi rivela la sua genialità, il suo umorismo caustico, il gusto per la dissacrazione.
MANIERE FORTI
Diventa leggendaria la sua grinta sul set: «Menavo, se serviva. Ho morso un dito a Luciano De Crescenzo che gesticolava troppo», confessò la regista, «farsi obbedire non è questione di sesso, ci vuole carattere». Ma fu capace d’imporre Mariangela Melato, primadonna teatrale, in Travolti da un insolito destino. E giurava di non aver mai visto l’infelice remake, «una scemenza», girato nel 2002 da Guy Ritchie con Madonna. Sempre allegra e spiritosa, si definiva così: «Sono fidanzata con la vita».