Lina Wertmüller, travolti dal solito destino in un freddo dicembre: gli italiani le dicono grazie Oggi la camera ardente, domani il funerale

Fu la prima donna candidata all'Oscar come migliore regista. Nel 2020 ricevette la statuetta alla Carriera

Lina Wertmuller, morta a 93 anni la regista protagonista del cinema italiano
di Gloria Satta
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Venerdì 10 Dicembre 2021, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 15:18

La commedia perde una voce rivoluzionaria, vivacissima, anticonfomista. Il cinema dice addio a una pioniera, in tempi in cui marce per la parità e quote rosa non esistevano: Lina Wertmüller è morta a Roma,a 93 anni, nella sua bella casa liberty a due passi da Piazza del Popolo tra le braccia dell’amata figlia trentenne Maria Zulima Job e di Alessandro, il compagno della ragazza. «La sua salute si era recentemente aggravata ma non ha sofferto, se n’è andata serena», rivelano in lacrime i due giovani. Oggi la camera ardente in Campidoglio, sabato alle 11 i funerali nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. Hanno espresso cordoglio, tra i tanti, anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, i presidenti di Senato e Camera Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, il ministro Dario Franceschini. 

 


LA CARRIERA 
Rita la Zanzara (1966), Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), Fatti di sangue tra due uomini per causa di una vedova - Si sospettano moventi politici (1978), Sabato domenica e lunedi (1990), Peperoni ripieni e pesci in faccia (2004), Il giornalino di Gianburrasca tv (1964-65) con Rita Pavone protagonista: sono le tappe della carriera di Lina che iniziò giovanissima come aiuto-regista di Fellini per rivoluzionare poi la commedia italiana esaltandone gli aspetti grotteschi, cavalcando la satira sociale, imponendo i titoli-fiume dei suoi film (ne ha girati 23 per il cinema, 8 per la tv) con l’aiuto di grandi attori come Sofia Loren, Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Michele Placido, Candice Bergen, Stefania Sandrelli, Paolo Villaggio, Rutger Hauer. 

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RICONOSCENZA
«Devo tutto a Lina, mi ha inventato lei», dice affranto Giannini, 79, magnifico protagonista in 9 film della regista, «mi offrì Mimì Metallurgico che nessuno voleva interpretare...

grazie a lei ho avuto la stella sulla Walk of Fame di Hollywood. Sul set aveva il carisma e l’energia di 10 uomini». Dopo l’Academy mancato nel 1977 per Pasqualino Settebellezze malgrado le 4 nomination, due anni fa la regista è stata risarcita da Hollywood con l’Oscar onorario e la stella sulla Walk of Fame. Dedicò il premio al marito scenografo Enrico Job scomparso nel 2008, il grande amore della sua vita. Ma anche senza Academy, gli iconici occhiali bianchi piantati sul naso (hanno dato il titolo al bellissimo documentario biografico di Valerio Ruiz), Lina aveva saputo guadagnarsi la venerazione degli americani da Robert Altman a Martin Scorsese alle superstar: chi scrive ha visto con i propri occhi Al Pacino inginocchiato ai suoi piedi nel 2006, nel corso della prima edizione del festival Los Angeles, Italia organizzato nella Mecca del cinema da Pascal Vicedomini.


Nel 2019, a Cannes, è stato invece Leonardo DiCaprio a prosternarsi. E pensare che Lina non è mai stata troppo amata dalla critica italiana. «Ma non me n’è mai fregato nulla: se avessi ricevuto solo elogi sarei finita nello scaffale dei registi impegnati», spiegava. Un giorno, per sdrammatizzare, provò a stringere la mano a Nanni Moretti che l’aveva presa in giro in Io sono un autarchico. Lui le voltò le spalle. «Lo mandai a quel paese», raccontava la regista. 


Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il nome completo, nasce a Roma il 14 agosto 1928 da una famiglia con ascendenze svizzere nobili. Bambina ribelle, viene cacciata da 11 scuole. Fa teatro, marionette, lavora con Garinei & Giovannini, con Fellini. Nel 1963 l’opera prima I basilischi rivela la sua genialità, il suo umorismo caustico, il gusto per la dissacrazione. 


MANIERE FORTI 
Diventa leggendaria la sua grinta sul set: «Menavo, se serviva. Ho morso un dito a Luciano De Crescenzo che gesticolava troppo», confessò la regista, «farsi obbedire non è questione di sesso, ci vuole carattere». Ma fu capace d’imporre Mariangela Melato, primadonna teatrale, in Travolti da un insolito destino. E giurava di non aver mai visto l’infelice remake, «una scemenza», girato nel 2002 da Guy Ritchie con Madonna. Sempre allegra e spiritosa, si definiva così: «Sono fidanzata con la vita». 
 

 

 

 

 

L'Intervista - Giancarlo Giannini: «L'Oscar alla Wertmuller un atto di giustizia. Una donna che sul set vale 10 uomini»

 

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