Jerry Calà: «Temevo una congestione, invece era un infarto acuto. Salvo grazie al mio produttore»

Parla l’attore, tornato a casa dopo l’infarto di una settimana fa a Napoli. «Sono stato travolto dall’amore, non come nel nuovo film in cui nessuno paga il mio riscatto»

Jerry Calà: «Paura? Temevo una congestione, invece era un infarto acuto. Salvo grazie al mio produttore»
di Gloria Satta
4 Minuti di Lettura
Sabato 25 Marzo 2023, 00:00

La grande paura è passata. «Ora sto bene, ma i medici mi hanno prescritto un periodo di riposo, ho 71 anni e devo obbedire», racconta Jerry Calà dalla sua casa di Verona. È stato dimesso e sembra di ottimo umore. Accanto a lui ci sono la moglie Bettina e il figlio Johnny, 20 anni. Alle spalle, l’infarto che l’ha colpito una settimana fa a Napoli mentre girava da regista e protagonista il film Chi ha rapito Jerry Calà? e da cui si è salvato grazie all’immediato ricovero in una struttura privata dove gli sono stati applicati tre stent coronarici. L’Italia intera, a cominciare dall’ex moglie Mara Venier, prima è rimasta con il fiato sospeso poi è stata vicina all’attore che presto riprenderà la tournée del suo spettacolo 50 anni di libidine (prodotto da The Best Organization).

Si aspettava tanto affetto?
«Confesso, la grande ondata d’amore che mi ha sommerso un po’ mi ha sorpreso.

Mica come nel mio nuovo film in cui vengo rapito e nessuno vuole pagare il riscatto... Ci sono stati i catastrofisti che mi hanno dato per morto, ma poi la simpatia della gente mi ha aiutato a superare la paura».

È stata tanta?
«Non si è trattato di una passeggiata di salute, ho avuto un infarto acuto. Mi sono salvato grazie al mio produttore Gianluca Varriale che ha chiamato tempestivamente i soccorsi e ai formidabili specialisti della Clinica Mediterranea di Napoli».

Come si è accorto di stare male?
«Alla fine della giornata, concluse le riprese, ho mangiato da solo nella mia camera d’hotel e poi ho avvertito un dolore crescente. Faceva freddo, ho pensato a una congestione e ho telefonato a Varriale che a sua volta ha chiamato il 118. In clinica mi hanno rassicurato dicendomi: “Signor Calà, siete in mano all’arte, siamo pratici”».

È vero che in sala operatoria le hanno chiesto “libidine”, il cavallo di battaglia dei suoi film?
«Sì, e non mi sono fatto pregare».

Ma com’è nata quell’espressione?
«Nel 1982, sul set del film Bomber che girai con Bud Spencer, in una scena di pugilato il regista Michele Lupo mi chiese di inventare una battuta che esprimesse lo stupore. Quarant’anni dopo “libidine” è citata anche dagli sbarbati, i giovanissimi che vedono i miei film sulle piattaforme: Sapore di mare, Vacanze in America, Il ragazzo del Pony Express, Abbronzatissimi...».

 

Si sente un’icona degli anni Ottanta? 
«Più passa il tempo e più mi ci fanno sentire. E non mi dispiace affatto, segno che sono radicato nell’immaginario».

Ma era davvero da buttare quell’epoca edonista e scatenata?
«Nemmeno per sogno. Avevamo entusiasmo, voglia di fare e necessità di indipendenza. La mia commedia Vado a vivere da solo raccontava il desiderio dei ragazzi di lasciare la famiglia. Oggi nemmeno a 40 anni li schiodi da casa».

Suo figlio vive con voi?
«No, studia cinema a Milano. Vuole fare il regista».

Tra i suoi film, ce n’è uno che ama particolarmente?
«Senza nulla togliere a Carlo ed Enrico Vanzina che mi hanno creato proiettandomi nello star system, sono legato ai film di Marco Risi, specie Un ragazzo e una ragazza».

Come andò con Marco Ferreri che, in ”Diario di un vizio”, le offrì il suo unico ruolo drammatico?
«Marco era uno spasso, mi prendeva in giro: “Sei una star ma sul mio set devi cambiarti nel cesso della stazione”».

I nuovi comici nati sul web valgono meno di voi?
«Noi abbiamo avuto successo dopo una lunga gavetta: con i Gatti di Vicolo Miracoli prima di sfondare in tv ci siamo fatti cabaret, teatrini off, pizzerie. Oggi però la rete fa emergere più talenti, alcuni bravissimi come Angelo Pintus e Barbara Foria».

Ha dei rimpianti?
«Forse ho abbandonato troppo presto i cinepanettoni, ma ho lavorato con Ferreri e fatto il regista. Credo nelle sliding doors e mi sento molto fortunato».

Già nel 1994 aveva rischiato la vita in un incidente.
«Non mi sono fatto mancare nulla».

Cosa le ha insegnato quest’ultima disavventura?
«Che alla mia età devo rallentare il ritmo: 120 spettacoli all’anno sono troppi».

Ha un sogno?
«Voglio stare bene e dimenticare l’infarto. Ancora mi sveglio di soprassalto con il ricordo di quella notte... E mi piacerebbe fare l’attore in una fiction».

© RIPRODUZIONE RISERVATA