Jean-Luc Godard, morto il regista francese simbolo della Nouvelle Vague. Libération: «È ricorso al suicidio assistito»

Il 5 settembre al Festival di Venezia era stato presentato Godard Seul Le Cinéma, documentario che Cyril Leuthy ha dedicato alla sua figura emblematica

Jean-Luc Godard, morto il regista francese simbolo della Nouvelle Vague. Libération: «È ricorso al suicidio assistito»
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Martedì 13 Settembre 2022, 10:30 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 13:22

«Non ho l'ansia di continuare a vivere ad ogni costo»: Jean-Luc Godard, scomparso oggi all'età di 91 anni, non sarebbe morto per cause naturali, ma per sua intima scelta, optando per il suicidio assistito reso possibile dall'ordinamento svizzero. «Non era malato, era semplicemente esausto», ha rivelato una fonte vicina alla famiglia citata da Libération, confermando che è stato il regista a scegliere di andare via. «È stata una sua decisione, ed era importante per lui che si sapesse». Patrick Jeanneret, consigliere della famiglia Godard lo ha confermato: «Il signor Godard è ricorso all'assistenza legale in Svizzera per una partenza volontaria in seguito a 'diverse patologie invalidantì, secondo i termini di un rapporto medico», ha precisato. In Svizzera, esistono diverse forme di accompagnammento nella morte, come l'eutanasia passiva o il suicidio assistito. Quest'ultimo resta il più noto, anche se non è regolamentato in modo specifico, ma autorizzato a determinate condizioni sulla base dell'articolo 115 del codice penale. Optando per il suicidio assistito, Godard è andato «In fondo alle sue convinzioni», commenta Libération, ricordando che il regista si espresse a favore di questa pratica in occasione di un'intervista nel 2014 a margine del Festival di Cannes.

«Non ho l'ansia di proseguire ad ogni costo.

Se sono troppo malato, non ho alcuna voglia di venire trascinato su una cariola...», aveva detto. Potrebbe dunque ricorrere al suicidio assistito? «Si», rispose lui, aggiungendo che «per il momento», questa scelta «è ancora molto difficile». «Godard era affacinato dal suicidio», scrive il critico cinematografico Jean-Luc Douin, nel libro Jean-Luc Godard. Dictionnaire des passions. Da giovane, «conservava una lametta da barba nel portafogli» mentre il regista Eric Rohmer «lo trovò un giorno nel suo studio, grondante di sangue, per un idillio finito brutalmente. Una sera, durante le riprese di "Une femme est une femme", litigò così violentemente con Anna Karina fino a tagliarsi le vene».

La carriera

Nel 2004, l'autore di Il bandito delle 11 (Pierrot Le Fou) (1965) rivelò a Libération di aver già tentato il sucidio, «in una forma un po' da ciarlatano», dopo il 1968, «per richiamare l'attenzione». In "Notre Musique" (2004) evocherà una citazione del "Mito di Sisifo" di Albert Camus: «C'è un solo problema filosofico veramente serio: il sucidio». Un tema spesso presente nella sua filmografia. Nel 1987, in "Cura la tua destra" mette tra le mani di Michel Galabru "Suicide, mode d'emploi" ("Suicidio, istruzioni per l'uso"), un libro poi vietato in Francia. Possiede ancora quel libro?, chiederà il giornalista Patrick Cohen, intervistando Godard per radio France Inter, nel 2014. «Si, si, ma è tanto tempo che non lo sfoglio», fu la sua replica. Nella stessa intervista, il regista dirà di non pensare tanto alla morte, quanto piuttoso «alla sofferenza». Proprio oggi, per una curiosa coindicenza di calendario, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l'avvio di una consultazione pubblica sul tema del fine vita, nella prospettiva di un possibile legalizzazione del suicidio assistito entro fine 2023.

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