Italo Calvino, i cent'anni dalla nascita dello scrittore rampante

Italo Calvino, i cent'anni dalla nascita dello scrittore rampante
di Riccardo De Palo
4 Minuti di Lettura
Lunedì 9 Gennaio 2023, 14:09

È difficile immaginare un autore del nostro Novecento che abbia avuto un'influenza anche solo paragonabile a quella di Italo Calvino, di cui quest'anno si celebrano i cento anni dalla nascita. Certo, esistono altri scrittori che vengono citati e letti, negli Stati Uniti come nel Regno Unito o in Francia. Ma bisogna tornare ai tempi di Dante Alighieri; o pensare alla contemporanea Elena Ferrante. Calvino è certamente il più citato e idolatrato - anche se spesso le frasi a lui attribuite sul web sono false, come disse una volta sua figlia Giovanna.


«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», diceva Calvino, in una frase che si potrebbe applicare anche a lui stesso. Prendiamo Il barone rampante. Quanti altri autori possono vantarsi di aver fatto sognare e riflettere così tante generazioni di ragazzi, con le gesta del giovane Cosimo Piovasco di Rondò, che in un impeto di ribellione decide di non voler mai più ridiscendere da un albero per il resto della sua vita? Forse soltanto Antoine de Saint-Exupéry, con il suo Piccolo principe.

All'insegna della leggerezza


L'innata levità del Barone che non vuole più toccare terra, neanche da morto, è la costante di tutte le opere di Calvino. Le sue magistrali Lezioni americane si aprono proprio con la lectio di Harvard dedicata alla leggerezza: «Nei momenti in cui il regno dell'umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio...» Calvino cercò sempre di dare valore a ciò che si leva da terra, ai racconti tradizionali, o alle monumentali Fiabe italiane, che raccolse (e spesso riscrisse) per consegnarle alla posterità. Se oggi non guardiamo più con sufficienza a quelle favole per bambini, lo dobbiamo soprattutto a lui.


Calvino era poco incline a parlare di sé, e la sua opera non scade mai nell'autofiction. Ma possiamo dire che era nato il 15 ottobre del 1923 a Santiago de las Vegas, a Cuba: il padre Mario lavorava come agronomo, la madre Eva era una botanica. In seguito raccontò di non avere alcun ricordo del paese caraibico: già nel 1925 era in Italia, a Sanremo. «Della mia nascita d'oltremare conservo solo un complicato dato anagrafico», ricordò lui. «La mia famiglia era piuttosto insolita sia per Sanremo sia per l'Italia d'allora: scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori». Abbastanza logico che, durante la guerra, si unisse ai Partigiani assieme al fratello Floriano, un'esperienza che sarà alla base del suo primo romanzo pubblicato nel 1947, Il sentiero dei nidi di ragno.
Calvino studia lettere a Torino, e a Roma frequenta personaggi come Elio Vittorini, Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio, Felice Balbo. Nel 1964 torna a Cuba, per sposarsi con la sua Chichita, e conosce Che Guevara; l'anno seguente nasce Giovanna (che oggi vive a New York). Nel 1967 porta la famiglia a Parigi, dove frequenta intellettuali ai quali dovrà molto, come Georges Perec e Raymond Queneau.
La sua fama si accresce con la trilogia I nostri antenati, che comprende, oltre al Barone rampante, anche i racconti Il visconte dimezzato e Il cavaliere inesistente.

Le vicende surreali del giovane Medardo tagliato in due da una palla di cannone, e del paladino Agilulfo, che anima con la sola forza di volontà la sua lucida armatura vuota, sono potenti metafore della nostra vita.

Un'eredità inestimabile


Ma capita, spulciando i social, che ci siano architetti celebri (come l'americano Jody Brown) che citano Le città invisibili (1972) come il libro che più li abbia influenzati. E infatti, in questa riscrittura de Il Milione, in cui Marco Polo racconta all'imperatore dei Tartari Kublai Khan i luoghi che ha visitato, le architetture immaginarie risultano molto più tangibili e straordinarie di quelle reali. Celebre il dialogo tra Marco Polo e l'imperatore, in cui il viaggiatore veneziano descrive un ponte, che «non è sostenuto da questa o quella pietra ma dalla linea dell'arco che esse formano». L'arco è un'idea, e non esisterebbe affatto se non ci fosse la pietra. In fondo, «d'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda».


Difficile citare tutti i libri che hanno reso grande Calvino, dai racconti delle Cosmicomiche (che di recente hanno ispirato una installazione dell'artista americano Alex Da Corte, sul tetto del Metropolitan Museum di New York), all'ultimo romanzo Palomar, del 1983, il cui protagonista ricorda l'impalpabile cavaliere inesistente. Ma certamente la prova più innovativa è stata quel romanzo in cui, secondo lo scrittore John Updike, Calvino «riesce ad affascinare e divertire il lettore catturandolo in un ingranaggio che si direbbe congegnato apposta per frustrare tutte le sue più ragionevoli aspettative». Nell'incipit, l'autore si rivolge direttamente al lettore: «Stai per cominciare a leggere Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero...» Calvino morì prematuramente nel 1985 per un ictus. Aveva solo 61 anni.

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