Rugby Italia, per il Washington Post l'azzurro e cavaliere Maxime Mbandà è fra gli eroi europei della lotta al Covid Video

Rugby, l'azzurro e cavaliere Maxime Mbandà per il Washington Post è fra gli eroi europei della lotta al Covid Video
di Paolo Ricci Bitti
8 Minuti di Lettura
Martedì 25 Maggio 2021, 04:13 - Ultimo aggiornamento: 26 Maggio, 20:10

Quanti italiani sono stati definiti eroi dal Washington Post, il quotidiano ai vertici dell'autorevolezza del giornalismo mondiale? Il quotidiano, nato nel 1877, che ha vinto 47 premi Pulitzer, che ha  costretto alle dimissioni il presidente Nixon (Watergate), che ha scoperchiato i documenti segreti del Pentagono sulla guerra in Vietnam, che nel 2000 ha portato alla luce esperimenti non autorizzati della Pfizer su bambini nigeriani durante un'epidemia (Contenzioso di Kano). E, di questi italiani definiti eroi dal Wp, quanti erano o sono sportivi ovvero azzurri del rugby?

In attesa allora che anche la Federugby si accorga delle scelte del Washington Post, si scopre che di questa ristrettissima e lusinghiera lista alla fine resta solo un nome: Maxime Mbandà, 28 anni, terza linea delle Zebre di Parma e della nazionale per la quale dal 2016 è sceso in campo 29 volte ai Mondiali e nel Torneo delle Sei Nazioni. Nato a Roma da madre italiana (insegnante) e padre congolese (chirurgo laureatosi in Italia), cresciuto a Milano, Maxime è stato scelto dalla redazione del Post per raccontare le storie di persone che in Europa si sono impegnate in prima persona per combattere la pandemìa del Covid. Persone grazie alle quali l'Europa può adesso ripartire verso la normalità.

Fra queste persone c'è anche il 99enne capitano Tom Moore, veterano inglese della II guerra mondiale che ha raccolto oltre 20 milioni di sterline camminando instancabilmente per mesi con il deambulatore nel giardinetto di casa sua, calamitando l'attenzione dei donatori.

Mbandà ha raccontato ai cronisti Alexa Juliana e Rick Noack della paura provata nel guidare l'ambulanza della Croce gialla di Parma carica di malati di coronavirus che potevano contagiarlo: «Nonostante sia giovane e pieno di forze è stato durissimo vivere a fianco di queste persone ma bisognava farlo e così ho continuato giorno dopo giorno a dare una mano alla Croce Gialla. Fra le cose che più mi hanno colpito ci sono state le parole di una donna di 70 anni che sull'ambulanza, nonostante fosse in gravi condizioni, ha intravisto il colore della mia pelle dietro la mascherina, gli occhiali e la tuta che eravamo costretti a indossare 24 ore su 24: "Ma sei nero?" "Sì, lo sono" "Ma sei italiano? "Sì, lo sono" "Ma allora io sono proprio stupida, perché per tutta la vita ho pensato che le persone nere facessero solo del male"».  

Una storia che ha spinto il Washington Post, diretto da Sally Buzbee, ad aprire la carrellata di testimonianze proprio con l'azzurro. L'impegno del volontario Mbandà, che poi ha dovuto vivere ulteriori mesi di enorme angoscia perché i genitori Luisa, beneventana, e Luwa (in Italia dall'età di 19 anni per studiare Medicina) sono finiti in Terapia intensiva per il Covid, non era certo passato inosservato in Italia dove comunque sono assai pochi i giocatori di rugby conosciuti al di fuori della comunità degli appassionati.

Il giocatore della nazionale è così diventato anche testimone nella società civile dei valori dello sport che pratica fin da bambino: sostegno, solidarietà, servizio, gioco di squadra. Un impegno che l'anno scorso gli è valsa l’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana concessa dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

E anche il Guinness Pro14 (la coppa europea in cui giocano le Zebre) ha scelto Maxime Mbandà per il Premio del Presidente (Dominic McKay). 

Qui il video del Washington Post realizzato da Alexa Juliana e Rick Noack

Per Mbandà, del resto, la stagione 20/21 si è dilatata oltre ogni limite rispetto alla vita di un giocatore professionista di rugby, oltre al volontario contro il Covid, si è laureato in Scienze motorie ed è diventato papà di Mata Leone, primo figlio avuto dalla compagna Cristiana. 

Nuovi eroi su Rai 3, qui la puntata con Maxime Mbanda

Inoltre il giocatore delle Zebre è stato scelto per «Nuovi Eroi», il format originale prodotto da Stand by Me e Rai3 con la collaborazione del Quirinale, che racconta storie straordinarie di cittadine e cittadini italiani insigniti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, in quanto rappresentativi della più alta espressione dei valori che definiscono la Nazione, il suo impegno civile e il forte senso di comunità. «Nelle puntate in onda su Rai3 la voce fuori campo di Veronica Pivetti ha raccontato cinque storie di eroi comuni, spesso sconosciuti al grande pubblico, ma esempio di dedizione e impegno per tutto il Paese: il superstite e testimone dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, Enrico Pieri, che ha donato all'associazione «Martiri di Sant'Anna di Stazzema» la sua casa di infanzia per favorire incontri e dare spazio alle delegazioni di studenti e ricercatori che si recano a Sant'Anna per informarsi e approfondire la conoscenza storica. Affetta da aplasia midollare, lo scorso giugno Serena Piccolo era ricoverata presso l'ospedale Bambino Gesù di Roma, in attesa del trapianto di midollo osseo, e ha scelto di lasciare il reparto per sostenere l'esame di maturità in presenza. Ad inizio agosto è giunta la notizia di un donatore e il 21 dello stesso mese è stato effettuato il trapianto. Poi, tra i nomi più noti della vela italiana, già timoniere di Azzurra, la prima barca italiana in America's Cup, Mauro Pelaschier ha compiuto il periplo d'Italia a vela come ambasciatore della Fondazione One Ocean per testimoniare il rispetto degli ecosistemi marini e diffondere la Charta Smeralda, un codice etico di comportamenti virtuosi per la conservazione dell'ambiente marino. Nel 2011 Elisabetta Cipollone ha perso il figlio Andrea, di 15 anni, in un incidente stradale. In sua memoria ha dato vita ad un progetto volto a raccogliere fondi per realizzare pozzi di acqua potabile in Etiopia, un'idea scaturitale dai disegni del figli.

E infine Maxime Mbanda. Le puntate sono disponibili su Rayplay

E non è finita qui, Maxime Mbandà, è passato pure alle serie Netflix "partecipando" a Zero, prodotta da Fabula Pictures con la partecipazione di Red Joint Film, che racconta di un rider diventato un supereroe. Nella prima serie lo si vede nel murale di Milano inquadrato più volte e non a caso. Nella seconda serie non mancano le possibilità di entrare nel mirino delle macchine da ripresa

"Quando ho iniziato a scrivere questa serie riflettevo sul fatto che in Italia non c'è una cultura di attori o registi neri. Abbiamo visto che ci sono, esistono e bisogna coinvolgerli. Credo che Zero sia la prima finestra verso una rappresentazione migliore del paese" dice Antonio Dikele Distefano presentando Zero, la nuova serie Netflix da lui ideata e al debutto lo scorso  21 aprile in 190 paesi. E' la storia di un ragazzo (Giuseppe Dave Seke al suo esordio assoluto) che impara a conoscersi, a fidarsi di sé stesso, è una storia d'amore, di crescita, di fantasia e allo stesso tempo di normalità. Zero è diretta da Paola Randi, Ivan Silvestrini, Margherita Ferri e Mohamed Hossameldin. Composta da 8 episodi racconta la storia di un ragazzo timido con un superpotere: può diventare invisibile. Non è un supereroe, ma un eroe moderno che impara a conoscere i suoi poteri quando il Barrio, il quartiere della periferia milanese da dove voleva scappare, si trova in pericolo.  Ancora Antonio Dikele Distefano: "Quando ho iniziato a pensare alla serie mi chiedevo: Io sono un grande amante amante dei manga, mi sono detto ma tu pensa a un supereroe nero italiano. Il discorso dell'invisibilità è una metafora. In Italia, abbiamo bisogno di normalità: non di eccezionalità.   Domani un ragazzo deve poter guardare Zero perché si rivede nel protagonista, perché si riconosce in quello che fa, in quello che prova. E deve riconoscerlo in quanto persona, non per il colore della sua pelle, parlare di integrazione è anche riduttivo hanno accenti veneti, milanesi. Per me è stato assurdo all'inizio, non avevo mai fatto l'attore, ricorda Dave Seke. Abbiamo passato il lookdown insieme in un albergo per tre mesi con gli altri attori, ho trovato amici autentici ognuno supportava l'altro".

Una storia, quella di Zero, in cui si affrontà anche il tema del razzismo e dell'integrazione in Italia. Questioni che Mbandà conosce bene: nel 2019 venne insultato in strada a Milano da un automobilista assai razzista e anche molto miope che si rese conto del grosso errore che aveva commesso quando vide Maxime uscire dall'auto. La sua fuga a tutto gas da quel parcheggio resta nei video a disposizione delle forze dell'ordine milanesi. Un episodio amarissimo raccontato da Maxime con un lungo post su Facebook.  

Le Zebre i diritti umani

E, infine, Maxime Mbanda gioca nelle Zebre di Parma, una delle due franchigie (l'altra è il Benetton Treviso) in cui il rugby italiano riunisce i giocatori migliori per competere esclusivamente nelle coppe europee. Proprio le Zebre, sempre in prima linea nell'impegno sociale, hanno ricevuto una menzione in occasione del premio 'Sport e Diritti Umani' per l'adesione alla campagna per la liberazione di Patrick Zaki e l'esposizione degli striscioni allo stadio Lanfranchi di Parma. Il riconoscimento, di Amnesty International Italia e Sport4Society, viene conferito dal 2019 ad atleti, società o organizzazioni sportive per una scelta o un gesto simbolico o concreto di grande significato, a favore dei diritti umani. Quest'anno è stato premiato l'ex calciatore Claudio Marchisio, ma una menzione speciale è andata alla franchigia federale di Parma. «Zebre Rugby Club - ha scritto la giuria presieduta dal giornalista Riccardo Cucchi - è una squadra consapevole del proprio ruolo pubblico, pronta a schierarsi in favore dei diritti e per l'inclusione. Non ha sorpreso affatto quindi, dopo il calendario contro l'omofobia e altre iniziative solidali, l'adesione alla campagna 'Libertà per Patrick Zaki', l'esposizione degli striscioni nello stadio Lanfranchi di Parma e l'invito incessante ad aderire all'appello e alla campagna di Amnesty International per la scarcerazione dello studente egiziano dell'Università di Bologna».

Paolo Ricci Bitti

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