Locatelli di Masterchef: «Bullizzato nelle cucine del Savoy perché sono italiano»

Nella sua Locanda Locatelli, il ristorante londinese, ha una lunga lista di clienti famosi: da Carlo e Camilla a Madonna

Giorgio Locatelli, il giudice di Masterchef: «Da giovane fui bullizzato nelle cucine del Savoy. Tra i miei clienti anche re Carlo»
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Martedì 11 Ottobre 2022, 09:44 - Ultimo aggiornamento: 12:53

Giorgio Locatelli,  giudice di MasterChef, è lo chef italiano più famoso in Gran Bretagna. Nella sua Locanda Locatelli, il ristorante londinese, ha una lunga lista di clienti famosi: «Carlo, che è venuto una volta con Camilla quando era ancora principe di Galles. E poi  William che è venuto due o tre volte con Kate». Lo racconta lui stesso in un'intervista al Corriere della Sera. 

E non si tratta solo di teste coronate. «Abbiamo un bel po’ di vip: vengono qui perché non ne parliamo, non abbiamo mai chiamato un fotografo. L’altra sera c’era qui Madonna con i figli: ha mangiato pasta, ma vegana».

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Gli episodi di bullismo

Eppure gli inizi a Londra non sono stati facili: lui è arrivato nel 1985 alle cucine del Savoy, il mitico hotel sullo Strand, «e lì mi bullizzavano — racconta — eravamo wop (un insulto razzista riservato agli italiani, un po’ come dire negro), ti dicevano tutti i giorni “fottuto wop”».

Ormai ha preso la cittadinanza britannica. «Mia moglie (l’inglese Plaxy) dice sempre: non avremmo mai potuto realizzare in Italia quello che abbiamo fatto qui, non ci avrebbero mai prestato i soldi. Il sistema britannico dà più importanza all’imprenditorialità: qui c’è meritocrazia, mentre dell’Italia mi dà fastidio il nepotismo».

 

«La Brexit è un disastro»

Londra negli ultimi anni si è molto italianizzata nello stile di vita, grazie anche a una nuova cultura del cibo introdotta anche da personaggi come Locatelli. Un meccanismo virtuoso che negli ultimi tempi si è però inceppato a causa della Brexit: «Nell’ultimo anno c’è stata una ritirata — lamenta Locatelli — tante aziende si rifiutano di mandare le cose, è diventato difficile». Cui si aggiunge la questione del personale, del talento dei giovani: «Il sistema dell’Erasmus funzionava benissimo, avevamo qui i ragazzi delle scuole alberghiere. Ora Londra è meno aperta per i giovani, a Copenaghen, Berlino, Barcellona il fervore è molto più alto. C’è stata una chiusura, per i ragazzi italiani è complicatissimo, devi fare il visto. Questa Brexit è un disastro».

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