Gigi Proietti, l'ultimo regalo del re di Roma: esce "Ndo cojo cojo"

Gigi Proietti, l'ultimo regalo del re di Roma: esce "Ndo cojo cojo"
di Gloria Satta
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Sabato 17 Aprile 2021, 07:06 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 10:25

C'è la Roma di ieri, che «è doveroso ricordare», con i suoi tipi umani, riti, storie e luoghi irripetibili: Er Ciofeca, Tito, Marmitta, Torquato, il barbieretto dove la rasatura è un pretesto per capire gli umori del mondo, il night in cui ciondolano Er Chiodo, Provolone, Moro e alle 2 di notte il cantante, con il maglione a collo alto tirato fino agli occhi per scimmiottare i francesi, attacca inevitabilmente Le Foglie morte. C'è la Roma di oggi con il traffico, la monnezza (ma «so' anni che ne parlamo»), Marc'Aurelio («è tornato ar Campidoglio ma dice che nun è l'originale»), l'allestimento di Medeo ner Colosseo come espressione di cultura alta, roba «pe' palati fini». C'è Il Messaggero, l'amato giornale che ha ospitato la sua firma per tanti anni. E c'è soprattutto lui, Gigi Proietti, romano vero, gigante dello spettacolo e funambolo della parola scomparso il 2 novembre scorso nel giorno dell'80mo compleanno, nelle 228 gustosissime pagine di N'do cojo cojo - Sonetti e sberleffi fuori da ogni regola, il libro che uscirà da Rizzoli il 20 aprile.

 


I DISEGNI


Si ride, si pensa, ci si commuove perfino. Si tratta di una raccolta di 80 sonetti, molti dei quali pubblicati sulle pagine del nostro giornale tra il 1997 e il 2020, 15 poesie, canzoni (compresa la leggendaria Nun me rompe er ca), riflessioni su Roma e sul mondo.

Il volume è stato curato da Sagitta Alter, la moglie dell'attore e, arricchito dai disegni di Gigi stesso, compreso un autoritratto in bianco e nero, contiene molte illustrazioni di Susanna Proietti, la maggiore delle sue due figlie.

LEGGEREZZA


Un materiale vastissimo, all'insegna della leggerezza e al tempo stesso di notevole profondità, recuperato tra le carte dell'attore. «Ebbene, sì. Confesso. Sì, scrivo roba in versi. Mi dichiaro rifugiato poetico», scrive Gigi e racconta, ovviamente in rima, il giorno in cui venne arruolato tra le firme del nostro giornale che, chiuso nel feretro con lui, avrebbe poi accompagnato il suo ultimo viaggio: «Vabbè, che devo fa?». «Lo spazio è stretto. E dovrebbe tenesse sur leggero. Magari, perché no?, quarche sonetto... Ce servirebbe tanto ar Messaggero!».

PROTESTA


C'è un po' di Belli e un po' di Pasquino, nelle pagine di 'Ndo cojo cojo. «Il sonetto a Roma è stato per lunghissimo tempo una forma di comunicazione popolare per contestare il potere», spiega il cittadino Proietti che affronta alla sua maniera il cinismo della politica, il famoso «Pilus Parlamentaris», parla di Berlusconi, D'Alema e immigrazione, commenta il perdurare delle differenze sociali: «I poveri di prima sono i poveri di adesso. Non bisogna stupirsi se nel Paese alcuni tentano di strappare qualche lira in più dalle iniziative assistenziali governative ricorrendo a ogni mezzo. Fanno benissimo. E non li chiamate furbetti, sono stati allevati così». Gigi celebra quindi il dialetto romano «per cui dovrebbero ringraziarci»: ha infatti una marcia in più perché regala lo strumento della sintesi. «Invece di dire Sono stato particolarmente sfortunato in quella circostanza, uno dice M'ha detto pedalino. Oppure: M'ha detto zella, se fa' prima». Conclusione lapidaria, definitiva: «Roma è sintesi de tutto».


LA PERNACCHIA


Il feroce disincanto dei romani trova poi l'apoteosi nell'aneddoto del Tenente Sheridan, l'infallibile investigatore interpretato alla tv in bianco e nero dall'attore Ubaldo Lay che un giorno, ospite d'onore in un Palazzetto dello Sport gremito di fan, riceve una sonora pernacchia mentre una voce ignota si leva dalla folla: «Ah Sherida, mo' indovina chi è stato!». Non manca, nel libro, la storiella del Cavaliere Bianco e il Cavaliere Nero, uno dei cavalli di battaglia di Gigi che ribadisce «il teatro è come una bomba a orologeria, tutto deve funzionare, tutto deve essere perfetto» e in versi racconta la riapertura del Brancaccio precedente alla fondazione del Globe.


COMMEMORAZIONI


'Ndo cojo cojo contiene anche i sonetti scritti dall'attore per la morte di Alberto Sordi, per Vittorio Gassman, per Paolo Panelli, per «Giggi» Magni. E si chiude con una riflessione sul lockdown: «Roma è triste. Roma è immobile. Roma me mette paura. Roma è spettrale. Roma è morta? No, Roma se riposa».

 

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