Gigi Proietti, l'ultima "mandrakata" nel giorno dei suoi 80 anni: oggi è morta Roma

Gigi Proietti, l'ultima "mandrakata" nel giorno dei suoi 80 anni: oggi è morta Roma
di Mario Ajello
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Lunedì 2 Novembre 2020, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 20:13

Oggi è morta roma, ciao Gigi. C’è chi scrive così sui social. Chi afferma che era meglio lui di Sordi, proponendo un derby tra due grandissimi. Chi lancia l’idea di fargli una statura equestre da piazzare accanto di quella di Garibaldi sul Gianicolo anche se Proietti diceva:”Io un monumento? Ma non so manco anda’ a cavallo!”. Era innamorato di Roma e Roma era innamorata di lui. L’ultima mandrakata di Gigi è andarsene così, di botto. Proprio mentre la sua città, in un momento difficile causa virus, ha particolarmente bisogno di figure come lui, presenti e rassicuranti, punti di riferimento veri per una comunità a cui stanno venendo meno - si pensi anche alla morte di Ennio Morricone - i grandi maestri. Proietti è stato un artista capace di parlare a tutti e di trasmettere ai romani quel senso di forza e di futuro, basato sulla tradizione, sulla profondità della conoscenza della storia e sulla capacità di dialogo ad ogni livello - alto e basso, se si vogliono usare le gerarchie culturali - con gli spettatori non intesi come pubblico ma come persone.

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L’empatia del romano aveva Gigi, venata di scetticismo ma non di cinismo, fatta di ironia e sapienza che, nei casi migliori come il suo, è il marchio di una città la quale lungo la sua esistenza ne ha viste tante e le ha superate tutte.

Convivevano millenni di civiltà in Proietti e questo suo respiro largo - che evidentemente gli faceva male al cuore - lo ha reso un grande personaggio nazionale ma profondamente radicato qui. Quasi fosse - dopo e anche prima di interpretare a teatro I sette re di roma - l’ottavo sovrano dell’Urbe. Colto e pop come si addice ai migliori. Assai romano e poco romanesco. Con un approccio disincantato, ma profondamente bonario, alle cose del mondo, compresa la sua professione: “Ringraziamo Iddio, noi attori abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d'infanzia fino alla morte, che nel teatro si replicano tutte le sere".

E così, da quirita stile Giuseppe Gioacchino Belli, giocava magistralmente a fare Petrolini e ambientava Shakespeare nel cuore di Roma, a Villa Borghese. Ed era partito da una cantina in Prati - lui era nato in via Giulia, “uno dei posti più belli di Roma ma in questa città ‘ndo cogli cogli c’è l’imbarazzo della scelta” - in cui recitava Brecht e gli stornelli romani. E da allora non ha mai smesso di celebrare la capitale, di cantarla, dedicargli poesie, monologhi, personaggi, scherzi e riflessioni anche amare. Il 21 aprile, giorno del Natale di Roma che quest’anno non si è potuto celebrare, aveva detto: “Gli aggettivi su Roma in lockdown a volte non mi sono piaciuti. La ‘Roma spettrale', la ‘Roma moribonda'. No, è solo che Roma se riposa, ne ha diritto, perché è stanca. Questo compleanno festeggiamolo rispettandola”. Il rispetto per Roma e il bisogno intimo e civico di vederla sempre grande sono stati i tratti più ammirevoli dell’arte di Proietti. Perciò, ora che è appena andato nell’aldilà, da quaggiù gli vengono inviate via social raccomandazioni come questa: “Gigi, in cielo avrai di certo già conosciuto San Pietro. Chiedi una mano anche a lui perché Roma torni ad essere Roma”.

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