Gigi Proietti, veniva al Messaggero per studiare la cronaca e portare i suoi sonetti

Gigi Proietti, veniva al Messaggero per studiare la cronaca e portare i suoi sonetti
di Leonardo Iattarelli
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Martedì 3 Novembre 2020, 07:37

Viveva nella sua Roma come se l'avesse sempre in saccoccia, pronta all'uso: una cartina perfetta che conteneva il dialetto nobile della città eterna, da Pascarella a Trilussa, da Petrolini alle irriverenti pasquinate. La storia della metropoli, che «non è più quella di una volta, ma c'è sempre tempo per sperare», la raccontava tra poesia e stornelli in rima baciata. E in tasca aveva anche, sempre, il suo giornale, Il Messaggero.
La sua difesa del romanesco era ferrea, indistruttibile, come l'amore per le tante maschere di una romanità che abbracciava vecchio e contemporaneo. Proprio sul nostro giornale, Gigi ha tenuto per 15 anni, a partire dal 1° marzo 2000, una preziosa rubrica di sonetti, i cosiddetti Versacci, che spesso inviava dalla sua casa ma a volte era proprio lui a portarli in redazione, con quell'eleganza timida che pian piano diventava risata, battuta, ricordo, confidenza.
La nostra collega scomparsa, titolare per decenni della critica teatrale, Rita Sala, la chiamava Core mio e per noi redattori e amici appena sbucava dal corridoio, iniziava la festa. Scriveva di Er vero, er farzo, er finto, o del Derby di 2500 anni fa o ancora Roma è na sintesi fino al ricordo di Sordi, intitolato semplicemente Ad Alberto, come si addice alle dediche destinate a chi fa parte della tua anima.

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Guai a chiamarlo maestro, lanciava un'occhiataccia.

Una volta capitò che parlasse del mestiere, non del suo, ma di quello del giornalista, che riteneva assai nobile. Fu proprio allora, forse, che gli nacque l'idea per quello che più tardi sarebbe diventato il suo Bruno Palmieri, il cronista di nera protagonista della serie tv Una pallottola nel cuore, girata proprio nelle stanze del Messaggero e trasmessa su Rai1 dal 27 ottobre 2014 al 16 ottobre del 2018. Chiese a Rita Sala: «Qual è, Core, il segreto vero del giornalista?» e lei gli rispose pronta: «Un'agenda bella grande, di carta spessa. Niente roba elettronica. Da tenere come una reliquia religiosa con tutti i numeri di telefono che servono come il pane».


PROGETTI
E lui seguì il consiglio. Parlava di progetti, come la creazione di quella che avrebbe voluto chiamare Radio Raccordo Anulare: «Perché i romani devono conoscersi, non isolarsi. C'è bisogno di contatto» diceva. E l'idea era di metterla in mano ai giovani, come il Globe Theatre a Villa Borghese. Era fiero di vedere «tutti questi ragazzi che, a prezzo ridotto, sono riuscito a portare a teatro a seguire Shakespeare». Anche a Bruno Palmieri, aveva regalato l'aria sorniona e il disincanto del romano verace. Il giornalista custodiva un segreto: aveva una pallottola vicino al cuore. Tanti anni prima qualcuno gli aveva sparato alle spalle. Cercare di rimuoverla sarebbe stato rischioso. Oggi, ripensando a quel cuore malandato che s'è portato via Gigi, quella pallottola assume un significato particolare. Il suo camerino era spesso improvvisato: una volta si cambiò d'abito proprio all'entrata del Messaggero, sulla destra, davanti alla collezione dei giornali. Un nobile spirito libero: «Che c'avete da guardà?», rideva. Ed era già spettacolo.

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