Vialli morto a 58 anni, era in cura da 5 anni per un tumore al pancreas. Che cosa ha rappresentato per il calcio

Il 14 dicembre aveva annunciato il suo momentaneo ritiro dagli impegni con la Nazionale per motivi di salute

Vialli morto a 58 anni, era in cura da 5 anni per un tumore al pancreas. Che cosa ha rappresentato per il calcio
di Andrea Sorrentino
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Venerdì 6 Gennaio 2023, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 11:00

Ormai era un londinese italiano da un quarto di secolo, e a Londra, al Royal Marsden Hospital dove era ricoverato da tre settimane, se n’è andato Gianluca Vialli, ad appena 58 anni. Era nato a Cremona il 9 luglio 1964. Lascia la moglie Cathryn e due figlie, Sofia e Olivia. Si è arreso a un tumore al pancreas, uno tra i più infidi, diagnosticato nel 2017 e affrontato con un misto di ironia, coraggio e malinconia per la vita che rimarrà indimenticabile. I funerali si svolgeranno a Londra in forma privata, in dato e luogo che verranno tenuti segreti. Era stato attaccante di Cremonese, Samp, Juve e Chelsea, oltre che della Nazionale, poi allenatore.

La sua morte segue di 21 giorni quella di Sinisa Mihajlovic, lui per leucemia, un altro degli eroi del calcio italiano degli anni ‘80 e ‘90, quelli della grande serie A.

Piangono tutti, molti in tv mentre rilasciano una dichiarazione, i compagni di Vialli in carriera; scoppia a piangere in Inghilterra Graeme Souness, che aveva giocato con lui nella Samp. È infatti vivissimo il cordoglio anche nel Regno Unito: la Bbc e le altre emittenti britanniche hanno coperto la notizia con lunghe dirette. Piangono anche i giornalisti che hanno seguito da vicino le sue imprese, perché si trattava di un uomo notevole, intelligente, acuto, mai banale, di quelli che lasciano traccia ed è valso la pena conoscere: il cuore sanguina, se ne vanno pezzi di noi e delle nostre vite, e così presto. 

Vialli, i funerali a Londra in forma privata (con data segreta). A Cremona l'idea di intitolargli lo stadio

L’ESEMPIO

Era un campione, un uomo sensibile e un leader carismatico, simbolo leggiadro e sorridente dell’under 21 di Vicini, della Nazionale maggiore e della grande Samp, e un esempio per le generazioni a seguire, e infatti un «esempio vivente per la Nazionale» era considerato Vialli dagli azzurri nell’Europeo vinto appena 18 mesi fa, quando Luca, da accompagnatore ma anche factotum, consigliere del ct Mancini e confidente dei giocatori, era stato un indiscutibile valore aggiunto, e chissà con quale tumulto nel cuore. Fa male, adesso, pensare all’abbraccio tra Vialli e il Mancio a Wembley a finale appena vinta, due amici felici, due cuori e un’anima da trent’anni prima. Un abbraccio che valeva una vita. E povero Roberto Mancini, anche lui: in pochi giorni ha perso due amici fraterni, Sinisa e Luca. Il destino si abbatte sugli umani con fragore da fine del mondo.

 

LA MALATTIA

Il 14 dicembre scorso Vialli aveva annunciato di dover lasciare la Nazionale per sottoporsi a un ciclo di ulteriori cure, dopo quelle iniziate cinque anni fa. Ma poi è entrato in clinica, e non c’è stato più niente da fare contro il male che ha fronteggiato per 5 anni, e che si è riproposto con sempre maggiore aggressività, nonostante operazioni e lunghi cicli chemioterapici. Tra Natale e Capodanno aveva ricevuto la visita di tanti amici, da Roberto Mancini a Ciro Ferrara e a Massimo Mauro, e dei familiari, compresa la mamma Maria Teresa di 88 anni, e dei suoi quattro fratelli; il lutto colpisce anche suo papà Gianfranco, che di anni ne ha 92. Luca era il quinto figlio, «quello non programmato», di una famiglia assai benestante di Cremona. Abitavano tutti nella villa di campagna, anzi un castello, a Grumello. È stato un campione in campo, acrobatico, veloce e flessuoso nella prima parte della carriera, culminata con lo scudetto alla Sampdoria nel 1991, uno degli appena tre, negli ultimi 31 anni, a essere uscito dall’asse Milano-Torino (gli altri li vinsero Lazio e Roma). Poi alla Juve, nella seconda parte della carriera, divenne sempre più potente e moderno, e fu Champions League, da capitano, a Roma nel 1996. E una testa pensante sempre, intelligente, uno che chiedeva e faceva domande agli allenatori, analitico e petulante anche, e uno dei primi calciatori a «bucare» la tv.

Amava la dialettica, celebre il suo scontro con Arrigo Sacchi ct azzurro, e la sua rinuncia ai Mondiali 1994. Poi se ne andò a Londra, e mise radici lì, e intanto divenne apprezzato commentatore televisivo su Sky. Fu l’unico ex calciatore a fare il tedoforo per la torcia olimpica di Torino 2006. Negli ultimi anni si era allontanato dal calcio, faceva l’imprenditore, rientrò solo per la chiamata di Roberto Mancini in Nazionale, ma poi tornava alle sue occupazioni: tra i rimpianti, quello di non essere riuscito mai ad acquistare la sua amata Sampdoria, nonostante i tentativi. Infine la malattia si era ripresentata in modo devastante, e l’ultimo anno è stato un calvario. La serie A lo ricorderà con un minuto di silenzio prima delle gare, ieri sono arrivati omaggi da tutto il mondo, dalla Fifa alla Premier League, Allegri e Mourinho hanno osservato un minuto di silenzio prima dell’allenamento, e come loro molti altri. Cremona dedicherà il suo stadio, lo “Zini”, a Vialli. Ed è solo l’inizio: Luca ha lasciato il segno e sarà ricordato per sempre, perché gli eroi sono giovani e forti in eterno, nel cuore di chi li ha amati.
 

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