Ferrero arrestato: gli affari, il cinema e la galera. La vita da strada di “Viperetta”

Da Testaccio a Hollywood, la scalata del ragazzino che consegnava carne

Ferrero arrestato: gli affari, il cinema e la galera. La vita da strada di “Viperetta”
di Mario Ajello
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Martedì 7 Dicembre 2021, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 12:23

«I film in bobina, come si sa, in gergo si chiamano pizze. Quello che invece non si sa è che i film, almeno i miei, prima di essere prodotti sono caciotte. O mozzarelle, pecorini, caciocavalli». Questa non è una battuta del Viperetta, ma la realtà. Perché Massimo Ferrero ha fatto il produttore cinematografico grazie ai caseifici dell'ex moglie Laura. E con i quali, così ha sempre raccontato, «siamo i primi esportatori di caciotte negli Stati Uniti». Ma quando lo chiamano «caciottaro», il romanissimo e testaccino presidente della Sampdoria finge di offendersi.

Ferrero, la vita da strada di “Viperetta”

 

Al soprannome Er Viperetta dice di essersi abituato e quasi se lo coccola come un vezzeggiativo: «Io non faccio male a una mosca».

Sostiene che il nomignolo sia un'affettuosità inventata da Monica Vitti, ma sono in pochi a credergli. «Le vipere uccidono, tu fai solo del bene e sei simpatico e pittorescoooo», gli dice sempre il suo amico Sylvester Stallone. Ferrero è proprietario del cinema Adriano di Roma e controlla 60 sale cinematografiche in Italia, per lo più acquistate a poco prezzo dal gruppo Cecchi Gori come del resto a poco prezzo meglio: a titolo gratuito, accollandosi i 15 milioni di debiti ha rilevato il club blucerchiato dai Garrone. «Vengo dal nulla e ho comprato la Sampdoria perché dopo di lei c'è il nulla», diceva di sé presentandosi l'imprenditore, che, sin da bambino, tifa per la Roma. Coltiva da sempre il sogno di comprarla (ma con quali soldi?) e al tempo della vecchia proprietà i suoi fan appesero striscioni in mezzo alle strade: «Pallotta vattene, Roma vuole Ferrero».

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I SOPRANNOMI
Ora si ironizza nei bar, specie quelli intorno a Piazza Cavour dove lo conoscono tutti: «Er Viperetta è diventato Er Gabbietta». Ma in carcere, quella volta minorile, il discusso e vulcanico patron della Samp - figlio di un autista di bus e di una venditrice ambulante tra Piazza Vittorio e altri mercati - già andò da quattordicenne. E racconta così il fattaccio: «Mi piaceva solo il cinema e scappavo sempre dai libri per andare a Cinecittà. Non rubavo e non stupravo. È solo che stavo con la figlia di un vigile urbano ma il padre non voleva quella relazione perché era matto di mente. Mi ha fermato con il motorino, mi ha urlato contro, gli mollato uno schiaffo. E mi ha portato in galera». Adesso Er Viperetta ha 70 anni e suo curriculum vitae annovera tante pellicole anche impegnate (non solo Tinto Brass) come «Mery per sempre» e «Ragazzi fuori». Ma prima, sognava di fare il ballerino. «La domenica andavo a ballare il tip tap al Bar Veneto». Ma si manteneva facendo il «macellaretto, portava la carne nelle case. Avevo un amico con una bicicletta con il portapacchi e gliel'ho rubata». Da lì, racconta, la sua fortuna: «Una Fiat 1.100 comincia a suonarmi. Era l'aiuto regista di Blasetti che mi consigliava di andare al Palatino dove sceglievano delle comparse. Blasetti mi vede e mi fa: Sei capace di fischiare?. Dotto' è il mestiere mio».

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Diventò una comparsa e da allora piano piano la scalata, fino a diventare ispettore di produzione con i maggiori registi italiani («Pure con Nanni Moretti ho lavorato, e con Fellini») e infine produttore. L'ex moglie lo ha denunciato per truffe e minacce, mentre adesso è legato a Manuela Ramunni. Ha quattro figli: Vanessa (anche lei arrestata), Michela, Emma e il piccolo Rocco. In passato ha tentato una spericolata avventura con la compagnia aerea Livingston, specializzata in charter nelle isole caraibiche, creando un buco da 20 milioni di euro e alcune disavventure giudiziarie, concluse patteggiando una pena di un anno e 10 mesi proprio per bancarotta fraudolenta. Altri guai sono arrivati nel 2016 quando è stato accusato di abusi edilizi nel suo attico ai Parioli, un immobile che peraltro era stato posto sotto sequestro per ragioni fiscali.

 

Per lui una condanna a 4 mesi di reclusione. Più recenti le accuse inerenti il caso Obiang: oltre un milione ricavato dalla vendita del calciatore, nel 2015, sarebbe stato distratto da Er Viperetta in modo illecito per fini privati. Nel 2014, ha consigliato a Massimo Moratti di cacciare «quel filippino»: ovvero il presidente indonesiano dell'Inter Erick Thoir. «Io sono fatto così, so' un regazzo de strada...», si vanta. Ma soprattutto è un personaggio da film e quello che gli si addice meglio in questa fase lo firmò Bernardo Bertolucci con lui in veste di direttore di produzione nel 1981: «La tragedia di un uomo ridicolo».
 

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