Fabiola Gianotti, dal tenente Sheridan alla guida del Cern: «Così sveleremo i segreti dell'Universo»

Arriva il docufilm Rai che racconta lati inediti della fisica italiana

Fabiola Gianotti, dal tenente Sheridan alla guida del Cern: «Così sveleremo i segreti dell'Universo»
di Riccardo De Palo
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Lunedì 6 Febbraio 2023, 10:37

Fabiola Gianotti, 62 anni, è dal 2016 direttrice generale del Cern di Ginevra, primo direttore a ricoprire per due mandati questo ruolo, fino al 2025. Dopo aver conseguito il dottorato in fisica sub-nucleare, presso l'Università Statale di Milano, è entrata a fare parte del Cern nel 1987 lavorando su vari esperimenti. Il 4 luglio 2012 ha annunciato, come capo del progetto Atlas al Large Hadron Collider (LHC), assieme a Joe Incandela, capo progetto dell'esperimento CMS, la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs. Tra i riconoscimenti della Gianotti, il Breakthrough Prize in Fundamental Physics, il Premio Enrico Fermi della Società Italiana di Fisica, l'Ambrogino, il Nonino. Nel 2020 Papa Francesco l'ha nominata membro della Pontificia accademia delle scienze. Numerose, anche, le lauree honoris causa a lei conferite.

Fabiola Gianotti bambina


«Qual è la nuova frontiera della fisica? Capire di che cosa è fatta la materia oscura che costituisce circa il 25% dell'universo, risolvere numerosi misteri legati al bosone di Higgs, rispondere ad altre questioni aperte in fisica fondamentale». Fabiola Gianotti ha appena presentato, nella sede Rai di viale Mazzini, il documentario a lei dedicato, Alle origini del nostro futuro, on demand su Raiplay dopo la prima tv di venerdì scorso. Il programma - scritto da Chiara Avesani con la collaborazione di Guido Barlozzetti, diretto da Matteo Delbò e prodotto da Rai Documentari - mostra molti lati inediti della scienziata che dal 2016 dirige il Cern di Ginevra, e ha diretto uno dei due esperimenti che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs.

Le immagini di lei bambina, che interpreta uno sceneggiato della serie Il Tenente Sheridan, il ricordo di Veronica Pivetti, che con lei ha mosso i primi passi come doppiatrice - «avevo sei anni, lei forse otto, e la vedevo già come una veterana» - gli studi classici, la passione per la musica, la danza, il pianoforte, e quell'incertezza - «scelgo chimica? Oppure fisica?» - che si protrasse fino a pochi minuti prima dell'iscrizione all'Università Statale di Milano.


Davvero voleva fare la ballerina classica?
«Se lei mi avesse chiesto, quando avevo sedici anni, cosa volevo fare, avrei risposto: tutto. Mi piacevano il greco, il latino, la danza, il pianoforte, il doppiaggio, la fisica... Ma poi nella vita bisogna fare delle scelte. Oggi suono quando ho tempo. Il doppiaggio mi ha consentito di avvicinarmi al teatro e al cinema, altre mie passioni. E poi, alla fine, ho deciso di specializzarmi nella fisica».


Lei è amica del grande violoncellista Yo-Yo Ma: nel documentario lo si vede suonare al Cern. Cosa lega l'arte alla scienza, la musica alla fisica?
«Sono entrambe tra le espressioni più alte della creatività e della curiosità umane. La fisica si basa su leggi fondamentali che hanno degli aspetti di simmetria, estetici; e la musica si basa sull'armonia, la fisica dei suoni ha regole matematiche che Bach, per esempio, seguiva rigorosamente».


Studiare fisica l'ha portata al Cern, e poi nel 2012 alla scoperta del bosone di Higgs. Come si è sentita, il giorno dell'annuncio del Nobel?
«È stata per tutti noi al Cern una grande soddisfazione, che Peter Higgs e François Englert abbiano ricevuto il premio Nobel. Tra l'altro, nella motivazione dell'Accademia delle scienze svedese il Cern e due degli esperimenti del Large Hadron Collider, Atlas e Cms, sono stati citati. È stata veramente una grande gioia».


Quali sono i prossimi obiettivi della fisica?
«Un obiettivo molto importante è cercare di capire il cosiddetto dark universe
, ovvero di che cosa siano fatte la materia oscura e l'energia oscura che permeano l'Universo. Se la materia oscura fosse composta di particelle pesanti, potremmo produrla nelle collisioni dei fasci di LHC; e se invece fosse fatta di particelle estremamente leggere, servirebbero altri tipi di approcci sperimentali».


Il bosone di Higgs è un capitolo chiuso?
«Assolutamente no. Il bosone di Higgs è una particella ancora misteriosa. Si tratta di una particella elementare, o composita? Attraverso quale meccanismo nell'Universo primordiale si è creato il campo di Higgs che ha permesso alle altre particelle di avere massa? Questo non lo si è ancora capito. Esistono altri bosoni di Higgs, dei fratelli più pesanti di quello che abbiamo appena scoperto?»


L'ultimo vostro traguardo, l'anno scorso, è stato la collisione a massima energia finora effettuata. Contate di trovare nuove particelle?
«Non lo sappiamo, ma più alta è l'energia delle collisioni, maggiori sono le probabilità di scoprire particelle pesanti».


Molta tecnologia del Cern prima non esisteva. Come avete fatto?
«Quando abbiamo deciso di costruire il Large Hadron Collider (il più potente acceleratore mai costruito, all'interno di un tunnel ad anello lungo 27 km) abbiamo dovuto sviluppare in laboratorio tecnologie di punta in molti campi, che abbiamo poi trasferito all'industria. Spesso la ricerca di base accelera lo sviluppo di tecnologie a vantaggio della società».


Il vero nemico della scienza è la proliferazione di fake news? Quando il Cern iniziò la sua attività ci fu persino chi temeva che avreste creato un buco nero...
«Credo sia molto importante che noi scienziati comunichiamo la scienza nella maniera più semplice e accessibile a tutti. Poi magari ci sono persone che non si lascerebbero convincere neanche da evidenze sperimentali schiaccianti, e continuano a credere che la terra sia piatta».


Il Cern è una specie di grande famiglia?
«L'ambiente di lavoro diventa spesso una seconda famiglia, quando si lavora tutti insieme animati da una stessa passione. Il Cern è un esempio di collaborazione a livello mondiale, abbiamo 16mila scienziati di più di 110 nazionalità, alcuni di questi vengono da Paesi che sono in guerra e da noi lavorano assieme. Il Cern è un luogo che contribuisce a creare pace».


Lei è stata confermata alla guida fino al 2025. Cosa direbbe a quelle donne che, ispirate dal suo lavoro, sognano di diventare scienziate?
«Che la scienza è bella e utile. Studiando non resteranno deluse, saranno molto gratificate nel capire come funzionano le cose e nel vedere l'impatto che la scienza ha nell'affrontare le sfide odierne, come il cambiamento climatico, l'ambiente e la salute. Il problema del covid è stato risolto soprattutto grazie ai vaccini sviluppati in tempi record, che venivano da un'idea della ricerca di base».


È vero che leggere una biografia di Marie Curie a 17 anni fu determinante per lei? Ha faticato a imporsi, allo stesso modo della prima studiosa premiata con il Nobel, in quanto donna?
«Erano altri tempi, quelli di Marie Curie. Io ho avuto fortuna, non ho avvertito pregiudizi nei miei confronti, ma so che non è sempre così. Alcune mie amiche e colleghe hanno avuto difficoltà maggiori e poi quando si è minoritari in un mondo prettamente maschile - le donne nel mio campo sono il 20 per cento - ci si sente sempre sotto esame».

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