Ezio Bosso, l'ultima intervista al Messaggero e quel concerto ad agosto: «La bellezza è una necessità»

Ezio Bosso, l'ultima intervista al Messaggero e quel concerto ad agosto: «La bellezza è una necessità»
di Simona Antonucci
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Sabato 16 Maggio 2020, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 16:03

Ezio Bosso, poco prima di morire, ha rilasciato lunedì l’ultima intervista a Il Messaggero. Ha annunciato il suo ritorno all’Arena di Verona, dopo il debutto trionfale dello scorso anno con i Carmina Burana, nell’ambito del progetto “Nel cuore della Musica”, ideato per l’estate del Covid19 dalla sovrintendente Cecilia Gasdia.

«Sogno Beethoven, la Nona, con l'orchestra al centro di un'immensa platea», spiega il maestro Bosso con passione, presentando il concerto che si sarebbe dovuto svolgere ad agosto all'Arena di Verona, per rompere il silenzio che ha segnato i teatri del mondo in questi ultimi mesi «e un coro disteso, tutto intorno, quasi ad abbracciare i musicisti. Il suono sarà speciale, nuovo, come la situazione in cui ci troviamo a suonare».

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Maestro Bosso, per l'orchestra sarà una disposizione inedita. Anche il suono sarà inedito?
«Sarà un'esperienza nuova. La musica è sempre nuova. E sarà bellissimo. Ogni allestimento è diverso dall'altro. Quanto ai musicisti, la posizione cui siamo abituati è recente. Siamo tutti un po' viziati da un gusto di fine Ottocento. Le disposizioni un tempo erano differenti e poi l'orchestra sempre si adatta ad uno spazio con umiltà. Ma aldilà del suono, la cornice sarà incredibilmente suggestiva. E simbolica. Una ripartenza, dalla bellezza. Si è discusso tanto, in questi mesi, sul diritto alla salute, al lavoro, ai parchi e alle spiagge. Noi suoneremo per ricordare che la bellezza è una necessità oltre che un principio di diritto. L'arte è necessaria per vivere».

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Esiste un repertorio che si presta maggiormente alla situazione?
«Non esiste un repertorio più adatto. Esistono tanti brani che possono essere simbolici. Esiste un concerto costruito intorno a una narrazione. Come sempre mi piace fare tutto».

Oltre a Beethoven, lei ama molto Mozart: lo ha previsto in scaletta?
«Mi sento figlio di tutti e come dico sempre, siamo tutti nipoti di Bach. Vediamo. Deciderò insieme con la sovrintendente che si è battuta sin dal primo giorno per non spegnere la luce dell'Arena».

La musica è una necessità. Nei giorni di isolamento sono state le note a farci uscire virtualmente dalle case con i cori dai balconi, i concerti online. Lei ha partecipato?
«No. Mi sono rifiutato. Tutti gli eventi estemporanei cui assistiamo rischiano di diventare molto pericolosi. Perché veicolano il messaggio che la musica si possa fare con una chitarra in mano davanti a un telefono. Capisco lo sfogo di questi giorni. Le esplosioni di emotività. Ma sono profondamente contrario all’idea che il suono sia distrazione. La musica è una produzione alta».

L'assenza di pubblico dal vivo, che può applaudire o fischiare, ha dato il via libera a ogni tipo di performance?
«Il gradimento del pubblico si può esprimere anche con i like. Non è questo il punto. La musica non è un quadro da museo. Un concerto nasce dopo giorni di prove e duro lavoro, la presenza degli spettatori cambia addirittura il suono. Se in questo momento è complicato esibirsi dal vivo, allora torniamo in sala di registrazione, inventiamo contenuti di eccellenza e differenti, sfruttando lì le nuove tecnologie».

Il Governo si sta muovendo nella direzione giusta per sostenere la ripartenza della cultura?
«Non sono un politico. Per dare una linea serve uno sguardo complessivo. Penso però che la cultura sia parte integrante del benessere del Paese e non un accessorio cui si può usufruire da casa. Una sinfonia non si può fare con dodici violini ognuno nel suo salotto. Non si può mistificare la realtà. Non si può normalizzare una vita non normale. Siamo in un'emergenza sanitaria globale. È vero. Ma bisogna studiare il modo di rimettere insieme i corpi artistici e dare una visione del futuro. E non la sensazione che al momento il futuro non ci sia più».
 

 


Si sente ripetere che questi giorni di isolamento siano serviti anche a nuove riflessioni...
«Non diciamo idiozie. L'introspezione è una pratica quotidiana cui sono abituato. Ma la vita è un'altra cosa. E deve ripartire. Come la musica. Che è la mia vita. Senza musica siamo tutti malati».
 


 

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