E.T. 40 anni dopo: l'extraterrestre torna a casa (sul grande schermo) Così Carlo Rambaldi sconfisse Star Wars

E.T. 40 anni dopo: l'extraterrestre torna a casa (sul grande schermo)
di Ilaria Ravarino
4 Minuti di Lettura
Sabato 18 Giugno 2022, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 12:54

Quarant'anni dopo, E.T. l'extraterrestre torna a casa. E cioè non in tv né in piattaforma, né in salotto né sul pc, ma sui 12 metri di schermo del cinema, il terminale ultimo immaginato da Steven Spielberg nel 1982 per il suo settimo, trionfale film. Succederà stasera alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dove a inaugurare la 58a edizione (18-25 giugno) sarà proprio la storia dell'amicizia fra l'extraterrestre e il piccolo Elliott Taylor (l'attore Henry Thomas, oggi 50enne), proiettata in Piazza del Popolo alle 21 davanti a più di 1000 persone. Realizzata in collaborazione con Universal Pictures, la proiezione ha il patrocinio della Fondazione Carlo Rambaldi, che in città ha portato una replica a grandezza naturale di E.T. per la precisione: 1 metro e 40, collo allungabile incluso.


IL SUCCESSO
Il film di Spielberg, presentato fuori concorso alla 35° edizione del Festival di Cannes, presieduto allora dall'italiano Giorgio Strehler, fu un successo senza precedenti, capace di incassare nel mondo più di 359 milioni di dollari superando al box office, a fine corsa, anche il record detenuto da Guerre stellari. Quattro gli Oscar ricevuti, fra cui quello per gli effetti speciali all'italiano Carlo Rambaldi, già collaboratore di Spielberg in Incontri ravvicinati del terzo tipo e Oscar per Alien nel 1980. Fu il geniale artista ed effettista ferrarese, scomparso dieci anni fa, a costruire praticamente la creatura: un alieno di colore marrone, in grado di muovere occhi, bocca e lingua, il cui viso rivelò Spielberg doveva essere «un mix fra il poeta Carl Sandburg, lo scienziato Albert Einstein ed Ernest Hemingway». Gli occhi, in particolare, dovevano possedere «dolcezza, intelligenza e malinconia».


E se Rambaldi ci riuscì, spiega la figlia Daniela, «fu perché la creatura fu costruita come se fosse un vero attore, ma meccanico. Fu una delle meccatroniche (connubio tra meccanica ed elettronica, ndr) più avanzate per l'epoca, talmente realistica che se ne parlava come di un personaggio veramente esistito». Quattro in tutto le repliche di E.T. costruite per il film, che la famiglia Rambaldi ospita in questi giorni «in un luogo segreto a Milano» in vista di una mostra da realizzare il prossimo anno.


IN SALA
Il film fu un successo anche in Italia, dove incassò in lire il corrispettivo di un milione 600.000 euro.

In fila al cinema c'era l'allora 32enne Gabriele Salvatores, che avrebbe esordito con il suo primo film, Sogno di una notte di mezza estate, appena un anno dopo. «Non si dice mai quanto forte sia stato l'impatto di Spielberg sull'immaginario di parte del cinema italiano racconta il regista, che con la fantascienza si sarebbe cimentato nel 1997 con Nirvana perché non viene considerato un maestro, come Orson Welles o Stanley Kubrick. Eppure con quella storia Spielberg ci diceva tanto: raccontava l'alterità, il rapporto di amicizia con il diverso, temi che ho ripreso nel mio piccolo in Tutto il mio folle amore. E pur non seguendo i gusti del pubblico, era un film capace di entrare nel cuore di tutti».


Un immaginario transgenerazionale, penetrato nei film di Salvatores come in quelli dello Spielberg italiano, il romano Gabriele Mainetti, 45 anni: «E.T. è stato il primo film che ho visto al cinema, così importante per me che ho voluto citarlo in Freaks Out: il cuore di Matilda (la protagonista, ndr) batte come quello di E.T. È un film che ancora oggi mi fa piangere e mi emoziona, perché dentro c'è tutto: il viaggio, la fantasia, il romanzo di formazione, l'accettazione del dolore. È un cinema pieno del cinema che lo ha preceduto, come ci dice quell'immagine di Elliott ed E.T. che volano sulla luna in bicicletta, un omaggio ai film del padre del cinema fantastico, Georges Méliès».


IL SEQUEL
Diventato fenomeno di costume, il film di Spielberg non ebbe mai un seguito al cinema (il sequel fu scritto, E.T. II: Nocturnal Fears, ma poi cancellato: «ET avrebbe perso la sua innocenza», decise il regista) tornando a vivere in un romanzo di William Kotzwinkle, E.T. Il libro del pianeta verde e in un videogioco Atari, realizzato talmente in fretta per cavalcare il successo della pellicola da rivelarsi praticamente ingiocabile.
«Eppure quando il film uscì non tutte le critiche furono positive - ricorda lo scrittore romano Leonardo Colombati, 52 anni, autore di Estate e cultore di letteratura americana - Spielberg fu preso come un buonista, non come uno dei registi del secolo. Ricordo anche l'orgoglio italiano per Rambaldi: e dire che in quel film l'extraterrestre è l'ultima cosa. E.T. parla di famiglia, di abbandono e di padri assenti. Era la storia di Spielberg. L'alieno non è che il bastoncino in un cocktail perfetto».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA