Crisanti, virologo-senatore. Il caso dello stipendio e l'attacco al nuovo ministro della salute: «Di sanità non capisce nulla....»

Il neo senatore Pd ha sparato a zero sull'ipotesi di togliere le mascherine negli ospedali e sul reintegro dei medici no vax

Crisanti, virologo-senatore. Il caso dello stipendio e l'attacco al nuovo ministro della salute: «Di sanità non capisce nulla....»
di Fausto Caruso
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Martedì 1 Novembre 2022, 10:55 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 18:24

Se fino a febbraio 2020 la parola virologo avrebbe costretto molti di noi ad aprire il dizionario, dopo la pandemia è diventata tra le più pronunciate nelle trasmissione televisive, con frequenti ospitate di esperti che durante i bui giorni del lockdown, e anche dopo, sono diventati volti familiari. Tra questi Andrea Crisanti, professore all’Università di Padova con trascorsi all’Imperial College di London, tra i primi a studiare i focolai di Covid nel piccolo comune di Vo Euganeo e a capire che anche gli asintomatici potevano trasmettere l’infezione. Fautore della linea dura sulla quarantena e degli screening di massa ancor prima della vaccinazione, è stato collaboratore del presidente del Veneto Luca Zaia, prima che la regione gli facesse causa per le aspre critiche all’uso massiccio dei tamponi rapidi, ritenuti scarsamente efficaci dal professore. Il 25 settembre è stato eletto senatore tra le fila del Partito Democratico nella circoscrizione Europa e l’inizio della sua avventura istituzionale non è stato proprio all’insegna del basso profilo.

Le polemiche col ministro Schillaci

«Il ministro non capisce nulla di sanità pubblica, però è un bravo radiologo», era stato il commento secco sul nuovo titolare del ministero della salute Orazio Schillaci, quando nei giorni scorsi si era diffusa la notizia che il governo non intendeva prolungare l’obbligo di indossare le mascherine all’interno delle strutture Sanitarie, idea su cui poi l’esecutivo ha frenato dopo il monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e l’annuncio di molte regioni di volerlo prolungare in autonomia «Le mascherine servono a proteggere i fragili (che anzi dovrebbero portarle anche in altre occasioni) e a ridurre le infezioni ospedaliere, toglierle è da analfabeti della sanità pubblica.

Grazie ai vaccini siamo in una situazione di equilibrio, ma la pandemia non è ancora sconfitta», aveva dichiarato. L’obbligo alla fine rimarrà, almeno fino a fine anno, e questo «fa onore al ministro» secondo Crisanti, che però non si è lasciato sfuggire l’occasione di attaccare altre misure del governo relative alla pandemia.

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«I medici no vax sono un pessimo acquisto per la sanità», ha commentato ai microfoni di Skytg24 in relazione alla decisione del governo di abolire l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario. «Vaccinarsi per loro era un obbligo morale. Hanno fatto malissimo a non farlo perché così danneggiano sé stessi e gli altri», ha rincarato, bollando la decisione come «politica». Sulla stessa linea la critica all’abolizione del bollettino quotidiano sui dati di contagi e ospedalizzazioni (divenuto settimanale): «Se la maggioranza vuole dimostrare che non c’è più il Covid e che le misure che metteranno in atto non hanno alcun impatto non dovevano togliere il bollettino, ma pretendere che rimanesse». Un invito a far parlare i numeri e non i decreti. «Io il bollettino lo avrei fatto ogni mezza giornata», ha aggiunto con una battuta… o forse no.

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Il caso stipendio

Prima ancora della diatriba medico-politica a far parlare di lui era stata una decisione “burocratica”. «Non prenderò lo stipendio da senatore», aveva annunciato a inizio legislatura. Nessuna eco ideale o populista però, ma mera opportunità pratica: «Il compenso che percepisco dalla Asl e dall’Università di Padova è leggermente più alto, ma soprattutto è una questione di contributi previdenziali e di continuità di versamento», ha spiegato. Neanche a dirlo, l’annuncio ha scatenato una tempesta di polemiche soprattutto dagli ambienti leghisti veneti, con cui Crisanti non ha certo buoni rapporti, ma anche della stessa Asl, che non intende pagare al professore uno stipendio per attività dirigenziali e ospedaliere che di fatto non svolge, preferendo dirottarle su chi è rimasto in corsia. «Il trattamento economico del docente in aspettativa è dovuto dall’amministrazione di appartenenza, cioè dall’Università di Padova», ha replicato l’azienda, spiegando che l’integrazione di stipendio data ai prof universitari che svolgono attività ospedaliere è versato dalla Asl solo a fronte dei servizi effettivamente garantiti. Il senatore-virologo però è convinto delle sue ragioni: «È una prasi normale, lo fanno già molti magistrati me l’hanno consigliato in Senato», la giustificazione. Poi l’affondo: «La legge è dalla mia parte e io ho diritto a percepire lo stipendio che prendevo un mese fa. L'Asl di Padova è un covo di politici. Il senso che ha ispirato la legge che cito (sull’ordinamento del lavoro, ndr), è proprio questo. Se poi l'Azienda ospedaliera non vuole pagare, pazienza: se la vedrà con l'Università di Padova».

 

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