Covid, ricoverati i genitori di Maxime Mbandà, l'azzurro del rugby nominato cavaliere da Mattarella per l'impegno per i colpiti dal virus Il suo appello-manifesto

Covid, ricoverati i genitori di Maxime Mbandà, l'azzurro del rugby nominato cavaliere da Mattarella per il suo impegno per i colpiti dal virus
di Paolo Ricci Bitti
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 4 Novembre 2020, 19:49 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 21:19

Per mesi, da volontario, ha lottato rischiando la vita per aiutare i malati di Covid al punto da essere nominato cavaliere dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: adesso i genitori di Maxime Mbandà, nato a Roma e cresciuto a Milano, giocatore delle Zebre di Parma e della nazionale di rugby, sono ricoverati in ospedale per le conseguenze del contagio da coronavirus.

Mattarella premia gli "Eroi del Covid": «Riconoscenza da parte della Repubblica»

Maxime Mbandà nominato cavaliere: «Io, rugbysta, alla guida di ambulanze la notte piangevo per tutto quel dolore»

Mattarella nomina 57 Cavalieri antiCovid: chi sono, dall'infermiera stremata al rider

Il ministro Spadafora: «Mbandà campione di rugby e solidarietà»

L'apprensione del giocatore per il padre medico, originario del Congo e laureato alla Sapienza,  e la madre, insegnante di Benevento, è espresso in un lungo post sulla sua pagina Facebook al quale non è allegata alcuna foto, ma uno sfondo nero. Una poesia disperata. E potente come lui, gigante della mischia. Mbandà,  27 anni, figlio unico, che a novembre diventerà papà per la prima volta, era in campo sabato scorso all'Olimpico contro l'Inghilterra nell'ultimo match del Sei Nazioni ed è atteso giovedì a Roma per il raduno in vista di Italia-Scozia a Firenze il 14 novembre (Autumn Nations). 

L'azzurro del rugby Maxime Mbandà vittima di insulti razzisti in strada: «Mi hanno detto negro di m...»

Durante il blocco delle attività sportive, dal marzo scorso, l'azzurro, studente di Scienze motorie, ha fatto il volontario per la Croce Gialla di Parma guidando le ambulanze con cui i malati di Covid venivano trasportati in ospedale.

Turni massacranti, sempre in tuta anticontagio, mascherina e guanti, sempre in prima linea nella lotta contro il virus, senza avere nemmeno il tempo di andare in bagno - ha raccontato il professionista delle Zebre - per non potersi togliere e mettere tutte quelle protezioni nell'arco di 12 ore.  Oltre due mesi sul campo di battaglia, con incubi notturni che lo costringevano a svegliarsi in lacrime: impossibile assorbire tutta quella angoscia.

Un impegno durissimo, a contatto con malati di tutte le età molti dei quali non ce l'hanno fatta, magari coloro ai quali Maxime Mbandà aveva tenuto la mano in attesa delle procedure per il ricovero. Il suo impegno è stato notato fino al Quirinale e il presidente Mattarella l'ha inserito nel gruppo di italiani meritevoli di essere nominati cavalieri al merito della Repubblica. E due settimane fa l'impossibilità di uscire dalla "bolla" della nazionale ha negato a lui, primo rugbysta italiano in attività a ricevere questo onore,  la possibilità di partecipare alla cerimonia proprio al Quirinale: medaglia e diploma gli sono stati consegnatin ritiro. 

Proprio alla vigilia della ripresa del Torneo delle Sei Nazioni, Mbandà, 22 caps in azzurro dal 2016, intervistato anche dai maggiori quotidiani inglesi, ha ricordato che negli ultimi dodici mesi è stato insultato per il colore della sua pelle (ma il razzista se l'è data a gambe una volta che il rugbysta è sceso dall'auto sulla quale si trovava con la fidanzata); ha fatto il volontario per la Croce Gialla; è tornato al rugby con le Zebre e la nazionale; è stato nominato cavaliere. E che presto diventerà padre di un bimbo. Il suo post va letto e imparato a memoria perché è una sorta di manifesto di questi tempi bui. Un appello alla responsabilità che tutti dobbiamo avere e mettere in pratica.

Il post

Perché sono i miei genitori.
Perché ho sempre sperato di non trovarmi in questa situazione.
Perché non se lo meritano, come non lo merita nessuno.
Perché posso chiamarli per massimo un minuto ogni tot ore per non peggiorare la situazione.
Perché toglie il respiro a loro dentro ma anche a me che sono fuori.
Perché non posso stare lì con loro.
Perché sono impotente.
Perché in questo momento vorrei esserci io al posto loro.
Perché l’uomo è tanto intelligente quanto stupido.
Perché se ti dicono di tenere questa cazzo di mascherina e di rispettare il distanziamento non è per farti lamentare di quanto tutto questo sia fastidioso ma è per salvare chi ti sta intorno.
Perché c’è ancora gente che pensa che tutto questo sia una finzione.
Perché è sempre stato così: se non vedi non credi.
Perché finché non lo provi sulla tua pelle o su quella dei tuoi cari non ti rendi conto.
Perché la vita è una.
Perché dovevo giocare contro l’Inghilterra e non volevano farmi preoccupare.
Perché vorrei tornare indietro nel tempo.
Perché il mio sogno da bambino era quello di inventare qualcosa che li facesse vivere per sempre.
Perché non c’è cosa al Mondo per me più importante della mia famiglia.
Perché ti accorgi che da un giorno all’altro, in un istante, la tua vita possa essere sconvolta.
Perché non mi è rimasto altro che aggrapparmi ad un telefono e sperare.
 

Perché sono i miei genitori. Perché ho sempre sperato di non trovarmi in questa situazione. Perché non se lo...

Pubblicato da Maxime Mbandà su Martedì 3 novembre 2020

AGGIORNAMENTO

Sicuramente non la migliore delle foto di famiglia... Ma la famiglia Mbandà non molla! Grazie a tutti per i messaggi di affetto! ❤️

Pubblicato da Maxime Mbandà su Venerdì 6 novembre 2020

© RIPRODUZIONE RISERVATA