Cathy La Torre, l'avvocata e attivista Lgbt+: «La mia lotta alle ingiustizie nella parte "selvaggia" del diritto»

Il 10 giugno dalle 19 la presentazione del suo nuovo libro «Ci sono cose più importanti» al teatro Umberto I insieme a Cristina Fognazzi

Cathy La Torre, l'attivista Lgbt+ con l'Estetista Cinica per presentare il nuovo libro «Ci sono cose più importanti»
6 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Giugno 2022, 19:49

Nessuna causa è persa. È il titolo di uno dei suoi libri ma anche il suo motto di vita perchè «Sono proprio le cause considerate perse quelle più sfidanti, e che a volte riescono a compiere vere rivoluzioni». Cathy La Torre, 42 anni, metà siciliana e metà americana, è avvocata e attivista Lgbt+, ha fondato il Centro Europeo di Studi sulla Discriminazione, la rete di avvocati Gaylex ed è stata vicepresidente del Movimento Identità Trans. Domani, 10 giugno sarà a Roma per presentare il suo ultimo libro "Ci sono cose più importanti" insieme a Cristina Fogazzi (l'Estetista Cinica) in un evento di presentazione spettacolo al Teatro Sala Umberto I di Roma (via della Mercede, 50 ore 19:00). Un prontuario gentile per rispondere definitivamente a tutti coloro che continuano a "derubricare" le battaglie per i diritti civili a misure non urgenti o a dibattiti superflui. 

Cathy si definisce "non binaria", cioè non si identifica nè con l'identità di genere maschile nè con quello femminile. Dentro e fuori dal tribunale, con lo studio legale Wildside - Human Frist da lei fondato difende i diritti civili di persone gay, lesbiche e transgender. Ma non solo, la sua è una lotta "trasversale" a ogni forma di ingiustizia: difende le vittime dell'odio nella rete, del revenge porn, del caporalato, aiuta persone con disabilità e i rifugiati. Perchè come dice lei, nessuna battaglia è mai solo di un gruppo o di una persona sola: il riconsocimento di un diritto è sempre una conquista di tutti, che fa bene all'intera società. 

Ti definisci una persona "non binaria".  Perchè è così importante per te questa definizione?

Sono sempre stata così, anche se prima non esisteva una parola per definirmi.

Ma ora esiste e questa è stata una grande conquista: le parole sono importanti, perchè se non c'è una parola per definirti non esisti, né a livello sociale, né su quello legale. Le parole aiutano a veder riconosciuti i diritti. Pensiamo a omogenitorialità o identità di genere, tantissimi termini che non esistevano fino a 20 anni fa e che oggi invece rappresentano diritti che vengono affermati nelle aule dei tribunali.  

Da poco ti sei sottoposta a un intervento di riduzione del seno. Come è cambiato il rapporto con il tuo corpo e che messaggio vuoi comunicare a chi non si sente a suo agio con il sé stesso? 

Inzialmente avevo avanzato una richiesta per fare un intervento di cambio di sesso, ma poi ho capito che non era quello che volevo, non mi sentivo completamente uomo. Ora mi sono sottoposta recentemente a una masoplastica riduttiva, ho ridotto il seno perchè non mi sentivo a mio agio in quel corpo così femminile. Sui social ho raccontato la mia esperienza perchè vorrei dare coraggio ad altre persone che come me non si sentono rappresentate dal proprio corpo. Non sono contraria alla chirurgia estetica, soprattutto se l'intervento aiuta a raggiungere un maggiore benessere psicofisico e penso che ognuno dovrebbe essere libero di scegliere sul proprio corpo senza subire giudizi altrui. 

Sei avvocata e attivista. Quando hai deciso che avresti percorso questa strada?  

Io ho deciso che avrei fatto l'avvocato a 9 anni, nonostante nella mia famiglia nessuno fosse laureato (la madre era casalinga e il padre impiegato al comune). L'attivismo è arrivato poco dopo, nell'adolescenza vissuta nella Sicilia delle stragi di mafia, durante la Primavera Palermitana, ma anche a Bologna negli anni dell'unviersità quando partecipai all'organizzazione del World Pride dei primi anni 2000. Quest'anno sono 22 anni da quelle prime battaglie. 

Non ti senti mai stanca di lottare? 

Sono un "inguaribile ottimista". Anche quando hanno bocciato il ddl Zan, anche quando fischiavano in parlamento, non mi sono mai sentita sopraffatta , ma ho visto il lato positivo, per la prima volta l'opinone pubblica si era smossa su questo tema importante. Non mi stanco anche perchè vedo ogni giorno i risultati concreti del mio lavoro: in anni di avvocatura ho aiutato centinaia di persone, alcuni casi sono stati sentenze storiche che hanno aperto nuove strade, contribuendo ad affermare nuovi diritti.

 

Ad esempio, c'è qualche caso che hai seguito che ti è rimasto nel cuore? 

Ho accompagnato centinaia di persone per vedersi riconosciuta legalmente la propria identità di genere, ogni storia è speciale. Recentemente mi sono occupata di Ada, che è una giurista non vedente che voleva sostenere l'esame per entrare in magistratura. Abbiamo fatto in modo che il ministero predisponesse tutti gli strumenti tecnici per consentirle di sostenere la prova. Dopo qualche mese mi ha scritto un ragazzo che non conoscevo, per ringraziarmi: anche lui non vedente aveva potuto fare lo stesso esame grazie alla nostra battaglia. Quando mi imbatto in queste storie mi rendo conto che niente è inutile, sento che sto facendo la mia parte. Chi cambia una vita compie una rivoluzione. 

È vero, come scrivi nei tuoi libri, che "nessuna causa è persa"? Cosa significa per te? 

Per me è un monito più che un detto:  non bisogna rinunciare a far valere i propri diritti solo perchè si pensa alla sconfitta. Io stessa ero considerata "una causa persa", nella mia infanzia e adolescenza in Sicilia, perchè non ero in linea con gli standard. Le "cause perse" mi piacciono perchè sono sfidanti e quando ottieni un risultato questo è sicuramente importante e contro ogni aspettativa.

In vent'anni da avvocato hai lottato per tante cause. Che idea ti sei fatta dell'Italia, a che punto siamo per il riconoscimento dei diritti civili?

La situazione non è buona. L'Italia è agli ultimi posti in ambito di diritti civili in Europa, c'è un vuoto normativo enorme e ci sono tanti diritti non riconosciuti. Servirebbero tante riforme, dallo ius soli, alla riforma del diritto di famiglia, l'eutanasia legale, la cannabis legale fino alla legge sull'omotransfobia. In questo contesto la politica non fa abbastanza e sono i giudici a dover riconoscere diritti a colpi di sentenze: il caso più recente è il doppio cognome, diritto riconosciuto solamente grazie alla sentenza della Corte Costituzionale. 

Il tuo nuovo libro «Ci sono cose più importanti» è una risposta a chi ritiene che le battaglie per i diritti possano essere rinviate. Perchè non è così? 

"Ci sono cose più importanti" è una frase che chi si batte per i diritti civili sente riptere spesso. Invece no, in Italia ci sono diritti che non possono più aspettare. La disuguaglianza danneggia tutti, crea conflitto e contrapposizione all'interno di una società. Una società più giusta è una società più pacifica, in cui ciascuno può essere libero. Ad esempio, la lotta all'omostransfobia riguarda anche gli eterossessuali: ciascuno può avere un figlio omosessuale, un amico, un fratello. Per questo creare una tutela legale contro i crimini d'odio è urgente per tutti. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA