È l’alba e Bruno Peres sta tornando a casa dopo una serata in discoteca. Qualcosa va storto e si schianta contro un albero mentre è alla guida della sua Lamborghini nuova fiammante lungo il viale delle Terme di Caracalla. Arrivano le forze dell’ordine che eseguono subito l’alcol test: positivo. A quel punto partono le prese in giro, gli sfottò, di tutte le tifoserie. La sfortunata assonanza con il celebre marchio di birra danese è lampante e il terzino diventa per tutti “Bruno Ceres”, anche per la stessa multinazionale, che su Twitter pubblica un “meme”, cioè una vignetta divertente, in cui accosta il calciatore ad una bottiglia. Una battuta per niente andata giù al brasiliano. A nulla sono valse le scuse dell’azienda: per questa vicenda, l’amministratore delegato per l’Italia di Ceres, Vittorio Luigi Galimberti, è stato citato in giudizio dalla Procura dopo la denuncia dell’ex terzino esterno della Roma. Quella vignetta, per gli inquirenti, è diffamazione aggravata.
LA VIGNETTA
L’incidente è del 2018, ma il “cinguettio” della discordia arriva solo due anni più tardi. Il 21 luglio del 2020 l’azienda, sui suoi canali social, «comunicando con più persone», come si legge nel capo d’imputazione, offende «Bruno Peres da Silva, calciatore professionista dell’As Roma».
Galimberti si ispira ad una campagna, nata sui social media d’oltreoceano, quelli statunitensi, in cui i vip più popolari vengono accostati ad un’immagine che in qualche modo possa sembrare una loro caricatura. Il tutto accompagnato con la frase scritta anche nel tweet di Ceres. Steve Harvey, di mestiere conduttore televisivo e radiofonico, è stato accostato a mr Potato di Toy Story, Melania Trump, moglie dell’ex presidente Donald, ad un personaggio del manga giapponese Naruto, mentre Michael Thomas, giocatore di football, alla casa di uno dei personaggi del cartone animato Spongebob. Sta di fatto che Bruno Peres, difeso in aula dall’avvocato Carla Serra, non gradisce, e anche la società giallorossa chiede delle scuse per lo spiacevole equivoco, che arrivano dopo poche ore, accompagnate dall’eliminazione del post: «Chiediamo scusa per il tweet che, contrariamente alle nostre intenzioni, è risultato inopportuno».
Al giocatore, però, il “mea culpa” non basta e, pochi giorni dopo, sporge denuncia. E pensare che tutto era nato da quell’incidente d’auto che, per fortuna, non aveva causato al giocatore nessuna conseguenza fisica. Si era fatta più male la macchina, uscita completamente distrutta dallo schianto. Quella stessa notte Peres si era dimostrato molto collaborativo con gli operanti intervenuti e si era assunto tutta la responsabilità del sinistro. Un comportamento che in sede penale ha pagato: era stato assolto dall’accusa di guida in stato d’ebbrezza per tenuità del fatto.