Bombolo, il suo «Tzè tzè» e i film con Tomas Milian: 35 anni fa moriva il re della risata sboccata ma di culto (amato da Tarantino)

Il suo cavallo di battaglia nasceva da un difetto di pronuncia. «Papà aveva la zeppola, e parlava naturalmente così», spiega la figlia

Bombolo, il suo «Tzè tzè» e i film con Tomas Milian: 35 anni fa moriva il re della risata sboccata ma di culto (amato da Tarantino)
di Paolo Travisi
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Lunedì 22 Agosto 2022, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 09:51

Tzè tzè. Bastano due semplici versi per identificare uno dei comici più popolari degli Anni 80. Per tutti, Bombolo, morto 35 anni fa: il 21 agosto 1987. Romano di via Monte Giordano, all'anagrafe Franco Lechner, cognome asburgico, di cui non voleva conoscere le origini. «Forse è un cognome nobile e mio padre ogni tanto ci diceva di voler andare in Austria a vedere l'albero ginecologico, noi lo correggevamo, poi ci ripensava e diceva meglio di no, altrimenti mi trovo pieno di buffi», racconta Stefania Lechner, seconda figlia di Bombolo, nata - con Daniela e Alessandro - dal matrimonio con l'unico amore della sua vita, Reggina Abbatiello.

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I RICORDI
È Stefania che custodisce con riserbo e amore il ricordo del padre. «Per papà la famiglia era sacra, più del lavoro», che gli diede una grande popolarità. Bombolo, appartiene a quella commedia ridanciana e sboccata, piena di doppi sensi, che facevano scattare la risata automaticamente. Film che riempivano le sale, grazie a lui, Lino Banfi, Tomas Milian, Alvaro Vitali, e che poi hanno avuto una seconda e terza vita sulle tv locali.

Per poi finire nell'immaginario collettivo delle nuove generazioni con migliaia di views su Youtube e pagine social. E chissà in quanti sanno che il suo Tzè, tzè, suo cavallo di battaglia, nasceva da un difetto di pronuncia. «Papà aveva la zeppola, e parlava naturalmente così», spiega Stefania.

 


Bombolo cresce nella Roma poverissima del Dopoguerra, dove lavorava come ambulante nel centro storico. «Mio nonno faceva il peracottaro, vendeva le pere cotte. Mio padre piatti, bicchieri e gli ombrelli d'inverno e le sdraio d'estate. Così ha mantenuto tutti noi», aggiunge Stefania Lechner.

LA SVOLTA
«La svolta c'è stata da Picchiottino, l'osteria vicino a casa che diventava il suo palcoscenico. È proprio lì che nacque il personaggio di Bombolo, che non è un nome d'arte. Da ragazzino era cicciottello e tutti lo chiamavano così, mai Franco». A scoprirlo negli Anni Settanta, lì, Castellacci e Pingitore: lo videro e gli proposero il Bagaglino, dove iniziò a lavorare nove mesi l'anno con tre spettacoli al giorno. «Papà aveva 40 anni, non voleva fare l'attore. Fu mia madre a dirgli, mica lasci un lavoro fisso, se va male riprendi il carrettino».


TOMAS MILIAN
E fu subito successo perché lui non recitava, era così». Poi Bruno Corbucci, lo vide a teatro ed iniziò il sodalizio con Tomas Milian, l'ispettore Giraldi, ex-ladro, amico d'infanzia del personaggio di Bombolo, che nel film diventa Venticello perché di pelle corta, diceva Milian. «Con lui nacque un'amicizia vera, stava sempre a casa nostra. Avevano niente in comune, ma Tomas adorava la famiglia e la naturalezza di mio padre. Lo venne sempre a trovare in ospedale e quando morì disse, che non avrebbe più fatto Monnezza, infatti cambiò genere».


QUENTIN TARANTINO
Bombolo, oggi è un comico cult, adorato anche da Quentino Tarantino ed Eli Roth che «su Instagram scrive Bombolo is beautiful», dice ancora Stefania, che insieme a tutta la sua famiglia ha un sogno. «Ci piacerebbe tanto che a Roma ci fosse una via intestata a mio padre, qualcosa che ricordi lui e la romanità di un tempo. Purtroppo la burocrazia ha fermato un progetto che era partito. Sia chiaro: andrebbe benissimo anche una via del quartiere Boccea,00 dove abbiamo vissuto per tanto tempo. Penso che come romano se lo meriterebbe».
 

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