Bob Geldof, intervista al cantante e attivista: «Onore a John Keats, poeta dall'anima rock»

Bob Geldof, intervista al cantante e attivista: «Onore a John Keats, poeta dall'anima rock»
di Laura Larcan
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Mercoledì 17 Febbraio 2021, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 23:29

La musicalità dei versi, quella malinconia venata di sensualità, la gioventù dannata, la morte prematura dopo una vita consumata dal genio e dalle passioni. John Keats, in fondo, era davvero un'anima rock. Ne è convinto Bob Geldof, il grande musicista irlandese e filantropo leggendario (e ancora oggi, a distanza di 36 anni, resta memorabile la sua impresa titanica ed eroica del Live Aid for Africa). Un autentico amore, quello di Bob Geldof, per il sommo poeta romantico, di cui il 23 febbraio prossimo ricorre il bicentenario dalla morte, avvenuta a Roma, in quella sua casa accarezzata dalla scalinata di Trinità dei Monti e confortata dalla bellezza di piazza di Spagna. E proprio con la Keats-Shelley House di Roma, casa museo e biblioteca specializzata diretta da Giuseppe Albano, Bob Geldof torna a collaborare dopo gli speciali reading d'amore che l'hanno visto protagonista due anni fa nella Capitale.

 


Oggi il ruolo del musicista è quello di ambasciatore per il Keats-Shelley200, una doppia annata di celebrazioni (2021-2022) tra Roma e Inghilterra per ricordare vita e opere dei poeti John Keats e Percy Bysshe Shelley. E si deve a Geldof l'inaugurazione. È lui che si fa guida e narratore illustre e commovente del video immersivo La morte di Keats che sarà visibile online dal 23 febbraio sul sito e sui canali social della Keats-Shelley House (ideale con cuffie VR ma pienamente accessibile anche senza). Attraverso le lettere del poeta, Geldof rievocherà il viaggio di Keats in Italia, la sua permanenza nella casa, la sua morte e la sua tomba nel cimitero acattolico di Roma presso la Piramide Cestia. Per l'occasione, la casa museo che ha riaperto comunque al pubblico lancia anche un tour panoramico online con guida dal vivo (su prenotazione).  
Quanto è importante per lei, nel 2021, ricordare un poeta come John Keats?
«La vera arte non è soggetta a un processo meccanico come il tempo. Keats parla a noi come parlava ai suoi contemporanei. Forse perché abitò il confine ombroso tra la vita e la morte, la sua opera ha una risonanza particolare nell'epoca del Covid. Molti artisti rock si identificano con Keats perché la sensibilità sembra essere la stessa. Era così giovane quando morì. Perché visse i suoi sentimenti con intensità estrema a causa della sua prossimità con la morte, Keats condensò quello stato quasi estatico in versi dalla qualità gigantesca. La consunzione era la peste del suo tempo, trasmessa, proprio come il Covid oggi, con goccioline di aerosol attraverso il respiro, ed è tremendo pensare che siamo tornati in quella zona di confine, in cui la morte si annida dietro l'angolo nel bar sotto casa o tra i nostri amici e in cui l'amore e l'eroismo dell'amore vengono dimostrati ogni giorno negli ospedali e nelle RSA dei nostri paesi col sacrificio delle persone normali compiuto per il benessere degli altri».
Lei ritorna ancora una volta, anche se virtualmente, alla Keats-Shelley House di Roma, che cosa le piace di questo luogo e perché?
«Io, come il resto del mondo, amo Roma, la più bella tra le città. Le impronte antiche sono dappertutto, come scrisse Bob Dylan con una descrizione accurata. Il senso di condivisione di tutto il nostro passato culturale è fisico, concreto, vissuto. La Keats-Shelley House si trova proprio nel bel mezzo di tutto questo quindi è un gran bel posto in cui stare, reso ancora meglio da quella presenza tangibile e spettrale di cui parlava Dylan e che è così forte nell'appartamento di Keats. Dormire lì significa riposare accanto al giovane poeta condannato e al suo amico devoto. Senza contare che, da un punto di vista vanitoso, rimanendo lì a lungo anch'io potrei essere posseduto da una parte del suo genio e sfornare un capolavoro. Purtroppo non mi è ancora successo!»
Nel suo video La morte di Keats che cosa vuole far scoprire di Keats? Ci sono dettagli sconosciuti del poeta?
«Il fatto che sia morto così giovane e che il suo genio sia stato compreso solo anni dopo, fa sì che noi sappiamo praticamente tutto della sua breve vita. Ciò che è grande, invece, è la sua mente, la sua anima. Troppo vasta per essere contenuta in questo mondo, essa tradisce un presentimento di morte costantemente presente nella sua vita, nella sua famiglia e nella sua relazione d'amore ossessiva. La sua vita è vissuta tra emozioni estreme. Keats temeva di non aver tempo per scrivere tutto ciò che affollava il suo cervello brulicante prima dell'oblio imminente. Non c'è esitazione nelle sue composizioni. Le riscritture sono ridotte al minimo. Quello che scriveva sgorgava direttamente dalla sua mente al foglio senza esitazione. La sua poesia è priva di riempitivi o brani fiacchi. È pienamente presente e completa. Un download intellettuale che deve averlo esaurito. Quello da lui raggiunto è un traguardo straordinario».
Stiamo vivendo l'emergenza tragica e drammatica del Covid, pensa che la poesia possa aiutare l'essere umano, come la cultura e la musica?
«La poesia è sempre essenziale. Se in tempi di emozioni estreme proviamo a spiegare ciò che ci accade, i parametri a cui siamo abituati sono inadeguati. Per esprimere l'inesprimibile abbiamo bisogno di un linguaggio aulico. Per articolare ciò che non è articolabile. Poesia e musica sono i linguaggi che scegliamo. Sono un distillato della nostra anima. Una riduzione all'essenza. Suono, note o selezione di parole, similitudine e metafora, metro, scansione, rima e ritmo chiariscono e rivelano stati d'animo ed emozioni che esulano dal reame dell'ordinario. La poesia è essenziale all'essere umano».
E se le chiedessi qual è il suo sogno nel cassetto oggi?
«I sogni li fa chi dorme. Bisogna svegliarsi per cambiare le cose».
 

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