Ange Capuozzo giocatore rivelazione 2022 per World Rugby, nessun azzurro aveva mai vinto il premio: «Ispirato da Mirco Bergamasco e Vincent Clerc». L'intervista

Ange Capuozzo giocatore rivelazione dell'anno per World Rugby, l'azzurro: «Ispirato da Clerc e mirco bergamasco
di Paolo Ricci Bitti
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Domenica 20 Novembre 2022, 20:42 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 03:53

Ange Capuozzo non si ferma più: l'estremo della nazionale di rugby è stato eletto giocatore rivelazione dell'anno dagli esperti di World Rugby, la federazione internazionale, che lo hanno preferito a talenti del calibro di Henry Arundell, inglese, Mack Hansen e Dan Sheehan, irlandesi. Il premio è stato istituito nel 2015, ma anche se si risale alle formule precedenti e anche se si allarga la ricerca ai premi assoluti e di altre categorie non salta mai fuori il nome di un azzurro. Prima di lui il premio Breakthrough Player of the Year, assegnato da una giuria che comprendeva anche Richie McCaw, è finito nelle mani anche di Maro Itoje, Romain Ntamack e Will Jordan, e abbiamo detto tutto.

Al 23enne folletto di Grenoble con avi di Napoli va insomma anche questo record in un 2022 costellato di imprese, non ultima quella di aver dimostrato a suon di mete, slalom, assist e placcaggi che anche i pesi leggeri, anzi leggerissimi (1.77 X 71 chili) come lui possono fare meraviglie nel rugby dei bulldozer odierni. Un talento sempre sorridente "perché non c'è niente di più bello al mondo che correre con la palla stretta al petto".

La premiazione è avvenuta a Montecarlo, lanciata dal principe Alberto di Monaco che ha pure rivelato la passione per il rugby della moglie Charlene, sudafricana.

Ange Capuozzo si è trovato sul palco con Ruby Tui, la fiammeggiante neozelandese che ha guidato le Black Ferns alla conquista della Coppa del Mondo, questo per ricordare il valore del premio che l'azzurro metterà adesso in bacheca.

"Per prima cosa - ha detto l'estremo molto emozionato -  voglio ringraziare la mia famiglia (mamma Emmanuelle, papà Frank, le sorelle Lisa e Joanne e nonno Giovanni, ndr)  che è sempre stata vicina in questa avventura e poi anche il presidente (della Fir) Marzio Innocenti per la grande opportunità che mi ha dato. La cosa più importante nel rugby è la squadra: è più importante la meta che ho contribuito a far segnare contro il Galles a Cardiff rispetto a quelle che ho segnato io personalmente, quelle rappresentano solo il mio aiuto alla squadra, la cosa importante è ottenere risultati insieme".

E ancora: "Giocatori che mi hanno ispirato: l'ala dei Bleus Vincent Clerc, nato come me alle porte di Grenoble (e come Capuozzo poi stella a Tolosa) e l'azzurro Mirco Bergamasco (fratello minore di Mauro): ricordo bene quando aiuto l'Italia a battere la Francia (2011, al Flaminio nel Sei Nazioni, quando Capuozzo aveva 12 anni)".

L'INTERVISTA 

C'è il rugby italiano prima di Ange Capuozzo e c'è il rugby italiano dopo Ange Capuozzo, spartiacque fra la nazionale sempre ko nel 6 Nazioni fra il 2017 e il 2022 e la nazionale che in 9 mesi ha battuto 5 avversari su 7 compresi gallesi, samoani e - rullo di tamburi - australiani (mai accaduto).

«Non sono per nulla d'accordo - dice il 23enne di Grenoble con avi paterni a Napoli centro, fra San Carlo e San Lorenzo - Io faccio solo il meglio che posso per la maglia dell'Italia cercando anche di divertirmi perché non c'è niente di più entusiasmante che correre con la palla sotto il braccio seminando i difensori».

Fa molto bene il suo mestiere, non c'è dubbio: al debutto 2 mete alla Scozia, poi l'assist folle egeniale per piegare il Galles a Cardiff che ha interrotto lo striscia di 36 sconfitte di fila nel Torneo e infine le 2 mete all'Australia a Firenze che non dimenticheremo mai.
«Grazie, ma il merito è solo della squadra e del gioco che stiamo cercando di costruire con il ct Crowley, nel rugby non c'è il match winner».

Quindi non è lei la scintilla che ha innescato la rinascita degli azzurri?
«Dunque, mettiamola così - dice una delle più esili ali internazionali del terzo millennio, 1.77 x 71 kg, un'eccezione nel rugby ipertrofico attuale - forse sono arrivato in nazionale quando si stavano per raccogliere i frutti del lavoro iniziato anni prima.

Ho giocato anche per l'under 20 italiana che vinceva con discreta regolarità e ora in prima squadra siamo in tanti di quel gruppo. Il talento fra noi c'è come c'è tanto lavoro da fare, ma la differenza fra una vittoria e una sconfitta nei test-match è quasi sempre minuscola: ora con Mitch (Michele Lamaro, il capitano) e gli altri ragazzi respiriamo la fiducia nel nostri mezzi e la consapevolezza che insieme possiamo tenere testa anche alle grandi squadre».


Minuscola come il punto che ha deciso il trionfo 28-27 contro i Wallabies: che cosa ha pensato mentre l'australiano Donaldson stava per calciare la facile trasformazione che vi avrebbe scippato la storica vittoria? E pensava in francese, in italiano o in napoletano, che parlate in famiglia a Grenoble?
«In italiano, credo: sentivo tirare tutti i nervi, quel minuto non è passato mai. È finita ho pensato. Ecco, abbiamo condotto per tutto il match e adesso perderemo. Ho sentito una tristezza di dimensioni gigantesche, ma mai quanto la felicità scattata quando la palla ha mancato i pali. Di sicuro il mio momento più bello nel rugby finora».


Nel giro di due stagioni è passato da Grenoble, dalla serie B (Pro D2), alla nazionale italiana e al Top 14 con lo Stade Toulousain, fra i club più titolati al mondo con un budget - da solo - di 45 milioni di euro simile a quello della federugby italiana.


«E mi trovo benissimo in entrambi gli ambienti: mi creda, a Tolosa un azzurro è guardato con grande rispetto».


Lo sa che trasmette felicità quando, spesso pure sorridente, supera a tutta velocità avversari a volte grossi il doppio?
«(risata) Ne sono lieto. E sto per l'appunto leggendo un bel libro: L'uomo che voleva essere felice di Laurent Gounelle».


Ma da bambino, anche prima che nonno Giovanni, emigrato nel dopoguerra a Grenoble da Napoli per aprire una fabbrica di guanti, la portasse a giocare a rugby, che cosa sognava di diventare?
«Nessun dubbio, il rugbysta professionista. Dopo il bac (maturità) in Economia sto studiando per diventare allenatore e insegnante di rugby».

Mai avuto dubbi nella scelta fra Italia e Francia in fatto di nazionale?

«In realtà non mi sono mai trovato davanti a quel bivio: quando ormai quattro stagioni fa ho saputo che la nazionale italiana Under 20 (ct Fabio Roselli) si trovava a Grenoble, sono semplicemente andato a presentarmi. Sono stato subito accolto ed eccomi qui. Amo, come tutta la mia famiglia, l'Italia, abbiamo mantenuto forti legami con Napoli (papà Frank è un grande tifoso del Napoli) e ho tanti parenti anche a Bologna. Spero di avere tempo di tornare in queste città al più presto magari con la fidanzata Emma, di Saint Raphael: siamo entrambi appassionati d'arte e di design da interni, quale posto è meglio allora dell'Italia». 

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