Alessia Piperno, Teheran fa muro sulla liberazione della travel blogger romana

Contatti tra la Farnesina e l'Iran. La ragazza in carcere sta bene di salute, ma è disperata e preoccupata per la situazione in cui si trova.

Alessia Piperno, Teheran fa muro sulla liberazione della travel blogger romana
di Cristiana Mangani
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Giovedì 6 Ottobre 2022, 06:46 - Ultimo aggiornamento: 08:42

A dare la notizia è stata l'agenzia statale di Teheran, Irna: il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo Hossein Amir-Abdollahian. Sul contenuto del colloquio l'agenzia di stampa non fornisce dettagli, non viene menzionato il caso della giovane blogger romana, Alessia Piperno, che da più di una settimana è rinchiusa nel carcere di Evin, nella parte nord della Capitale. Ma diverse fonti confermano che il colloquio ha toccato il delicato argomento. La speranza è che il governo iraniano acceleri l'iter giudiziario in modo da poter aspirare a una liberazione in tempi relativamente rapidi.

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IL MESSAGGIO
Abdollahian, comunque, ha rilasciato dichiarazioni non del tutto distensive: «Siamo insoddisfatti delle posizioni e degli interventi di alcuni funzionari europei nei recenti eventi - è la nota ufficiale -. Se l'Unione Europea vuole intraprendere un'azione frettolosa e sconsiderata con un duplice atteggiamento, dovrebbe attendere l'azione effettiva e reciproca della Repubblica islamica dell'Iran».
Un messaggio che punta soprattutto a contestare gli ultimi sviluppi nelle relazioni bilaterali, le trattative per la revoca delle sanzioni e le recenti proteste in Iran. Abdollahian ha denunciato «gli abusi dei rivoltosi» e «gli interventi stranieri negli affari interni» della Repubblica islamica, affermando che «siamo impegnati per chiarire la morte di uno dei nostri figli (Mahsa Amini, ndr), ma non siamo soddisfatti delle posizioni e degli interventi di alcuni funzionari europei negli ultimi eventi». E il riferimento è alle minacce di sanzioni Ue. Il ministro iraniano ha inoltre ricordato la sua visita di luglio a Roma per definire una nuova road map nei rapporti bilaterali.
Nel frattempo, qualche notizia sta trapelando dal carcere di Evin: la ragazza starebbe bene in salute, anche se disperata e preoccupata per la situazione in cui si trova.

Sul piano della trattativa, la telefonata tra Di Maio e Amir-Abdollahian ha fatto salire di livello i contatti, e questo fa sperare in un rilascio della travel blogger. Sono due i binari principali aperti: da una parte la chiamata del ministro, dall'altro il lavoro sottotraccia e senza clamore mediatico, attivato da giorni dalla Farnesina, dall'Ambasciata italiana a Teheran, dall'intelligence e dalle organizzazioni umanitarie, per arrivare presto al rilascio.

 

ACCUSE
Secondo alcuni media locali, poi, Piperno sarebbe finita in manette nell'ambito delle manifestazioni che si stanno svolgendo nel paese, scaturite dall'uccisione di Mahsa Amini. A ricordare i capi d'accusa che il governo iraniano imputa ai prigionieri politici che finiscono nelle carceri del regime degli ayatollah è Amnesty International, sulla base dei vari episodi avvenuti negli ultimi anni. «L'Iran ha detto di aver fermato nove stranieri che avrebbero preso parte alle manifestazioni. Se questa fosse l'accusa anche per Alessia sarebbe del tutto ingiustificata», spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty. Ma i possibili capi d'accusa rischiano di passare dalla «minaccia contro la sicurezza nazionale» alla «propaganda» fino allo «spionaggio». In genere - secondo l'organizzazione umanitaria - dopo un arresto i processi sono preceduti da lunghi periodi di interrogatori, poi viene formalizzata l'accusa per un processo rapido fino alle fasi successive dell'appello e l'eventuale condanna. «Non c'è però una certezza sulla permanenza in un carcere - aggiunge - soprattutto per i prigionieri stranieri, che spesso diventano uno strumento di pressione negoziale nei confronti dell'altro paese, contro il quale avanzare determinate richieste. Ma non ci sono ragioni perché ciò avvenga anche con l'Italia. L'Iran ha tutto l'interesse nel non ledere i prigionieri stranieri».

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