Alessia Pifferi chiede di andare sulla tomba della figlia, no dei giudici. La sorella: «Nella lettera non si è pentita»

La 37enne abbandonò a casa da sola per sei giorni la piccola Diana di appena un anno e mezzo, poi morta di stenti

Alessia Pifferi chiede di andare sulla tomba della figlia, no dei giudici. La sorella: «Nella lettera non si è pentita»
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Lunedì 29 Maggio 2023, 18:11 - Ultimo aggiornamento: 21:28

Alessia Pifferi ha chiesto di poter andare sulla tomba della figlia. La 37enne abbandonò a casa da sola per sei giorni la piccola Diana di appena un anno e mezzo, poi morta di stenti. La donna è accusata di omicidio volontario e si trova attualmente nel carcere San Vittore di Milano, dove è in corso anche una valutazione sulla sua condizione mentale. La Corte d'Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha respinto, però, l'istanza della difesa della donna depositata nei giorni scorsi, dopo il parere contrario formulato anche dai pm Rosaria Stagnaro e Francesco De Tommasi. Per i giudici quel genere di richiesta, infatti, non rientra tra quelle previste dall'ordinamento penitenziario.

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«Gravissimo ritardo mentale»

La Corte milanese, davanti alla quale si sta celebrando il processo, ha respinto la richiesta di Pifferi spiegando, in particolare, che non rientra nella normativa prevista dall'articolo 30 dell'ordinamento penitenziario.

Nell'udienza del processo del 16 maggio scorso erano entrate nel processo le valutazioni degli specialisti del carcere sullo stato di salute di Pifferi. Valutazioni di cui fa parte anche una relazione in cui è stato attestato che la donna ha un «gravissimo ritardo mentale» pari a un quoziente intellettivo di «una bimba di 7 anni» e che hanno portato il suo difensore, Alessia Pontenani, a denunciare: «hanno messo una bambina in mano a un'altra bambina».

La difesa, infatti, ha chiesto una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere della donna al momento del fatto e i giudici si sono riservati di decidere all'esito dell'istruttoria dibattimentale. La Procura, invece, ha sempre evidenziato che la 37enne ha agito «con lucidità», depositando ai giudici anche l'audio e il video del primo interrogatorio della sera del 20 luglio in Questura, dove appariva come una persona «orientata, capace di descrivere nel dettaglio, senza far trasparire particolari emozioni, poco dopo il ritrovamento del corpo di Diana».

 

La sorella: «Non si è pentita»

Ai microfoni di Mattino Cinque News Viviana, la sorella di Alessia, aveva commentato la decisione di costituirsi parte civile nel processo. «Mi sento nel giusto anche sto male all'idea di accusare mia sorella», ha detto Viviana. «Nella lettera che è arrivata a me e a mia madre Alessia non chiede scusa e anzi usa toni pesanti. Non ammette quello che ha fatto alla sua famiglia e dice che la maglietta che porto (col volto di Diana) è tutta immagine per avere visibilità»

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