Alessandra Amoroso: «Ho sofferto molto e ora voglio ballare»

La popstar parla del nuovo album "Tutto accade": è la foto di quello che sono oggi, canto la mia rinascita e non piango più. Ero troppo emotiva, l'analisi mi ha aiutato. Sanremo? Non ho paura della gara, è solo che non c'è mai stata l'occasione di andarci

Alessandra Amoroso: «Ho sofferto molto e ora voglio ballare»
di Mattia Marzi
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Martedì 19 Ottobre 2021, 06:33

Vuole solo ballare, dice. E non solo un Mambo salentino o un reggae in spiaggia come in Karaoke, per citare i tormentoni degli ultimi due anni con i Boomdabash 8 Dischi di platino in tutto con i quali ha mostrato al pubblico di non essere solamente l'interprete dalla lacrima facile dei lenti che l'hanno portata al successo. Una sbandata passeggera nella stagione in cui tutto è concesso, anche nel pop? Macché. Alessandra Amoroso ci crede per davvero. Ascoltate le canzoni del suo nuovo album (scritte addirittura da 15 autori diversi, da Dario Dardust Faini, coinvolto anche come produttore, a Takagi & Ketra, passando per Rocco Hunt, Federica Abbate, Giordana Angi, Davide Petrella, Francesco Catitti, Federico Zampaglione). Si intitola Tutto accade e uscirà venerdì 22 ottobre. Casse dritte che strizzano l'occhio alla dance, tastieroni e sintetizzatori, suoni latini: «È una fotografia di quello che sono oggi», spiega la 35enne popstar.


Cambia tutto perché le ballate strappalacrime non piacciono più?
«No.

Non ho mai fatto scelte in base ai gusti delle radio».


Cosa c'è dietro, allora?
«Esco da un momento buio della mia vita e cercavo brani più leggeri per raccontare questa mia rinascita».


A cosa si riferisce?
«A un blocco causato da ansie, paure, insicurezze. E anche critiche».


Di che tipo?
«Quelle di chi mi ha sempre attaccata perché in tv o sul palco mi commuovevo spesso, mentre cantavo».


Da chi arrivavano queste critiche?
«Dal pubblico in generale. Le ho sempre trovate cattive, feroci. Non capivano che quella mia emotività non era debolezza, ma sensibilità. Volevo rispondere, ma mi tenevo tutto dentro. Non ho mai voluto cambiare quella parte di me, per onestà nei miei confronti».


E oggi?
«Sono sempre sensibile ed emotiva. Qualche ballata c'è, nel disco. Penso a Canzone inutile, che sarà il prossimo singolo, perfetto per l'autunno, Un senso ed un compenso, Ti vedo da fuori, Un'impressione e Tutte le cose che io so (dedicata alla nonna morta per Alzheimer nel 2018, ndr). Ma mostro finalmente anche un altro lato della mia personalità».


Sono questi i demoni interiori di cui canta in Una strada per l'allegria?
«Sì. Quella canzone mi è arrivata prima del lockdown, durante il quale l'assenza di famiglia e amici mi ha spento e quel blocco è venuto ancora di più alla luce, ma sembrava parlare esattamente di ciò che stavo attraversando. Con quei demoni ho imparato a conviverci. E il merito è anche della mia psicologa».


Quando ha cominciato ad incontrarla?
«Due anni e mezzo fa. E non ho smesso. Mi ha aiutata a trovare quell'equilibrio interiore che mi mancava. Ho anche iniziato a fare meditazione».


Fa yoga?
«No. Metto della musica che viaggia su determinate frequenze e rilasso la mente. Bastano dieci minuti».


Ha seguito tutorial su YouTube?
«Macché. Seguo sempre i suggerimenti della mia psicologa».


Di salute mentale hanno parlato recentemente sui social anche i suoi colleghi Ultimo e Salmo: non è più un tabu?
«Mi auguro che sia così. Io non ne ho mai fatto mistero. Non c'è nulla di cui vergognarsi nel riconoscere le proprie debolezze e i propri limiti».


A proposito di Salmo, che quest'estate lei è stata tra i primi ad attaccare sui social per il concerto con regole pre-pandemia di Olbia: si è sentita mento artista per non aver infranto le regole?
«Io non mi sono mai auto-definita artista. Ho sempre lasciato che fossero gli altri a farlo. Faccio il mio: trasmetto messaggi positivi e cerco di rispettare sempre le regole. E guardo al concerto a San Siro del 13 luglio 2022, il primo della mia carriera in quel posto, con ottimismo e fiducia».


A Sanremo l'abbiamo sempre vista come ospite, ma mai in gara: cosa le fa paura della competizione?
«Nulla. A lanciarmi, voglio ricordarlo, fu un talent show, un contesto in cui è proprio la gara a farla da padrona. Semplicemente non c'è mai stata l'occasione. E in questo momento della mia vita non sento il bisogno di andare al Festival in gara».

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