Alain Touraine è morto a Parigi. Il sociologo aveva 97 anni: figura di spicco della scena intellettuale internazionale, celebre teorico della società postindustriale. L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia al quotidiano «Le Monde». Touraine si è occupato prevalentemente di sociologia industriale e in particolare dei livelli di «coscienza» della classe operaia, nonché dei «movimenti sociali» ed ha, inoltre, prodotto importanti contributi alla teoria dell'azione sociale.
Era nato il 3 agosto 1925 a Hermanville-sur-me.
In Italia i suoi libri più importanti sono stati pubblicati da Il Saggiatore: «Critica della modernità» (1997), «Come liberarsi del liberismo» (2000), «Libertà, uguaglianza, diversità» (2002), «La ricerca di sé» (2003), «La globalizzazione e la fine del sociale» (2008), «Noi, soggetti umani. Diritti e nuovi movimenti nell'epoca postsociale» (2017), «Il mondo è delle donne» (2021). Tra gli altri suoi libri: «La coscienza operaia» (Franco Angeli Editore, 1975), «Le società dipendenti» (Liguori, 1980), «L'evoluzione del lavoro operaio alla Renault» (Rosenberg & Sellier, 1983), «La democrazia come politica del soggetto» (Il Mondo, 1997), «Eguaglianza e diversità. I nuovi compiti della democrazia» (Laterza, 1997), «Dopo la crisi. Una nuova società possibile» (Armando Editore, 2012), «In difesa della modernità» (Raffaello Cortina Editore, 2019).
Nella sua formazione Touraine ha risentito soprattutto della lezione di Max Weber e dell'influenza della scuola storica francese delle Annales (Lucien Febvre e Fernand Braudel). Ha insegnato in America Latina, Stati Uniti, Canada e all'Università di Parigi-Nanterre (1966-69); è stato infine dal 1970 direttore di ricerca all'École pratique des hautes études di Parigi.
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