Tumore al seno, 38 pazienti alla maratona di New York

Tumore al seno, 38 pazienti alla maratona di New York
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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 06:07
IL PROGETTO
Trentotto giovani donne operate di tumore al seno correranno la Maratona di New York il 2 novembre. È un progetto nato per sottolineare come l'attività fisica riduca il rischio di tumore al seno, pensato e messo in atto da Rosa&Associati con la collaborazione della Fondazione Veronesi.
«L'attività fisica - commenta Paolo Veronesi, figlio del professore, egli stesso oncologo e presidente della Fondazione - è una potente alleata della salute, poiché contribuisce a prevenire e curare varie patologie. Non ultimo, riduce il rischio di recidiva tumorale. Correre per le donne significa dimostrare a se stesse che la malattia è un episodio del passato». Il progetto (#NOTHINGHstopsPINK, scritto sulle maglie) è sotto la guida di un trainer della Rosa&Associati, Centro fondato da Gabriele Rosa, medico specializzato in cardiologia e medicina dello sport, che dedica attenzione anche a varie categorie di pazienti, tra cui le persone diabetiche, obese, depresse, tossicodipendenti.
MENO GRAVIDANZE
«Donne che praticano sport per almeno un'ora al giorno - dice Chiara Segrè, biologa dell'Ieo e supervisore scientifico della Fondazione Veronesi - hanno un rischio inferiore del 12% di sviluppare tumore al seno rispetto a chi ha una vita sedentaria. E' il risultato di un'analisi di 37 studi sulla relazione tra tumore e attività fisica che hanno coinvolto oltre 4 milioni di donne».
Ogni anno si contano 1 milione di casi di tumore al seno nel mondo e 47 mila in Italia: 4 diagnosi all'ora. Questo tipo di cancro un tempo era raro nel nostro Paese, oggi ha un'incidenza che cresce al ritmo dell'1,3% ogni anno perché è calato il numero delle gravidanze. «Le donne prima facevano anche 10 figli e li allattavano tutti. E così, se prima il seno non si ammalava perché restava sempre in attività, oggi è un organo fragile proprio perché in disarmo». È l'altra faccia dell'emergenza culle vuote, descritta dall'oncologo Umberto Veronesi.
«Se il tumore è molto piccolo si guarisce con percentuali superiori al 98%, se è molto grande si muore», ribadisce l'oncologo che rilancia il progetto “Mortalità zero” dell'Ieo di Milano. «Un tempo la diagnosi la facevamo con le mani, le mie ancora oggi trovano noduli che la mammografia non vede, mentre abbiamo mammografia, ecografia mammaria e risonanza magnetica».
S.B.
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