Prostata, sorvegliata speciale

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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 06:07
LA MALATTIA
Dagli urologi una rassicurazione agli uomini: non è obbligatorio ricorrere al bisturi anche se la prostata presenta un tumore. Ovviamente di un grado basso o molto basso. L'analisi dei risultati delle ricerche, il confronto dell'evoluzione della malattia nei pazienti arruolati negli studi, e la messa a punto di specifici esami in grado di tenere sotto controllo la neoplasia hanno permesso agli specialisti di dare una lettura diversa alla “strategia d'attacco” nei confronti della malattia. Se ne è discusso durante il congresso della Società italiana di urologia che si è svolto in questi giorni a Firenze. Uno slogan per sintetizzare gli incontri focalizzati sulla terapia da scegliere: più sorveglianza e meno bisturi se il tumore non è nelle classi considerate a rischio.
LE CINQUE CLASSI
«Questa scelta è stata confermata da una mole di letteratura scientifica e dalla nostra esperienza quotidiana - spiega Giuseppe Martorana, ordinario di urologia all'università di Bologna e presidente della Società italiana di urologia - Dopo le analisi può venire fuori un tumore ma è il tipo della neoplasia che fa decidere quale strada scegliere. Non sempre la sala operatoria. Le classi di rischio, divise secondo diversi parametri, sono cinque: molto basso, basso, intermedio, alto e molto alto. Se è molto basso o basso è il caso di non fare nulla e controllare l'ipotetica evoluzione nell'arco dell'anno successivo alla diagnosi. Tutto potrebbe fermarsi evitando, così, l'operazione».
Per il 2015 sono attesi circa 35.000 nuovi casi, con un calo rispetto agli anni precedenti. Per il miglioramento sia dei metodi predittivi che delle diagnosi precoci. In discesa anche il tasso di mortalità: un uomo su 16 con più di 50 anni è a rischio tumore. Ma anche se nell'ultimo decennio il numero di nuovi casi è più che raddoppiato, la mortalità è in costante diminuzione. «Oggi su dieci pazienti che operiamo - aggiunge Martorana - solo due o tre sono considerati in stato avanzato. Una quindicina di anni fa erano almeno setto o otto. A molti si doveva dire che non si poteva neppure intervenire. Ora la situazione è totalmente cambiata, è raro parlare di inoperabilità. La cultura della prevenzione ci permette di arrivare in tempo utile, di capire il tipo di danno, di sorvegliare e di scegliere la strada terapeutica personalizzata. Va, comunque, ricordato che anche quando si opera, l'evoluzione della malattia può essere diversa da paziente a paziente».
LE PAURE
Una delle difficoltà di questo nuovo approccio alla malattia è il timore del malato. La perplessità di chi, è comprensibile, crede di perdere tempo e di non essere “protetto”. «Anche se il tumore nell'arco dell'anno si dovesse rivelare diverso - assicura Martorana - possiamo essere certi che non siamo arrivati in ritardo. Nulla di compromesso. Nei casi di rischio molto basso o basso potremmo anche non parlare di tumore. Per questo si sta rivedendo la scelta chirurgica. In oltre il 50% degli uomini che hanno un tumore a questi primi stadi, dopo un anno, ancora non è necessario utilizzare il bisturi».
Dagli urologi, che nella maggior parte dei casi vedono uomini dai 50 anni in su, un appello ai genitori dei bambini e degli adolescenti: aiutate i ragazzi a conoscere i propri organi genitali non solo in chiave sessuale ma anche di benessere fisico. «Le ragazze vengono seguite dal ginecologo fin dalla tarda adolescenza mentre i ragazzi no - ricorda il presidente della Società di urologia - questo fa si che l'uomo si ritrovi a pensare alla salute improvvisamente. Spesso confuso e spaventato».
C.Ma.
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