Sacche infette in ospedale: tutti assolti dopo dieci anni «No ritardi per il batterio killer»

Sacche infette in ospedale: tutti assolti dopo dieci anni «No ritardi per il batterio killer»
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Mercoledì 17 Marzo 2021, 05:00
IL PROCESSO
Sacche infette, arriva dopo dieci anni la sentenza dell'inchiesta per la morte di tre pazienti del Santa Maria della misericordia uccisi da un batterio killer: tutte assolte le due microbiologhe e le due farmaciste che la procura, dopo l'indagine dei carabinieri del Nas, voleva colpevoli (a vario titolo) di omicidio colposo e omissione di atti d'ufficio, oltre che di mancanza di controlli.
Mentre i familiari delle vittime, due donne e un uomo deceduti nell'agosto 2011 nel giro di dieci giorni, sono stati via via risarciti dall'Azienda ospedaliera nei vari procedimenti civili, si è concluso così ieri il processo con rito abbreviato a carico delle farmaciste Luigina Pieri e Lucia Boccini (difese dall'avvocato Francesco Falcinelli) assolte per non aver commesso il fatto e della professoressa Antonella Mencacci (assistita dall'avvocato Marco Brusco) e della dottoressa Antonella Repetto (assistita dai legali Lino Ciaccio e Simone Marchetti) assolte dal gup Lidia Brutti perché il fatto non sussiste. Il pubblico ministero Paolo Abbritti e le parti civili (assistite, tra gli altri, dall'avvocato Giancarlo Viti) ne avevano chiesto invece la condanna.
LA PERIZIA
A pesare sulla decisione, dopo una lunghissima udienza preliminare, certamente la perizia effettuata dai quattro esperti del collegio peritale - Cingolani, Mirtella, Mazzoni e Nespola, medici legali, infettivologi e farmacisti - incaricati dal giudice Brutti che, ormai nel 2017, avevano spiegato come non ci sarebbero stati gravi ritardi nel dare l'allarme della presenza del batterio killer, scoperta dalle analisi ai pazienti con l'individuazione del batterio Pantoea agglomerans.
Poteva forse esserci qualche dubbio, secondo gli esperti, sull'eventuale responsabilità nel confezionamento delle sacche ospedaliere, visto che la stessa perizia aveva stabilito che il contagio delle sacche fosse avvenuto proprio durante quella fase. Ma il giudice Brutti non ha evidentemente ravvisato neanche questo profilo di responsabilità, come richiesto e ribadito con determinazione dalle difese, convinte da sempre dell'estraneità delle proprie assistite dai fatti contestati. Ribadito per anni, vista la lungaggine di un processo che, a causa di tantissimi rinvii, sembrava non vedere la fine. E che in quella calda estate creò scalpore e molta apprensione in ospedale dopo quei decessi in fila.
LE MODIFICHE
La vicenda, comunque, da allora, ha evidenziato come la suddivisione del reparto di Microbiologia in due unità non risultasse congrua, tanto che nel frattempo la struttura è stata riunificata. Ma di certo, dopo quelle morti per setticemia e i problemi per gli altri pazienti, l'Azienda ospedaliera ha anche deciso e disposto che le sacche per la nutrizione parenterale non si preparino più in ospedale: da tempo ormai si acquistano da ditte specializzate.
Dopo questa sentenza tanto attesa, chiaramente con il dispiacere per le morti di dieci anni fa e la vicinanza morale alle famiglie delle vittime, c'è stata soddisfazione da parte delle difese delle quattro professioniste per la decisione del gup.
«La perizia ha commentato l'avvocato Marco Brusco ha evidenziato l'assoluta correttezza di operato della mia assistita (direttrice del laboratorio di Microbiologia e tra gli esperti in prima linea nella guerra al coronavirus, ndr), la quale ha tempestivamente e correttamente individuato il batterio impedendo di fatto che l'epidemia degenerasse ulteriormente. È terminato, finalmente, un calvario durato 10 anni ma che, alla fine, è servito a raggiungere la verità».
Egle Priolo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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