IL CASO
Il giallo dell'estate ha per protagoniste migliaia di divise di medici

IL CASO Il giallo dell'estate ha per protagoniste migliaia di divise di medici
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Martedì 20 Luglio 2021, 05:01
IL CASO
Il giallo dell'estate ha per protagoniste migliaia di divise di medici e infermieri. E rischia di diventare un thriller (e forse un horror) per l'Azienda ospedaliera di Perugia. Che si è vista richiedere dalla ditta che per anni ha avuto l'appalto per la biancheria del Santa Maria della misericordia oltre centosessantamila euro per gli abiti da lavoro non restituiti. Una vicenda che nasce dalla recente perdita dell'appalto e che la ponteggiana Sogesi non ha chiaramente mandato giù. Anni di rapporti bruciati nel tempo di un bando, ma adesso con tutto il tempo di levarsi qualche sassolino dalla scarpa. Per essere precisi, 165.334,95. Non proprio sassolini, ma gli euro che adesso la società vuole indietro da piazzale Gambuli. Centosessantacinquemila e spicci a cui, poi, va aggiunta l'iva: insomma, una sassata per l'Azienda ospedaliera.
Così la direzione amministrativa, per non arrivare proprio al contenzioso, ha deciso di lavare i panni in famiglia, cercando disperatamente queste divise negli armadietti in reparto ma anche nei cassetti di casa dei dipendenti dell'ospedale. Con una lettera firmata dal direttore Cristina Clementi che, al momento, sembra non abbia ottenuto i risultati sperati ma solo acceso le polemiche e i veleni tra le corsie.
LA CIRCOLARE
In pratica, la direzione amministrativa lo scorso primo luglio ha inviato a tutti i responsabili di struttura una stringata circolare con oggetto Restituzione capi ditta Sogesi.
Spiegando come l'azienda abbia richiesto all'ospedale quella somma monstrum «a titolo di mancata restituzione di capi consegnati, nel corso degli anni, al nostro personale, dettagliatamente individuato e indicato».
«Si chiede pertanto alle SS.LL. di attivarsi prosegue Clementi nei confronti del personale afferente alla propria Struttura, affinché, lo stesso proceda alla consegna dei capi Sogesi non ancora restituiti. La consegna potrà essere effettuata presso l'attuale punto Guardaroba dell'Azienda entro e non oltre il 15 luglio 2021». Una data, appena passata, per un ultimatum che appunto non avrebbe portato a rinvenire tutte le divise scomparse all'appello. Numerose anche quelle, visto che a voler far finta che il costo per il noleggio e il lavaggio di ciascun indumento - a cui tra l'altro si riconosce una migliore traspirabilità e comodità - fosse di cento euro (e non è questo il prezzo di mercato), si parlerebbe di oltre 1.600 divise. Che magari negli anni sono andate perdute, si sono strappate, sono rimaste macchiate e quindi rese inutilizzabili, anche solo per il mero decoro. Impossibile, quindi, è la certezza che serpeggia tra via del Leone e via del Grifo, che possano tornare nei magazzini di Ponte San Giovanni.
LA BEFFA
Ma la beffa, per i dipendenti, è nelle ultime due righe della circolare. Buttate lì, ma le più pesanti. «Si fa presente che la mancata restituzione dei capi si legge potrà comportare l'addebito diretto al dipendente degli oneri connessi, non potendo l'Azienda sostenere il rilevante costo». Insomma, o si trovano le divise perdute o i soldi per pagare il debito ce li mettono medici e infermieri. Una richiesta che in ospedale è già stata bollata come «folle». Sia sottolineando la difficoltà del tracciamento, che la dimostrazione dell'appropriazione.
Senza contare la considerazione più dura: che la richiesta di rimborso in capo ai dipendenti porterebbe risultati nefasti per la dirigenza e il suo appeal in corsia.
I panni sporchi si laveranno anche in famiglia, ma per questo bucato voleranno gli stracci.
Egle Priolo
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