Telemedicina, Valeria e la sfida (vinta) in Olanda dall'ingegnere di Latina

Valeria Pannunzio
di Giovanni Del Giaccio
4 Minuti di Lettura
Martedì 12 Aprile 2022, 09:05

«Cervello in fuga? Direi di no, ho sempre lavorato all'estero, non posso dire di conoscere la differenza». Risponde dall'Olanda Valeria Pannunzio, ingegnere latinense di 28 anni, uscita dal master presso l'università di Delft - nei pressi de l'Aia - e rimasta nell'ateneo per proseguire con il dottorato i suoi progetti di ricerca. Prima, però, dopo la tesi in ingegneria del design industriale, è rimasta due anni in Philips. Per l'azienda aveva seguito un progetto sui sistemi di comunicazione per le ambulanze: "Effortless interactions for emergency care". «Dovevamo fornire un prodotto-servizio innovativo e testarlo con gli utenti - spiega Valeria - Ho avuto l'occasione di entrare in contatto con persone che lavorano sulle ambulanze e seguirle nella loro attività». Questo ha consentito di vivere dall'interno le emergenze. «Mi ha colpito in particolare il momento in cui dopo aver soccorso il paziente, i paramedici dovevano predisporre il report di quello che era successo: parametri, medicine e quant'altro. Farlo durante l'intervento era un problema, ho visto scrivere i dati sui guanti... Allora abbiamo immaginato e testato un auricolare esterno all'orecchio, in grado di riconoscere i comandi vocali e registrare i parametri vitali e gli eventuali farmaci usati. Una volta arrivati a destinazione il report era pronto e andava solo validato».
Grazie all'auricolare l'infermiere aveva le mani libere e contemporaneamente poteva riempire il report grazie al sistema di riconoscimento di determinate indicazioni, come pressione arteriosa per esempio.

Ma come è finita Valeria in Olanda e perché? «C'era un master specifico, io avevo studiato design del prodotto al Politecnico di Milano, poi anche per vicende personali e l'interesse nell'ambito medico e dell'innovazione ho trovato questo corso e l'ho seguito».
Manca a Latina dal 2011, dalla fine del liceo classico («con una parte dell'era Maulucci») ma torna puntualmente dai genitori e dalla sorella, soprattutto dal nipotino nato a dicembre scorso.

Sta svolgendo un dottorato sempre in collaborazione con Philips e si occupa di ricerca sui sistemi di monitoraggio a distanza, telemedicina, software che consentono di usare i dati e migliorare i sistemi in uso.

Sono già in produzione, per esempio, i sensori Healthdot: «Adesivo piccolo come una moneta - spiega - che si sistema sul torace e misura in modo continuativo frequenza respiratoria e cardiaca». È uno dei primi sensori medici wireless che si connette alla rete LoRa (internet delle cose) invece che al bluetooth, quindi funziona su tutto il territorio olandese anche senza avere un telefono vicino. In Italia non c'era un corso del genere? «Quello più simile è in ingegneria biomedica ma non è esattamente quello che faccio io, cioè capire quale innovazione è possibile e applicarla materialmente, più un aspetto di design che altro»


In Olanda si può fare e in Italia no? «Certe divisioni non hanno senso, la ricerca è in Europa, ci sono fondi dell'Unione che vengono spesi, collaborazione con altre università dentro e fuori il continente». Ma tornare in Italia? «Mi piacerebbe un'esperienza al Politecnico o collaborare con Humanitas che fra gli ospedali fa ricerche molto interessanti, ma per ora guardo a Barcellona e a quello che sta facendo con la medicina digitale. La pandemia ha portato cambiamenti che non sono banali, sulla digitalizzazione è stata fondamentale».
Che Latina trovi, quando torni, rispetto al 2011? «A livello politico non sono molto ferrata, però vedo persone della mia età che sono altrove e tornano dalle esperienze che stanno facendo in Italia e all'estero. Comunque noto che c'è un maggiore dibattito culturale, si fanno più cose rispetto al passato, la società civile mi sembra maggiormente coinvolta». Un pensiero a ristabilirti a Latina? «No, ho appena comprato casa qui...»
Giovanni Del Giaccio
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA